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Come nascono e cambiano le leggi italiane

di Sergio Romano - 04/03/2009




Nel nostro Paese la memoria è proprio corta. Si è accusato il governo di avere inferto
un vulnus mortale alla separazione dei poteri perché nel caso Englaro voleva emanare
un decreto che di fatto impediva a una sentenza di essere eseguita, ma consentiva di
salvare comunque una vita. Ci si dimentica che nel 1996 un ministro della Giustizia di
un governo non certo di destra, nel giro di una notte, emanò un provvedimento per
disapplicare la sentenza di un Tribunale, assediato da una folla inferocita che, pur
condannandolo a trent'anni, mandava libero Priebke. Nessuno di coloro che oggi si
straccia le vesti ebbe allora da ridire e da gridare all'attentato alla
Costituzione. Non è così?
Francesco Niccolai   

Prescindendo dal presidente della Repubblica e dal presidente del Consiglio, gli
oppositori del decreto pro-Eluana hanno sostenuto che era inammissibile perché
violava la divisione dei poteri. Cioè, di fatto, avrebbe annullato, «rectius»
vanificato, una sentenza della magistratura. Sennonché la divisione dei poteri in
Italia è più che labile. Per anni sono stati adottati dai governi, firmati dai capi
dello Stato, approvati dal Parlamento, avallati dalla Corte costituzionale,
decine di decreti, per esempio in materia di affitti, che cancellavano migliaia di
sentenze definitive e sfratti esecutivi, abolendo e/o sospendendo i diritti di
proprietà e la libertà di contratto. Valutandola con criteri liberali nella sua
effettività, la nostra non è una Carta costituzionale ma una Costituzione di carta.
L'Italia pullula di costituzionalisti somiglianti agli idraulici, i quali la sanno
lunga di tubi e rubinetti, però non hanno a cuore la qualità dell'acqua che ne sgorga.
Pietro Di Muccio de Quattro 

Cari lettori,
le leggi di uno Stato non sono iscritte sulle tavole di Mosé, non sono fuse nel bronzo e
scolpite nel marmo. Nella maggior parte dei casi rispondono a particolari esigenze e
cercano di risolvere un problema nel momento in cui assume una particolare
importanza. Se il problema cambia o la sua importanza è diversamente percepita dalla
società, la legge viene adattata alle circostanze. Negli ultimi anni le norme
approvate dal Parlamento sullo spaccio della droga in Italia sono state più volte
aggiustate agli umori della pubblica opinione e alla ideologia dei governi. In
alcune fasi il legislatore ha ritenuto che occorresse essere implacabili con gli
spacciatori e clementi con gli utenti. In altre circostanze ha ritenuto che
occorresse colpire entrambi, anche se con punizioni diverse. Nei scorsi giorni è
stato deciso che occorre tenere gli stupratori in carcere sino al giorno del
giudizio. È cambiata l'obiettiva gravità del reato? Credo piuttosto che siano
cresciuti il sentimento della sua pericolosità e l'indignazione con cui è percepito
da una parte della pubblica opinione. È possibile che il numero degli stupri delle
scorse settimane sia, sui tempi lunghi, un fenomeno comparabile alla frequenza con
cui il rosso esce alla roulette nell'arco di una giornata. Ma i governi e i Parlamenti,
nelle democrazie, scrivono le leggi tenendo d'occhio le reazioni dei loro elettori.
Molte leggi adottate in materia di incendi boschivi, frodi alimentari, organismi
geneticamente modificati, protezione della sfera privata dell'individuo e
appalti pubblici sono dovute alla confluenza di due fattori: l'esistenza di un nuovo
problema, creato o aggravato dalla scienza o dalla tecnologia (è il caso degli Ogm e
delle intercettazioni telefoniche) e le ondate emotive della pubblica opinione. È
questa la ragione per cui certe espressioni come «universalità delle leggi» o
«sacralità delle leggi» mi sono sempre parse enfatiche e retoriche. Le leggi sono
strumenti sociali, utili quando rispondono bene a una esigenza generale, meno utili
quando vengono adottate per compiacere una parte dell'elettorato o interessi
particolari. Esistono per questa ragione, soprattutto in Italia, le leggi che si
approvano, ma non si applicano. Vengono adottate perché i legislatori vogliono
dimostrarsi sensibili a un particolare problema, ma rimangono nei cassetti perché
sono scritte male e produrrebbero più danni che vantaggi. Nella categoria delle
leggi «mirate» rientra naturalmente anche il decreto proposto dal governo per il
caso Eluana, scritto per evitare un evento piuttosto che per regolare una materia
complessa. Ma mi piacerebbe che qualche giovane studioso del diritto e della
politica facesse una ricerca per dirci quante leggi degli ultimi decenni non
portino, nascosta fra le righe, la fotografia della persona o del gruppo per cui sono
state scritte.