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Una democrazia non può temere le idee degli altri

di Massimo Fini - 21/02/2009

 

Mentre Obama pare voler attuare una politica più conciliante con l’Iraq, è invece deciso a premere sull’acceleratore in Afghanistan dove sta per inviare 17mila soldati, in aggiunta ai 30mila che già occupano quel Paese. E il nostro ministro della Difesa La Russa si è detto disponibile a rimpinguare il contingente italiano in aiuto degli americani e della Nato.
Se si accettua quella alla Serbia del 1999, che non aveva alcuna giustificazione nè politica nè ideale e che fu causa, con i bombardamenti a tappeto su una grande capitale europea come Belgrado, della morte di 5500 civili (come ha ammesso di recente un ministro israeliano allo scopo di mimimizzare il massacro di Gaza), fra tutte le guerre volute dall’occidente negli ultimi vent’anni la guerra all’Afghanistan è la più incomprensibile.
Fu iniziata per prendere un uomo che poi non è stato preso, Bin Laden, e che è sparito da cinque anni. Dire quindi che facciamo la guerra all’Afghanistan perché è un pericoloso focolaio di terroristi non è una forzatura, è una menzogna.
Gli afgani non sono mai stati terroristi, è fuori dalla loro cultura, sono dei guerrieri. Non c’era un solo afgano nei commandos che abbatterono le Torri gemelle. Non un solo afgano è stato trovato nelle cellule, vere o presunte, di Al Quaeda. C’erano arabi sauditi, yemeniti, giordani, egiziani, tunisini, marocchini ma non afgani. nei dieci anni di durissimo conflitto con la Superpotenza sovietica non c’è stato, da parte afgana, un solo atto terroristico, tantomeno kamikaze. E anche oggi che si trovano di fronte a un nemico che, a differenza dei sovietici, non ha nemmeno la decenza di stare sul campo ma combatte con aerei senza pilota, gli atti terroristici dei Talebani, all’interno di una guerra di guerriglia, sono molto pochi, se paragonati a quanto successo in Iraq, e comunque sempre mirati a obbiettivi militari o politici (anche se hanno, pure essi, degli "effetti collaterali", comunque infinitamente inferiori a quelli provocati dagli americani con i loro bombardamenti a vanvera).
In Afghanistan c’era Bin Laden. Ma oggi non c’è più. E in ogni caso i Talebani se lo sono trovati in casa ed era un problema anche per loro. Tanto che quando Clinton nel 1998 chiese ai Talebani di uccidere Osama, il Mullah Omar inviò a Washington il suo "numero due", il ministro degli Esteri Watkij, dotato di un ottimo inglese, che si dichiarò disponibile purché la paternità dell’assassinio se la assumessero gli americani. Ma, all’ultimo momento, Clinton si tirò indietro.
Nè si può gabellare una guerriglia che dura da otto anni, con l’evidente appoggio di una parte notevole della popolazione, come terrorismo. Negli stessi documenti interni del Pentagono e della Cia i combattenti afgani, talebani e non, sono chiamati "insurgents", insorti. Si tratta di una guerra di liberazione contro l’occupazione dello straniero che non si vede da che punto di vista si possa considerare illegittima.
C’è da aggiungere infine che se anche i Talebani riprendessero il potere nel loro Paese l’Afghanistan non costituirebbe un pericolo per nessuno. Non è dotato, a differenza del Pakistan, di armi atomiche, non ha mai posseduto, a differenza dell’Iraq, armi di distruzione di massa, è armato in modo antidiluviano e nella sua storia non ha mai aggredito nessun Paese, nè vicino nè lontano.
E allora l’unico senso dell’occupazione dell’Afghanistan è che non ci piacciono i Talebani, le loro idee, i loro valori, la loro dura legge (la shariah) che vogliamo sostituire, a forza, con i nostri valori, le nostre leggi, le nostre istituzioni, la nostra democrazia. Peccato che gli afgani sembrino preferire i loro valori ai nostri. Tutto il mondo "sviluppato" non ha paura dei Talebani ma delle loro idee (che sono una derivazione radicale del pensiero khomeinista). Ma è ben debole una democrazia che ha paura delle idee altrui, vuol dire che non è più tanto convinta delle proprie. E in ogni caso se la democrazia vuole imporsi in tutto l’universo mondo con la forza è in contraddizione con se stessa, non è più una democrazia, è un assolutismo, è un totalitarismo non migliore di altri assolutismi e altri totalitarismi.