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Ultime notizie dal mondo

di redazionale - 10/03/2009

 

a) Afghanistan. La debacle USA in Iraq è niente rispetto a quella che si sta sempre più profilando in Afghanistan. Oltre alla non chiarezza degli obiettivi, la politica di Obama in Afghanistan sta evidenziando una continuità anche operativa della fallimentare strategia militarista di Bush II, novità 'tattico/diplomatiche' a parte. E mentre il Pakistan rischia di scivolare, per Washington, sempre più fuori controllo [da leggere senz'altro le notizie al 16 e al 18, ma altro emerge qua e là], sorride in particolare Mosca, interessata ad aiutare gli Stati Uniti a restare impantanati in Afghanistan. Per una disamina della situazione allo stato dell'arte, c'è una carrellata di notizie al 16 e, sulla continuità Bush-Obama, al 20. Sulla progressiva esposizione militarista italiana del governo Berlusconi, in continuità con i governi di centrosinistra, al seguito dell'alleato/padrone USA [della serie: quando si trovano i soldi, crisi o non crisi...] da vedere al 17, al 18, al 19 e al 23. Due ulteriori chicchette. La prima, sui diritti umani e sull'operazione immagine di Obama su Guantanamo: val la pena dare un'occhiata ad es. a Baghram (22). La seconda, sulla trasformazione dell'Afghanistan in narco-Stato con sponsorizzazione NATO/USA. Quella che riportiamo (24) non è la prima denuncia e fa riflettere sugli accordi che Washington ha stretto con i "signori della guerra" afgani in funzione anti-resistenza. Su altro di correlato all'Afghanistan, segnaliamo sia al 23 sia al 20 (per quest'ultima Kirghizistan). Di passata è d'uopo dare un'occhiata, al 25, al "nuovo corso" di Obama (USA), per comprendere le ragioni delle sponsorizzazioni e del sostegno ricevuto dalle oligarchie che contano. Un'occhiata anche alle dichiarazioni di Soros sulla crisi finanziaria (USA 23)

 

b) La Russia consolida le sue posizioni nell'area caucasica (cfr. per l'Abkhazia al 15), stringe i rapporti e trova consonanze di vedute con la Turchia (15), contenziosi che restano a parte, prosegue nella politica di apertura all'Iran (16) e continua a tessere rapporti, sulla base di interessi specifici e non strategicamente convergenti, con la Cina (17).

 

c) Pechino non rimane a guardare. Per capire il rapporto tra Cina e Stati Uniti, può aiutare la lettura della notiziola del 15. Molto significative, comunque, due chicchette (al 17 e al 26) sulla crescente presenza militare marittima cinese ben al di là delle sue acque territoriali. Si può collegare il tutto con i riflettori puntati sul Sudan in questi giorni, con la chiara regìa di interessi a stelle e strisce. Da vedere anche, al 16, qualcosa sulle ambizioni nucleari cinesi. Altro sulla Cina è comunque intrecciato nelle notiziole sull'Afghanistan e non solo.

 

 

Sparse ma significative:

  • Euskal Herria / Spagna. Democrazia di facciata e neo-franchismo contro la sinistra abertzale (patriottica). Illegalizzata una parte non irrilevante della società basca (27).

 

  • Kosovo (17). A Pristina si festeggia la proclamazione della cosiddetta “indipendenza kosovara”, cioè la dichiarazione di protettorato della NATO e dell’Unione Europea.

  • Repubblica Ceca (19). Il presidente ceco, in visita a Bruxelles, mette in discussione il Trattato di Lisbona.

  • Israele / Palestina. Nuove conferme sui crimini di guerra israeliani durante la mattanza di Gaza. Parla un generale italiano (15) ed è da leggere  quanto denunciano due chirurghi inglesi sulla rivista medica The Lancet (21). Da vedere anche Turchia / Israele (15) e Israele / Iran (17), per azioni di sabotaggio israeliane all'interno del paese.

  • Libano (17). Nasrallah: Hezbollah ha «tutto il diritto di ottenere qualsiasi tipo di armamento, per difendere il nostro Paese e il nostro popolo».

  • Corea del Nord (28). Pyongyang avverte: Washington la smetta con le «provocazioni» o affronterà una «reazione risoluta».

  • Ecuador (16). Correa caccia diplomatico USA: «L’Ecuador non è una colonia!».

  • Argentina (18). Avvelenati dalla soja transgenica.

 

 

 

  • Russia. 15 febbraio. Mosca aprirà una base navale in Abkhazia. Lo hanno annunciato lo scorso mese il leader dell’Abkhazia (regione indipendentista dalla Georgia) ed una fonte militare russa. «Effettivamente, c’è un accordo in linea di principio sulla creazione di una base per le navi della flotta del Mar Nero nella città di Ochamchire», avrebbe detto il presidente abkhazo, Sergei Bagapsh, secondo l'agenzia Interfax. «Le parti hanno deciso su determinati argomenti tecnici, non ci ancora sono documenti ufficialmente firmati», ha aggiunto. Le osservazioni di Bagapsh sono giunte alcune ore dopo che una fonte della marina russa aveva confidato alla Itar-Tass che Mosca aveva deciso d’installare una base navale nel porto abkhazo di Ochamchire, sul Mar Nero. «La decisione di creare a Ochamchire la base della flotta russa del Mar Nero è stata presa (…). Occorrerà più di un anno per effettuare tutto il lavoro necessario», avrebbe detto la fonte. Lo scopo della base di Ochamchire sarebbe di rispondere «alla minaccia di diversioni ed attacchi terroristici dei servizi speciali georgiani», ha aggiunto. La Russia ha riconosciuto l'Abkhasia e l’Ossezia del sud come Stati indipendenti dopo una breve guerra con la Georgia in agosto, riconoscimento adottato poi anche dal Nicaragua. Da allora la Russia ha dislocato migliaia di soldati nelle due regioni, suscitando l’ira di Tbilisi. La flotta della Russia del Mar Nero è attualmente di stanza nel porto ucraino di Sevastopol in virtù di un accordo che scadrà nel 2017 e che le autorità ucraine hanno ripetutamente dichiarato di non voler rinnovare.

