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L'Italia che crolla

di Alessio Mannino - 09/04/2009

 
L'Aquila e un pezzo dell'Abruzzo sono distrutti per un terremoto che nessuno poteva prevedere, e di fronte al dolore per le vittime e allo smarrimento dei sopravvissuti vanno portati solo rispetto, silenzio e, per chi se la sente e ne ha i mezzi, aiuto.
Ma poi pensiamo agli ultimi eventi che il frullatore mediatico ci ha schizzato addosso come fango nelle ultime settimane:  il G20 che regala 1000 miliardi di dollari all'Fmi, la faccia da travet veltroniano di Franceschini, le faccine di Brunetta il signore dei tornelli, la Cgil che sbraita contro la crisi dopo aver sottoscritto le leggi della precarietà, lo sconcio spettacolo di un Obama che socializza i disastri delle banche salvandole coi soldi pubblici, partiti-pannolini inventati a maggior gloria deipadron Silvio e, ciliegina sulla torta, il tanto osannato piano casa del governo.
La solita vecchia storia del cemento che rimette in moto l'economia, come fu negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso per il boom economico. Case da ampliare con famiglie che da benestanti non possono più permettersi neppure la spesa al supermercato: questa sarebbe la ricetta per ripartire? E poi, ora e sempre, grandi opere come l'alta velocità, salutata da destra e sinistra come imprescindibile necessità dello Sviluppo. E il ponte sullo Stretto di Messina, dove lo mettiamo? Anche quello, un imperativo categorico. Anche se la Sicilia ha linee ferroviarie risalenti al primo Novecento. L'assetto idrogeologico della penisola è un colabrodo chè al primo alluvione fa stragi e inonda intere città? Chi se ne frega, l'importante è costruire.
Quando vediamo crollare come castelli di sabbia edifici di recente fattura che dovrebbero reggere all'urto di sismi come quello abruzzese, e stiamo parlando di ospedali nuovi di zecca appaltati di solito agli amici degli amici, non possiamo non chiederci se una responsabilità esista, e se non debba essere addebitata alla voracità di quattrini di politici appaltanti e costruttori appaltatori, con tutto il relativo codazzo di sprechi sulla pelle della gente.
E non possiamo non risponderci che sì, questa marmaglia di profittatori la coscienza sporca ce l'ha. E ce l'hanno tutti gli italiani che corrono come pecore dietro ai pifferai magici della "fiducia" nel sistema, che straparlano di magnifiche sorti e progressive quando invece, prima o poi, la Natura si riprende il suo buon diritto a fare piazza pulita delle illusioni umane.
I morti abruzzersi parlano: di un'Italia corrotta che come l'intero mondo "democratico" e "moderno" distrugge sè stessa in nome del profitto estratto dal sangue. E il sangue è la nostra vita, sequestrata dai miraggi di un futuro che non possiamo più permetterci. Cataclismi come quello di questi giorni stanno lì, tragicamente, a rammentarcelo. Nell'attesa di saltri convolgimenti, ci auguriamo umanissimi e  privi dei ceppi ideologici otto-novecenteschi, di cui le folle di Londra e Strasburgo, fatte da semplici cittadini rovinati dalla bancocrazia, paiono essere state le prime sentinelle.