Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Scontri di civiltà nel quartiere: il mio incubo divenuto profezia

Scontri di civiltà nel quartiere: il mio incubo divenuto profezia

di Mario Porqueddu - 21/02/2009

Esce il romanzo che scandalizzò Parigi negli anni 80. L'autore spiega le origini del suo racconto grottesco. E incolpa politici e religiosi



È comparso ieri per la prima volta nelle librerie italiane un romanzo scritto all'inizio degli anni Ottanta. Si intitola Paesaggi dopo la battaglia, lo pubblica Cargo (traduzione di Francesco Francis). La prima edizione risale al 1982: «Ma è un libro attuale, più di tanti che si possono trovare in circolazione oggi» sorride l'autore, Juan Goytisolo, seduto al tavolino di un caffè che si affaccia sulla Djemmaa el Fna, la grande piazza di Marrakech. È attuale al punto che il protagonista, trasformato in uomo-bomba da un gruppo terrorista e morto a pagina 178 del romanzo di 27 anni fa, è riemerso dal passato tornando fino a noi nell'ultima opera dello scrittore catalano, El exiliado de aquí y allá, uscita in Spagna nel 2008 (anche questa in Italia sarà pubblicata da Cargo).
Goytisolo è nato a Barcellona nel 1931 e da tempo vive in Marocco. Ma nel '56, subito dopo la fuga dalla Spagna di Franco, finì a Parigi e si stabilì nel Sentier: «Abitare in quel quartiere e la lettura di Cervantes sono state due cose decisive per la mia vita», spiega lo scrittore. E proprio il Sentier è uno dei protagonisti del suo libro. Appare come una «medina terzomondista», una babele di lingue e Paesi animata da commercianti ebrei, portinai lusitani, facchini del Bosforo, operai maghrebini, e da una «massa gregaria» di «iloti» scappati dal Pakistan o dal Bangladesh e pronti a mettere in vendita «a basso prezzo la forza delle loro braccia». Insomma, il quadro è radicalmente diverso dalle atmosfere della città-museo cantate dai molti autori che in quegli anni trovarono sulla rive gauche ispirazione o riparo. Tanto che per Parigi la pubblicazione di Paesaggi dopo la battaglia fu un piccolo shock.
«Il libro venne accolto dal silenzio della critica francese — ricorda Goytisolo — perché raccontava una città agli antipodi rispetto a quella che i parigini percepivano e riconoscevano. La direttrice di un importante supplemento letterario disse: "Ma perché si permette di parlare di Parigi in questo modo?"». E cioè raccontando il Sentier, e per di più attraverso le disordinate esperienze di un personaggio disdicevole, dedito alla collezione e stesura di annunci erotici, rapito da fantasie sessuali che alternano sodomizzazioni a mezzo di carote e pomeriggi trascorsi inseguendo le bambine fotografate da Lewis Carroll. Strano tipo di «dimissionario dal mondo », che coltiva la passione per i gruppi armati, si prende gioco di politica e ideologie, recita da guastatore dell'ortodossia sociale e culturale. Un «mostro» che spesso si confonde con l'autore e che, dalla prima all'ultima pagina, confonde il lettore. «Il protagonista vive tutte le contraddizioni senza risolverne alcuna — racconta Goytisolo —. E il lettore può farsi mille domande ma non troverà nessuna risposta. Quelle spettano ai leader della politica e delle religioni».
Anni fa, parlando di questo libro, l'autore disse che mantiene una relazione chiara con Bouvard et Pécuchet, l'opera satirica di Gustave Flaubert pubblicata incompiuta nel 1881 (un anno dopo la sua morte): lì il francese denunciava la stupidità umana, qui Goytisolo usa la parodia per raccontare la «spaventosa comicità del genere umano» e disegnare «una mappa universale dell'idiozia ». Nel 1982, mentre presentava Paesaggi dopo la battaglia nelle università spagnole, Goytisolo lo definì una sorta di «pseudo-autobiografia grottesca». Di certo, i rimandi alla vita dello scrittore non mancano: intanto, Goytisolo condivide con il suo personaggio l'esilio (condizione dolorosa, ma anche strumento per liberare la sensibilità e la lingua da abiti di pensiero nazionali e ristretti, luoghi comuni, frasi fatte), poi lontano da Barcellona l'autore scoprì la sua omosessualità, e infine si serve di un episodio reale del suo periodo francese, la misteriosa comparsa di scritte in caratteri stranieri sui muri del Sentier. «Dopo il golpe militare ad Ankara — è l'aneddoto — il quartiere si riempì di turchi; uscendo di casa vedevo cartelli nella loro lingua che non riuscivo a capire. Cominciai a sentirmi uno straniero e chiesi a un poeta comunista esiliato dove potevo imparare il turco. Mi indicò un'associazione politica di emigrati. Era gente simpatica. Ogni sera mi preparava la lezione».
In Paesaggi dopo la battaglia l'arabo prende il posto del turco, ma la storia comincia proprio così: scritte redatte in un alfabeto strano, ghirigori senza senso colorano i muri, unico tratto distintivo è l'illeggibilità. «La mia attitudine — raccontò anni fa Goytisolo a Santiago Gamboa — è da sempre criticare la propria tradizione e rispettare quella aliena, in ciò che ha di rispettabile ». Insomma, tentare di muoversi lungo quel cammino — per nulla stretto, semmai così ampio da fare paura — che consente di opporsi all'infibulazione senza rinunciare a «imparare qualcosa dall'arrivo di ogni cultura altra». Nel suo libro, invece, la mescolanza finisce per provocare la battaglia: l'ecatombe. Lui la racconta in una sequenza di capitoli brevissimi, senza una vera e propria trama, scegliendo una struttura narrativa frammentaria. A segnare profondamente l'opera è piuttosto lo stile. Goytisolo dice che gli è stato imposto dai temi trattati. Razzismo, terrorismo, sessualità, identità in crisi. «Quelle che parlano nel romanzo — spiega — sono le voci». E cita una frase di Kraus: «Il mio stile si impossessi di tutti i rumori del tempo». Così, nel testo trovano spazio annunci pubblicitari su laser per l'autodifesa e bunker atomici monofamiliari, comizi sul comunismo in Albania (segue dibattito), avvertimenti ai lettori abbronzati dei rischi che corre chi ostenti una carnagione più scura del «lecito», e persino un'analisi
ante litteram — anche questa piuttosto grottesca — delle conseguenze dell'effetto serra.
Immagini e incubi che a quasi trent'anni di distanza sembrano essersi trasformati in profezie. «Quello che il mostro del Sentier nel libro, si è convertito in realtà — dice lo scrittore —. Le predizioni fatte allora hanno trovato amara conferma». Ecco spiegato come mai nel 2008 il personaggio di 27 anni fa può, o forse deve ricomparire. Vittima del terrorismo, vuole capire perché lo hanno ucciso. «E la sola maniera che ha per farlo — dice Goytisolo — è mettersi nei panni di chi ammazza in nome di principi politici o religiosi». Ma questo è un altro romanzo.
Il libro «Paesaggi dopo la battaglia» di Juan Goytisolo (Cargo, pp. 183, e 15). Sotto, un disegno dalla prima edizione e l'autore esule a Parigi (foto Jerry Bauer / G. Neri)