 

  • Russia. 15 febbraio. Nonostante il crollo del prezzo del greggio, Mosca porterà avanti un nuovo costoso programma per l’equipaggiamento delle proprie forze armate. Preannunciato l'arrivo di armi tecnologicamente avanzate entro il 2020. Nonostante il blitz vittorioso sulla Georgia nell’agosto scorso, le perdite russe, particolarmente di velivoli, sono state considerevolmente più pesanti di quanto previsto e gli analisti militari russi hanno riconosciuto pubblicamente che il sistema delle comunicazioni non ha funzionato bene. Secondo RIA Novosti, il «conflitto ha indicato chiaramente che l'apparecchiatura militare della Russia era diventata obsoleta e le forze armate hanno bisogno urgentemente di armi moderne». Ecco così, come riferiva il giornale Nezavisimaya Gazeta di Mosca lo scorso mese, che il ministero della difesa russo ha già avviato il lavoro su un programma di dieci anni per l’acquisizione di armi e di equipaggiamenti per tutte le forze armate russe, da iniziare nel 2011 e completare per la fine del 2020. Già in precedenza, però, un simile ed ambizioso piano, da ultimare nel 2015, era di fatto fallito. Questo,  secondo alcuni analisti, anche a causa della scarsità di lavoratori qualificati nella ridotta popolazione russa e di una base industriale più limitata. L’industria degli armamenti russa non si è ancora ripresa dalla perdita (con l’implosione dell’URSS) dei bacini carboniferi e delle acciaierie del bacino del Don, regione dell’Ucraina orientale. Secondo Ruslan Pukhov, direttore del centro per l'analisi delle strategie e delle tecnologie, intervistato da Nezavisimaya Gazeta, la Russia dovrà inoltre ridurre drasticamente il suo bilancio della difesa del 30-40% a causa della crisi economica globale e della riduzione del prezzo del petrolio. Mosca avrebbe bisogno di un prezzo di almeno $90 al barile, se non addirittura più alto, per «dare certezza ai futuri programmi di acquisizione di armi senza al contempo operare drastici tagli alla spesa sociale». Ma Putin intende andare avanti. Né la minaccia della crisi finanziaria russa, né la crescente agitazione popolare a causa dei tagli alla spesa sociale, sembrano fermare l’ambizioso programma di riarmo volto a mantenere la Russia tra le principali potenze militari del mondo del ventunesimo secolo.

 

  • Russia / Turchia. 15 febbraio. Un documento strategico: così le autorità russe definiscono la dichiarazione congiunta di ieri siglata a Mosca dai presidenti di Russia e Turchia che auspica un rafforzamento della cooperazione tra i due paesi. Oggi si è conclusa la visita ufficiale di tre giorni nella Federazione russa del presidente della Repubblica turca Abdullah Gül. Le relazioni fra i due paesi, piuttosto tese ai tempi della Guerra Fredda, quando la Turchia rappresentava una sorta di confine della NATO contro l’Unione Sovietica, hanno vissuto un continuo e costante miglioramento dall'indomani del crollo del “socialismo reale”. Già nel 1992, infatti, i due paesi siglarono un Trattato preliminare per le relazioni bilaterali, seguito nel 2001 da un Piano d'azione per lo sviluppo della cooperazione, nel 2002 da un Accordo per la cooperazione militare e nel 2004 dalla Dichiarazione politica comune per il consolidamento dell'amicizia e della partnership multi-dimensionale.

 

  • Russia / Turchia. 15 febbraio. All'ottimo livello raggiunto dalle relazioni economiche e commerciali fra i due paesi corrisponde una crescente vicinanza fra le rispettive posizioni in politica internazionale; entrambi i paesi, infatti, si sono opposti alla guerra in Iraq, alle sanzioni all’Iran e, all'indomani dell'attacco georgiano all'Ossezia meridionale nell'agosto 2008, si sono trovati d'accordo nel lavorare per un'iniziativa di stabilizzazione regionale nel Caucaso. La Turchia e la Russia hanno un passato di rivalità per il controllo della zona del Caucaso, ma sono attualmente interessate a stabilizzare la complessa e fragile situazione politica della regione fra il Mar Nero e il Caspio, «tenendo conto che la stabilità e la sicurezza in Eurasia sono direttamente legate alla stabilità nel Caucaso del sud», recita il testo della dichiarazione congiunta con la quale si è concluso l'incontro fra i presidenti russo e turco.

 

  • Russia / Turchia. 15 febbraio. Nel recente incontro bilaterale di Mosca le due parti si sono inoltre impegnate a proseguire la cooperazione bilaterale in campo economico-commerciale, energetico e in quello della sicurezza regionale e della difesa. La cooperazione fra i due paesi si estenderà anche a settori di punta come quello del nucleare civile, con la Turchia particolarmente interessata all'esperienza e alle tecnologie nucleari civili russe. Le due parti hanno inoltre ribadito la necessità di proseguire gli sforzi per la costituzione della Piattaforma di stabilità e di cooperazione nel Caucaso, proposta dalla Turchia all'indomani della guerra russo-georgiana, e di iniziare un processo di collaborazione fra i ministri della Difesa degli Stati rivieraschi del Mar Nero. In questo quadro di generale fiducia e collaborazione non è stata comunque appianata una delle maggiori divergenze ancora esistenti fra i due paesi: il perdurante disaccordo fra russi e turchi intorno ai due progetti di gasdotti euro-mediterranei, il Nabucco e il South Stream. Il Nabucco, che attraverserebbe la penisola anatolica per raggiungere l'Europa attraverso i Balcani, gode del comprensibile appoggio politico di Ankara, che incasserebbe le ricche royalties di trasporto che le verrebbero invece negate dal progetto rivale South Stream, sostenuto dalla Russia e che bypasserebbe la Turchia, che vede l’ENI come principale partecipante.

 

  • Turchia / Israele. 15 febbraio. Da Ankara un fascicolo contro Israele. La Procura Generale di Ankara ha aperto un fascicolo sul presidente israeliano Shimon Peres, sul premier Ehud Olmert, sul ministro degli Esteri Tzipi Livni e sul capo delle forze armate di Gerusalemme, per «genocidio, torture e crimini contro l'umanità» commessi nella recente operazione militare sulla Striscia di Gaza. Lo ha riferito una settimana fa l’ufficio del capo procuratore di Ankara sottolineando che il procedimento ha preso il via dopo la denuncia di una organizzazione non governativa vicina agli ambienti religiosi del paese che ha chiesto l’arresto dei leader israeliani qualora entrassero in Turchia. La notizia era stata anticipata dal quotidiano turco Hurriyet sottolineando che è la prima volta, nella storia dello Stato turco, che la magistratura decide di aprire un'inchiesta per crimini come genocidio e crimini contro l'umanità commessi in un altro paese.

 

  • Turchia / Israele. 15 febbraio. Hamas è un partito politico e non un "braccio dell'Iran": lo ha affermato il premier turco Recep Tayyp Erdogan in una intervista concessa due settimane fa al settimanale USA Newsweek. Se la comunità internazionale gli avesse dato «la possibilità di diventare un attore politico, (Hamas) non si troverebbe nell'attuale situazione, dopo aver vinto le elezioni» nel 2006. Il premier turco constata che «la volontà politica del popolo palestinese» è stata ignorata dal mondo, e la comunità internazionale non ha rispettato la «legittimità di Hamas». «La Palestina oggi è un lager a cielo aperto», ha aggiunto. Il premier turco ha criticato duramente l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza, condotta dal 27 dicembre al 18 gennaio, in cui hanno perso la vita 1.300 palestinesi, tra cui molti civili. Alcuni giorni fa, il presidente turco Abdullah Gul, in visita ufficiale in Arabia Saudita, aveva dichiarato che l’Iran è un paese importante e influente nella regione mediorientale e che il suo paese ha intenzione di esaminare, insieme alle autorità di Teheran, soluzioni che possano rafforzare la pace e la stabilità nella regione.

 

  • Israele / Palestina. 15 febbraio. Israele, probabilmente, non ha solo fatto uso massiccio di fosforo bianco su Gaza, tramite bombe ad uso aereo e proiettili per artiglieria pesante, ma avrebbe sperimentato nuovi tipi micidiali di arma. Secondo il Generale di Brigata italiano Fernando Termentini, ex comandante del Genio dell'Esercito Italiano, che ha maturato un'esperienza ventennale nel settore della bonifica degli Ordigni Esplosivi e delle mine in varie aree del mondo le immagini fotografiche e televisive arrivate da Gaza non smentiscono affatto l'uso del fosforo bianco, ma non tutte le ferite mostrate sono compatibili con questa sostanza incendiaria. Sulla rivista Pagine di Difesa dimostra la compatibilità delle orrende mutilazioni e mummificazioni di Gaza con l'uso di armi a microonde o al plasma. Se qualcuno viene colpito da fosforo incendiato, non è possibile spegnerlo con acqua e le parti colpite presentano tracce profonde di fusione. Molte «mutilazioni e ustioni da fosforo bianco» non sarebbero compatibili con questo tipo di munizioni. Per diversi medici, come il norvegese Mads Gilbert, molti feriti e molti cadaveri presenterebbero lesioni (vaste bruciature, tessuti scarnificati e mummificazione dei tessuti molli), la cui origine non è riconducibile a quelle provocate dalle armi normalmente utilizzate né al fosforo bianco.

  • Israele / Palestina. 15 febbraio. Secondo Termentini, armi di questo tipo sarebbero già state sperimentate «in Iraq, in Libano e forse anche in occasione della prima guerra del Golfo, contro le truppe irachene in fuga da Kuwait City». Cadaveri in queste condizioni furono trovati anche a Falluja dopo i combattimenti casa per casa o dopo la battaglia dell'aeroporto di Baghdad. Si tratta di sistemi d'arma (il prototipo più famoso è il Taser), studiati e realizzati, per conto dell’amministrazione americana, a scopo di ordine pubblico, e poi modificate per essere anche in grado di uccidere, che non sparano proiettili, ma fasci di energia più o meno potente. La materia organica colpita da queste armi perde istantaneamente tutta la componente liquida, pertanto si accartoccia su se stessa perdendo volume e trasformandosi in un oggetto mummificato. Per questo motivo, le immagini provenienti da Gaza, che presentano cadaveri rimpiccioliti fino ad essere lunghi un metro, senza segni di proiettile, con i tessuti molli mummificati, le parti ossee scollate e gli indumenti praticamente indenni, ricordano molto di più un'arma a microonde, piuttosto che una munizione incendiaria al fosforo. Lascia perplessi, secondo il generale, solo il fatto che i corpi siano disidratati senza la combustione degli indumenti o dell’ambiente circostante. Questo tipo di armi a microonde o al plasma sono prodotte dalla Raytheon, società statunitense che, secondo dati del 2007, detiene il 90% delle entrate da contratti nel settore della difesa USA ed è il quarto appaltatore mondiale in questo settore per entità dei guadagni. Le armi a microonde costruite dalla Raytheon, e diffusissime in USA come in Francia, da arma anti-sommossa possono essere trasformate in armi letali aumentando la potenza della radiazione emessa. Al momento, non esiste alcuna convenzione internazionale che regoli o limiti l'uso delle armi ad energia, che ufficialmente risultano essere ancora allo stato di prototipi di ricerca. Forse Gaza è stato il quarto esperimento di questi prototipi.

 

  • Iran. 15 febbraio. Teheran ha lanciato in orbita il mese scorso il suo primo satellite. Il lancio, salutato con toni trionfanti dal presidente Mahmoud Ahmadinejad alla televisione di Stato, ha coinciso con il trentesimo anniversario della rivoluzione islamica. «Con questo lancio la Repubblica islamica dell’Iran ha realizzato ufficialmente la sua presenza nello spazio», ha detto. Il satellite Omid (Speranza) è stato messo in orbita da un vettore spaziale nazionale, il Safir-2. Il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, ha espresso disappunto per la mossa iraniana. Ahmadinejad ha detto che il satellite ha portato un messaggio di «pace e fratellanza» al mondo ed ha respinto le accuse su obiettivi militari del programma spaziale iraniano. Secondo il presidente iraniano, che ha fatto dello sviluppo scientifico uno dei temi principali della sua presidenza, Teheran ha ottenuto notevoli progressi tecnologici malgrado le sanzioni internazionali, e non avrebbe più bisogno di essere aiutato da altri Stati

 

  • Iraq. 15 febbraio. Si terrà a giorni, il 19, il processo contro Muntazer al Zaidi, il giornalista che ha lanciato le proprie scarpe contro l'ex presidente USA, George W. Bush, e che è in carcere a Baghdad dal 14 dicembre. Il suo gesto avvenne nel corso di una conferenza stampa congiunta di Bush e del primo ministro iracheno Nuri al-Maliki. Aveva accusato simbolicamente Bush di essere «responsabile per la morte di migliaia di iracheni». Capo di imputazione: aggressione ad un capo di Stato straniero. Non è stata accolta la richiesta dei suoi legali che chiedeva la derubricazione a «insulto a capo di Stato». La pena prevista, quindi, è la reclusione da un minimo di 5 ad un massimo di 15 anni.

 

  • Cina / USA. 15 febbraio. «Vi odiamo ma non possiamo fare a meno di voi». Sono le parole, riportate dal giornalista di la Repubblica Federico Rampini, di Luo Ping, direttore generale della commissione di vigilanza bancaria cinese (uno dei massimi dirigenti cinesi di politica monetaria), in occasione di un suo incontro con un gruppo di banchieri statunitensi a Wall Street. Esprimendosi in un inglese colloquiale e molto diretto, Luo Ping ha stupito i suoi interlocutori dicendo ad alta voce quello che molti pensano: «Vi odiamo, ragazzi. Vi preparate a inondare i mercati finanziari con nuove emissioni di titoli del debito pubblico, tra i 1.000 e i 2.000 miliardi di dollari aggiuntivi. E noi sappiamo ciò che significa: il dollaro è destinato a perdere valore. Ma vi odiamo perché non possiamo fare altro che comprare i vostri titoli. In che cos’altro si può investire oggi per essere al sicuro, al di fuori dei Treasury Bonds americani? Oro? Certo non obbligazioni giapponesi o inglesi». Lo stesso Luo Ping ha escluso però che gli investitori istituzionali cinesi possano ritornare a Wall Street in veste di “cavalieri bianchi” per iniettare capitali nelle banche statunitensi. Nonostante i prezzi dei titoli bancari siano crollati, secondo Luo è pericoloso acquisirne partecipazioni azionarie perché ancora non è chiaro quale sia la qualità dei bilanci delle banche.

 

  • Cuba. 15 febbraio. Ancora nessuna risposta alla richiesta di Cuba, alla Casa Bianca, di restituzione di tutto il territorio illegalmente occupato. Nei giorni scorsi il presidente del Parlamento (l’Assemblea Nazionale del Poder Popular) cubano, Ricardo Alarcón, aveva considerato insufficiente l’annuncio della chiusura nello spazio di un anno del carcere statunitense di Guantánamo, pur definito “un buon segnale”, chiusura decretata dal nuovo presidente degli USA, Barack Obama. Richiesta analoga era giunta anche dal ministro degli esteri di Cuba, Felipe Pérez Roque, in visita in Nicaragua.

 

  • Russia / Iran. 16 febbraio. Colloqui di preparazione dell’ingresso di Teheran nella SCO? Il ministro della Difesa iraniano, Mostafa Najar, è arrivato a Mosca per accordi bilaterali in ambito militare con l'omologo russo. Il ministro della Difesa iraniano, in visita ufficiale a Mosca su invito dell’omologo russo Anatoli Zerdyukov, ha affermato che obiettivo di Teheran è l’ampliamento della cooperazione militare con Mosca. Nei giorni scorsi il ministro degli esteri iraniano Manouchehr Mottaki aveva chiesto ufficialmente ai membri dell’Organizzazione di Shanghai la piena adesione. La SCO comprende Cina, Russia, Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan ed Uzbekistan, con competenze che spaziano dalla “sicurezza” alla cooperazione economica ed energetica. L’Iran è osservatore dal 2005 assieme al Pakistan. Sia Mosca che Pechino vantano considerevoli interessi con l’Iran. La Cina ha stipulato in passato importanti accordi con l’Iran per le forniture di petrolio e gas, mentre Mosca auspica di aumentare le vendite di armi e tecnologia nucleare.

 

  • Afghanistan / Russia / USA. 16 febbraio. «È come combattere contro la sabbia. Nessuna forza al mondo può aver la meglio sugli afghani». Lo ha dichiarato ieri all’agenzia Reuters un ex ufficiale russo, Oleg Kubanov, dopo un concerto organizzato a Mosca per i veterani della guerra in Afghanistan. «È la loro terra sacra; a loro non importa se sei russo o americano. Per loro siamo tutti soldati». Vent’anni fa, il 15 febbraio 1989, l’Unione Sovietica ritirò le sue truppe dall’Afghanistan, dopo aver compreso che l’impossibilità di colpire le basi di rifornimento ed i campi di addestramento del nemico rendeva inutile un semplice aumento di forze. Oggi gli Stati Uniti stanno incontrando difficoltà sempre maggiori a rifornire le truppe in Afghanistan, tanto da doversi rivolgere alla Russia, accusata da Dennis Blair, direttore della National Intelligence (che sovrintende le 16 agenzie di spionaggio USA, CIA compresa), di aver dietro le quinte operato per l'espulsione degli Stati Uniti dalla base aerea di Manas in Kirghizistan. Secondo alcuni analisti, Mosca sta contrastando i tentativi di Washington di accrescere la sua influenza nelle repubbliche ex sovietiche senza però intralciare le operazioni USA in Afghanistan. C'è chi legge, in questo, l'interesse di Mosca ad un logoramento a fuoco lento di Washington nel Paese, e/o la possibilità di servirsi dell’Afghanistan come carta per ammorbidire gli USA rispetto ad una serie di questioni chiave per l’influenza in Asia centrale.

 

  • Afghanistan / Pakistan / USA. 16 febbraio. 20 anni dopo il ritiro sovietico, sono gli USA a rimanere impantanati in Afghanistan. «Non ho mai visto un disastro come quello che abbiamo ereditato». È l'ammissione che Richard Holbrooke, “inviato speciale” di Barack Obama per Pakistan e Afghanistan, ha esternato l’8 febbraio a Monaco di Baviera in occasione della Conferenza sulla sicurezza internazionale. Per Holbrooke la situazione in Afghanistan è «terribile», «non è paragonabile a nessun problema che abbiamo affrontato finora e secondo me sarà molto più dura che in Iraq». Richard Holbrooke è considerato l’“architetto” degli accordi di Dayton che posero fine alla guerra in Bosnia nel 1995 ed è stato inviato speciale di Clinton durante la crisi del Kosovo.

 

  • Afghanistan / Pakistan / USA. 16 febbraio. Richard Holbrooke è atterrato in Afghanistan il 9 febbraio. Assieme al Pakistan è ai primissimi posti del programma di politica estera di Obama. I suoi collaboratori dicono che “la sfida più difficile” che Barack Obama e Holbrooke dovranno affrontare sono i “rifugi” dei Taliban nelle aree tribali del Pakistan, al confine afghano: secondo la NATO e la CIA, queste sono le aree che contribuiscono maggiormente al flusso di Taliban diretti in Afghanistan. Secondo alcuni analisti, Obama proseguirà la controversa politica dei “drone” di George Bush: missili sganciati da aerei senza pilota della CIA, contro presunti “bersagli” di al-Qaeda e dei Taliban. «Sia il presidente Bush che il presidente Obama hanno chiarito che daremo la caccia ad al-Qaeda ovunque sia», ha detto, il 27 gennaio, il segretario alla Difesa Robert Gates. Alla domanda se il governo pachistano fosse stato informato di questo, ha risposto «si».

 

  • Afghanistan / Pakistan / USA. 16 febbraio. Il 23 gennaio –tre giorni dopo l’insediamento di Obama– due missili USA hanno colpito le aree tribali del Waziristan in Pakistan. Delle 22 persone uccise, secondo le fonti USA 8 erano “combattenti stranieri”. Ma le altre vittime includevano un capo tribale filo-governativo e la sua famiglia. L’esercito pachistano sostiene che ogni civile ucciso negli attacchi inasprisce i sentimenti della popolazione locale, che già vede negli USA, invece che nei Taliban, la minaccia più grande per il Pakistan. «La nostra strategia punta a separare le tribù dai miliziani. Gli attacchi dei droni li spingono a unirsi», riferisce un ufficiale dell’esercito del Pakistan. Secondo alcuni analisti, se Obama incrementerà queste azioni nelle aree tribali, questo porterebbe a un duro confronto con l’esercito pachistano. In merito agli aiuti, sotto l’amministrazione Bush le relazioni tra gli USA e il Pakistan erano tra esercito ed esercito: dei 7 miliardi di dollari inviati al Pakistan, il 75% sono andati alle forze armate. Obama vuole invece subordinare gli aiuti alla condizione che l’esercito del Pakistan combatta i Taliban invece di dedicarsi all’ammodernamento delle sue forze per prepararsi ad una eventuale guerra con l’India.

 

  • Afghanistan / Pakistan / USA. 16 febbraio. L’esercito pakistano è infatti riluttante a combattere contro gli ex-alleati Taliban prima di aver chiara la politica USA verso l’India, e specialmente nei confronti del Kashmir: lo Stato himalayano diviso e conteso da entrambi i paesi, che è stato all’origine di due delle loro tre guerre. Prima della sua elezione, Obama era sensibile a questo legame. L’India ha poi dichiarato ad Obama che avrebbe boicottato le azioni di Holbrooke, qualora il suo incarico avesse incluso il Kashmir. Le minacce hanno funzionato. «Il Kashmir non sarà parte dell’agenda dell’ambasciatore Holbrooke», ha detto un portavoce del Dipartimento di Stato la scorsa settimana. Queste notizie sono state accolte con un “mormorio” di disapprovazione ad Islamabad. La maggior parte degli analisti ritiene che l’esercito rinuncerà a dare il suo segreto appoggio ai Taliban afghani e ad altri gruppi di miliziani solo quando li riterrà una minaccia maggiore dell’India per l’esistenza del Pakistan. E questo non potrà succedere senza una risoluzione della questione del Kashmir. «Aspettarsi un’armonia tra Pakistan e India senza un accordo sul Kashmir è come sperare nella pace in Medio Oriente senza un ritiro israeliano dalla Cisgiordania e da Gaza», ha scritto il quotidiano pachistano Dawn nell’edizione dell’1 febbraio.

 

  • Afghanistan / USA. 16 febbraio. Qual è l’obiettivo finale USA in Afghanistan? «Francamente, non ne abbiamo uno». Secondo una fonte militare dell’NBC News (4 febbraio), è la risposta che Obama ha ricevuto dopo una riunione con il segretario alla Difesa Gates e alti ufficiali del Pentagono. La NBC richiama pure il discorso del 5 febbraio ai Democratici della Camera del presidente Obama, secondo cui il governo USA non conosce il motivo della missione in Afghanistan e che, per evitare «che la missione proceda a tentoni, senza parametri chiari», gli Stati Uniti «hanno bisogno di una missione chiara».

 

  • Afghanistan / USA. 16 febbraio. Secondo la NBC news, comunque, al Pentagono «stanno lavorando» per trovare una missione e per un cambiamento nell’azione militare che provi a conquistare “cuore e menti” degli afgani. Per farlo si intendono coinvolgere altre agenzie USA e sempre più la NATO. Aumentare le truppe è comunque la priorità del Presidente Obama: dai 17.000 ai 30.000 effettivi in più entro la fine dell’anno. Sempre secondo l’alto ufficiale USA intervistato dalla NBC News, i Taliban hanno preso il sopravvento in varie aree dell’Afghanistan, particolarmente nel Sud, dove hanno stabilito “governi ombra” e riscuotono fiducia e sostegno locale crescenti.

 

  • Afghanistan / USA. 16 febbraio. Attualmente 70 mila militari sono presenti nel paese. Forze in passato sufficienti solo a controllare la capitale Kabul e qualche altra provincia: ora neanche quello, come ha mostrato l’attacco dei Taliban ai palazzi governativi a Kabul alla vigilia della visita dell’inviato di Barack Obama, Richard Holbrooke. Nei giorni scorsi 7 attentatori suicidi si sono fatti esplodere nel centro direzionale delle carceri afgane, di fronte al ministero dell’educazione e dentro il ministero della giustizia, causando 19 morti e 54 feriti. Secondo fonti dell’esercito, ci vorrebbero almeno 600mila uomini per poter controllare il Paese.

 

  • Afghanistan / USA. 16 febbraio. La misura del disastro USA in Afghanistan è fornita anche da altri dati. Si è saputo ad esempio che i camion per rifornire le basi NATO in Afghanistan provenienti dal porto pakistano di Karachi vengono protette per strada proprio dai Taliban, che incassano, secondo fonti USA, un terzo delle ingenti somme destinate alla sicurezza dei convogli di cibo e carburante. Il rapporto del Government accountability office, il comitato parlamentare del Congresso statunitense che tiene sotto controllo l'attività dell'esecutivo, ha rivelato che nei quattro anni fino al giugno del 2008, il Pentagono avrebbe perso le tracce di circa 220mila armi leggere (fucili, mitra, pistole…) fornite all’esercito afghano. Il rapporto, afferma che una gran quantità di armi fornite all’esercito afghano «rischia di essere persa o rubata». Un gioco di parole per dire che le armi sono finite in mano ai Taliban. Secondo il New York Times e l'Associated Press, che sono riusciti ad ottenere in anticipo copie del rapporto, «non si sa dove siano di preciso pure le altre 135mila armi che i paesi alleati degli Stati Uniti hanno donato alle forze afghane».

 

  • Cina. 16 febbraio. Pechino accelererà l'incremento del proprio arsenale nucleare e convenzionale per dotarsi di una forza militare di deterrenza credibile. Lo ha dichiarato, sulla rivista Qiushi, il Generale della seconda artiglieria Jing Zhiyuan, membro della Commissione Militare del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, incaricato di vagliare la forza strategica missilistica cinese. «Rinforzeremo i sistemi di combattimento e miglioreremo l'addestramento dei corpi speciali», ha affermato. Il secondo corpo dell'artiglieria è un ramo indipendente delle forze armate direttamente sotto il controllo della Commissione militare centrale del partito. È munito di centinaia di missili strategici e tattici. «La seconda artiglieria è il centro della nostra deterrenza strategica. È la forza principale, il pilastro e sostegno del progresso e della nostra sicurezza nazionali», afferma l'articolo. I compiti del corpo comprendono «la risposta alla minaccia di altri paesi contro la Cina, per mezzo della deterrenza delle armi nucleari e per la conduzione di contrattacchi nucleari e attacchi di precisione con i missili convenzionali», afferma un recente documento programmatico. Gli Stati Uniti a lungo hanno espresso preoccupazione per l’incremento della spesa militare cinese.

 

  • Ecuador. 16 febbraio. Correa caccia diplomatico USA: «L’Ecuador non è una colonia!». La scorsa settimana, in coincidenza con la promulgazione in Venezuela della nuova Costituzione, il presidente Rafael Correa ha ordinato l’espulsione di un funzionario dell’ambasciata USA di Quito, accusandolo di trattare l’Ecuador come una colonia USA. La causa del provvedimento contro Armando Astorga, funzionario del ministero per la sicurezza interna di Washington presso l’ambasciata, è una lettera inviata al comando generale della polizia ecuadoriana, bollata da Correa alla stregua di «insolente». La missiva aveva l’obiettivo di subordinare la concessione di aiuti economici alla possibilità per gli Stati Uniti di scegliere gli uomini ed il capo del dipartimento anti-contrabbando. Correa in diretta tv ha affermato che Astorga ha «48 ore di tempo perché faccia le valige e se ne vada. Qua non accettiamo da nessuno che ci si tratti da colonia». Nel frattempo si avvicinano le elezioni presidenziali di aprile; Correa veleggia con un gradimento dato intorno al 70%.

 

  • Ecuador. 16 febbraio. Il Centro di Operazioni Anti Contrabbando è uno dei progetti attraverso i quali si è storicamente mantenuta e allargata la dipendenza dell’Ecuador nei confronti della politica statunitense sui traffici umani e sul contrabbando di droga. Per Correa, ciò avrebbe significato una chiara rinuncia alla propria sovranità nazionale, in contrasto con la nuova Costituzione approvata lo scorso 28 settembre. Correa rifiuta pure i 340.000 dollari annui di appoggio logistico ed operativo promessi dagli USA, ed ha dato disposizioni affinché veicoli, macchine fotografiche, motociclette, eccetera, consegnati dagli USA al dipartimento anti-contrabbando, siano restituiti immediatamente. «Signor Astorga, se ne vada con il suo sporco denaro, non ne abbiamo bisogno, qui c’è sovranità e dignità, se ne vada con i suoi 340.000 dollari, insolente (…). Se ne ritorni con le sue cose; l’Ecuador non ha bisogno della carità di nessuno». Il presidente Correa, ricordando che la nuova Costituzione non permette l’insediamento di basi ed installazioni militari straniere sul territorio ecuadoregno, ha inoltre proposto «una donazione annuale di 160.000 dollari agli Stati Uniti per progetti che abbiano il fine di evitare la tortura in lager come quello di Guantanamo».

 

  • Unione Europea. 17 febbraio. «Deficit eccessivo» per Francia, Spagna e Grecia. La Commissione Europea avvierà la procedura per "deficit eccessivo" provvedimenti disciplinari nei confronti di Francia, Spagna e Grecia per aver sforato il tetto del 3% fissato dai Trattati comunitari sul rapporto tra deficit e PIL. Per la Francia, la seconda maggiore economia della zona euro, il rapporto deficit/Pil è stato pari al 3,2% lo scorso anno e la Commissione si aspetta che si manterrà al di sopra del limite anche quest'anno e il prossimo, secondo quanto si legge nelle bozze dei documenti ottenuti da Reuters. «La Commissione ha pertanto deciso di avviare una procedura di defict eccessivo per la Francia», si legge nel documento, che dovrà essere approvato domani. Nonostante l'esecutivo dell'Unione Europea abbia riconosciuto che il peggioramento dei conti della Francia sia anche il risultato della grave crisi economica e delle misure di stimolo fiscale adottate per arginarla (26 miliardi di euro, pari al 1,3% del Pil francese), «il deficit eccessivo riflette anche gli sforzi insufficienti per il consolidamento fiscale quando le condizioni economiche erano più favorevoli». La Commissione inoltre si aspetta che il rapporto deficit/Pil francese salga al 5,4% quest'anno e scenda al 5% nel 2010, a meno che non si verifichino cambiamenti nelle politiche. La Commissione non ha ancora diffuso una raccomandazione per fissare un termine ultimo entro il quale il deficit debba rientrare entro il limite previsto, dato che questo sarà il prossimo passo della procedura dopo che i ministri dell'Economia europea riconosceranno che il deficit francese è eccessivo. La Commissione chiederà alla Francia di mettere in atto le misure di stimolo fiscale annunciate quest'anno, evitando tuttavia qualsiasi altro deterioramento delle finanze pubbliche.

 

  • Kosovo. 17 febbraio. A Pristina si festeggia la proclamazione della cosiddetta “indipendenza kosovara”, in realtà dichiarazione di protettorato della NATO e dell’Unione Europea. Riconosciuta da 54 su 192 dei paesi dell’ONU, 22 su 27 dei quali membri della UE (mancano all’appello Spagna, Grecia, Cipro, Romania e Slovacchia), ad un anno dalla “indipendenza” spicca l’approvazione della Costituzione, che si basa in gran parte sulle disposizioni contenute nel Piano Ahtisaari. Lo scorso 18 febbraio 2008 il primo ministro Hashim Thaci ed il Presidente Fatmir Sejdiu citarono il Piano Ahtisaari nei loro discorsi, sottolineando che, in osservanza del piano stesso, «abbiamo invitato l’UE e la NATO a stabilire la loro influenza nel Paese». Come dire che è perfino eccessivo definire la situazione in Kosovo con il termine “sovranità limitata”. La colonizzazione e mancata autodeterminazione nazionale insita nel Piano Ahtisaari è stata denunciata dal movimento Vetevendosje. Lo scorso 10 febbraio tale movimento ha celebrato i due anni dalla tragica manifestazione contro il Piano Ahtisaari per libertà e autodeterminazione. Arben Xheladini e Mon Balaj rimasero uccisi per mano della polizia della UNMIK (la missione ONU che per un decennio ha gestito il Paese) e altri 82 dimostranti rimasero feriti. Alla commemorazione erano presenti gli attivisti della Vetevendosje, amici e familiari della famiglia dei caduti. Dinanzi ai presenti, l’attivista Xhelal Svevca ha dichiarato: «Siamo testimoni dell’oscuro periodo politico che ci ha avvolti e dei pandemoni creati da chi è al potere. Tutto ciò che dobbiamo fare è seguire quanto fatto da Arben e Moni, essere cioè pronti a confrontarsi e sacrificarsi. La vita ha un significato se c’è libertà. La vita compie un importante sforzo per la libertà». Intanto, dal gennaio scorso è stata costituita la nuova Forza di sicurezza del Kosovo. Composta da 2.500 uomini e 800 riservisti, viene addestrata dalle forze NATO.

 

  • Libano. 17 febbraio. Nasrallah: è nostro diritto difenderci con qualsiasi arma. Il leader del movimento della resistenza libanese ha affermato che Hezbollah ha «tutto il diritto di ottenere qualsiasi tipo di armamento, se lo desideriamo, per difendere il nostro Paese e il nostro popolo». Nasrallah ha aggiunto che dotarsi di simili sistemi riequilibrerebbe i rapporti di forza, giacché Israele finora ha sempre contato sulla propria superiorità in campo aeronautico. «Nel nostro spazio aereo fanno quello che vogliono, e poi ci vengono a dire che se otterremo quelle armi, o abbatteremo i loro aerei che volano sul Libano, ne pagheremo il prezzo. Io non intendo sostenere che punto a scatenare un'altra battaglia», ha puntualizzato Nasrallah, alludendo alla guerra-lampo dell'estate 2006, «ma è un nostro diritto disporre di ogni armamento per proteggerci».

 

  • Israele / Iran. 17 febbraio. Azioni di sabotaggio da parte israeliana all'interno dell'Iran. Secondo il Daily Telegraph, che cita esperti di intelligence ed un agente anonimo della CIA, Tel Aviv mira a rallentare il progresso del programma nuclaera iraniano. «L'obiettivo è rinviare, rinviare, rinviare finché non ci saranno altre soluzioni o approcci (...) un passo prima di rovesciarli militarmente, che probabilmente comporterebbe rischi inaccettabili», afferma l'agente CIA. A riprova di quanto sostenuto dal giornale, osservatori iraniani puntano il dito su eventi come la morte di Ardeshire Hassanpour, scienziato nucleare nell'impianto per il trattamento dell'uranio di Isfahan, morto nella sua casa apparentemente per avvelenamento da gas nel 2007. Meir Javendafar, esperto iraniano di Meepas, un gruppo di analisi mediorientale, ha precisato che ci sono notizie secondo cui all'Iran sarebbero state vendute apparecchiature malfunzionanti per il suo programma nucleare sul mercato internazionale, e che ci sono stati tentativi di bloccare la fornitura elettrica a Natanz, impianto di arricchimento dell'uranio nel centro dell'Iran.

 

  • Russia / Cina. 17 febbraio. Accordo Mosca – Pechino sul petrolio. La Cina ha accettato di prestare a due società di petrolio russe 25 miliardi di dollari in cambio di rifornimenti dagli ingenti campi petroliferi della Siberia orientale, che le permetteranno di alimentare la sua economia per i prossimi 20 anni. Il numero uno statale del petrolio russo Rosneft e la società Transneft, che detiene il monopolio degli oleodotti, hanno firmato oggi a Pechino un accordo, a lungo rimandato, per ottenere in prestito il capitale dalla China Development Bank. «Abbiamo concordato su rifornimenti per 15 milioni di tonnellate ogni anno per i prossimi 20 anni», ha detto il vice primo ministro russo Igor Sechin al canale di Stato, Vesti 24, alludendo anche alla sigla di un secondo accordo di cui tuttavia non ha voluto dare ulteriori dettagli. Pechino ha capitale in abbondanza su cui Mosca desidera mettere le mani, messa di fronte alla prima recessione in un decennio. Alcune società russe stanno infatti incontrando difficoltà nel ripagare i prestiti. La Cina, il secondo importatore di petrolio al mondo, dopo aver lavorato duramente per assicurarsi i rifornimenti di petrolio africano e alimentare così le proprie industrie, si assicura ora un flusso sicuro dal suo vicino più stretto. L’accordo, originariamente programmato per la fine del 2008, non ha avuto vita facile nonostante la benedizione dei governi coinvolti. Le trattative si erano arenate a novembre per i disaccordi emersi sui tassi di interesse e sulle garanzie statali pretese dai cinesi da parte del governo russo.

 

  • Cina. 17 febbraio. Pechino raddoppia il numero dei pattugliamenti della sua flotta di sottomarini d’attacco. Sebbene i numeri, superiori a quelli russi, non siano comparabili con quelli statunitensi, quanto emerge dal rapporto della federazione degli scienziati USA, basato su informazioni declassificate fornite dall’intelligence navale degli Stati Uniti, secondo cui i sottomarini d’attacco cinesi hanno condotto 12 pattugliamenti nel 2008 (7 nel 2007, 2 nel 2006, 0 nel 2005), è un segnale della crescita militare cinese. «L'aumento dei pattugliamenti sottomarini è importante, deve essere visto in paragone alla dimensione della flotta sottomarina cinese», ha detto Hans Kristensen, direttore del Natural Resources Defence Council di Washington, autore di vari rapporti sulle armi atomiche in Europa (tra cui quelle italiane di Aviano e Ghedi Torre, armi stoccate in Italia senza nemmeno rispettare gli standard di sicurezza del Dipartimento della Difesa USA). I pattugliamenti possono essere effettuati solo dai modelli più moderni e avanzati dei sottomarini cinesi, rileva il rapporto, notando che una nuova classe di sottomarini d’attacco atomici, la classe Shang, sta sostituendo gli invecchiati classe Han. Kristensen si interroga pure sul significato reale dei pattugliamenti, che potrebbero altresì rappresentare «un tentativo di ampliare la loro difesa navale ulteriormente verso est, nel Pacifico».

 

  • USA / Italia. 17 febbraio. Italia miglior “alleato”/subalterno degli USA all'interno della NATO. Lo sostiene lo speaker della Camera dei rappresentanti USA, Nancy Pelosi, in visita a Roma. «Siamo stati alla base di Aviano per incontrare i nostri aviatori e prendere consapevolezza della cooperazione con l'Italia», ha detto la Pelosi che ha voluto ringraziare il governo italiano anche per l'impegno in Afghanistan.

 

  • Afghanistan / Italia. 18 febbraio. Il Parlamento approva con voto plebiscitario il rinnovo della missione afgana e un aumento di spesa del 38% nei finanziamenti alla guerra in Afghanistan. Il Senato ha approvato all'unanimità il decreto legge (n.209 del 30 dicembre 2008) che rifinanzia tutte le missioni militari italiane all'estero. La Camera dei Deputati l'aveva approvato lo scorso 21 gennaio con due soli voti contrari e quattro astenuti. Per la partecipazione italiana alla missione NATO in Afghanistan sono stati stanziati oltre 242 milioni di euro per i prossimi sei mesi, ovvero circa 40 milioni al mese; nel 2008 la missione era costata 29 milioni al mese. L’incremento dei costi è dovuto al consistente aumento di truppe e mezzi mandati al fronte dal governo su richiesta degli Stati Uniti. Nei prossimi mesi, con l'arrivo di 2.500 paracadutisti della 'Folgore' (in sostituzione degli alpini della 'Julia') e di altri elicotteri da guerra (con relativi equipaggi), il contingente italiano supererà quota 3.000. I costi saliranno ulteriormente quando diventerà effettiva la già annunciata rimozione delle ultime limitazioni che impedisce ai nostri soldati di condurre operazioni offensive e ai nostri Tornado di sganciare bombe. A conferma dell’approccio sempre più militarista della nuova politica italiana in Afghanistan al seguito dell'alleato/padrone, c'è l’invito rivolto dalla Farnesina alle ONG italiane che lavorano in Afghanistan di ritirare dal Paese tutto il personale italiano per motivi di sicurezza.

 

  • Pakistan. 18 febbraio. Per gli attacchi con aerei senza pilota contro i Taleban la CIA sta segretamente utilizzando una base aerea nel sud-ovest del Pakistan. È quanto scrive oggi il Times di Londra in un articolo frutto di una lunga inchiesta dello stesso quotidiano britannico. Islamabad e Washington hanno negato ma il Times sostiene di disporre di prove più che convincenti. I taleban operano nelle zone tribali del Pakistan e la base in questione è quella di Shamsi, situata non lontano dalla città di Quetta.

 

  • Pakistan. 18 febbraio. Vittoria dei talebani pachistani. Secondo quanto riporta Peacereporter, il Movimento per l'applicazione della legge di Maometto (Tehreek e-Nafaz e-Shariat e-Mohammadi, Tnsm), guidato da Maulauna Fazlullah, dopo aver resistito per sedici mesi alle ripetute offensive dell'esercito di Islamabad, ha accettato di deporre le armi dopo aver ottenuto dal governo quello che volevano: l'imposizione della Sharia in tutto il nord del Pakistan. L'accordo prevede che il Nizam Adal (il codice di leggi islamiche) sarà legge in tutta la provincia di Malakand, comprendente i comuni di Swat, Shangla, Chitral, Dir, Buner, Malakand, e anche nel distretto di Kohistan. Parliamo di un territorio di quasi 38mila chilometri quadrati con oltre tre milioni di abitanti. Il trattato è stato firmato, a nome del governo, da Amir Haider Khan Hoti: governatore della regione del Nwfp (Nort-West Frontier Province) e alto esponente del partito laico dei pashtun Anp (Awami National Party), al governo locale dalle elezioni del marzo 2008 che avevano sancito la clamorosa sconfitta del partito filo-talebano Mma (Muttahida Majlis-e-Amal). Per i talebani di Maulana Fazlullah ha firmato suo suocero, Sufi Mohammed, fondatore del movimento, scarcerato dai servizi segreti pachistani nel novembre 2007 (appena iniziata la guerra tra esercito e talebani) per mediare con loro. La gente di Swat è scesa per le strade a festeggiare l’accordo, non tanto perché entusiasti della sharia (che a quanto pare dovrebbe comunque essere più blanda –soprattutto in tema di diritti femminili– rispetto alla versione in vigore nell'Afghanistan del Mullah Omar), quanto perché questo sembra essere l'unico modo per porre fine a una guerra civile che ha provocato migliaia di morti e centinaia di migliaia di sfollati. La clamorosa vittoria politico-militare dei talebani pachistani preoccupa invece Washington, che li vorrebbe sconfitti dall'esercito di Islamabad. Obama non ha commentato, ma il Pentagono ha parlato di «sviluppo negativo». Alla fine dell'800, le truppe coloniali britanniche combatterono per cinquant'anni in queste stesse vallate contro i guerrieri islamici pashtun, senza mai riuscire a sconfiggerli. Alla fine ci rinunciarono.

 

  • Argentina. 18 febbraio. Avvelenati dalla soja transgenica. Il progetto "Smettete di affumicare con gli agrochimici" (www.grr.org.ar/campana.pdf) è sorto nel 2005 in Argentina come movimento di solidarietà alle madri di Ituzaingó, un gruppo di donne che abitavano un quartiere periferico della provincia di Cordoba. Si tratta di una zona urbana che risente di una pesante contaminazione dall'uso indiscriminato di fitofarmaci (o pesticidi), tanto che vi si registravano oltre 200 casi di tumori in pochi anni su una popolazione di appena 5000 abitanti. Attorno alla protesta di quelle donne si è in seguito raccolta una miriade di associazioni sociali e ambientali della cittá di Santa Fe e delle province di Cordoba, Buenos Aires e Entre Rios. La crescente espansione della monocoltura di soja ha ormai eliminato le tradizionali cinture verdi di frutteti, orti familiari e piccoli allevamenti che costituivano una fonte alimentare importante per migliaia di argentini che vivono nelle città. La soja ormai domina tutto, per la precisione la varietà transgenica Roundup Ready, brevettata dalla Monsanto: è una soja resistente all'erbicida Roundup, nome commerciale del glifosato, anche quello prodotto dalla stessa Monsanto. Adesso i trattamenti fitosanitari con questi agrochimici si effettuano vicino alle case, i residui dei trattamenti aerei schizzano sulle zone abitate, mentre la pulizia dei macchinari e lo stoccaggio delle sementi negli enormi silos, situati nei centri storici delle cittadine periferiche, spesso si svolgono direttamente tra le abitazioni degli agricoltori. In Argentina si coltivano attualmente 18 milioni di ettari con soja transgenica e si consumano circa 200 milioni di litri di glifosato annualmente. Questo modello è sinonimo di distruzione di biodiversità e di catastrofe sanitaria ormai già visibile in alcune province, come appunto quelle di Cordoba e Santa Fé, dove l'incidenza di tumori e danni neurologici alla popolazione è impressionante.

 

  • Argentina. 18 febbraio. Le proteste cittadine sono all'ordine del giorno, così come le denunce e le risoluzioni giudiziarie contro questo avvelenamento massiccio. Anche se il governo federale della Kirchner non ha finora prestato attenzione al problema, alcuni municipi hanno emesso ordinanze che fissano per le coltivazioni di soja una distanza minima di 4 chilometri dal centro abitato; altre obbligano gli agricoltori ad avvisare la popolazione almeno 48 ora prima che si effettuino i trattamenti con gli agrochimici. Nonostante gli int