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Baghdad, una pace basata sulla paura

di Hamza Hendawi - 14/04/2009

 

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10 aprile 2009

BAGHDAD – Le strade adesso sono più tranquille. I combattimenti fra sciiti e sunniti per lo più sono cessati. Tuttavia, questo non è un segnale di normalità nella capitale irachena. A mantenere la pace è la paura.

Secondo le stime, solo un 16 % delle famiglie in prevalenza sunnite costrette a fuggire dalle loro case dai miliziani sciiti e dagli squadroni della morte hanno osato tornare.

Per combattere bisogna essere in due, e a Baghdad in realtà è rimasta solo una parte, dopo che la violenza e la paura hanno trasformato parzialmente i quartieri in città fantasma.

Le famiglie che sono tornate a volte trovano minacce scritte con lo spray e altre forme di intimidazione. "Torniamo dopo l'interruzione, l'Esercito del Mahdi [le milizie agli ordini di Moqtada al-Sadr]", è uno slogan della milizia sciita – le stesse parole utilizzate dalla televisione irachena come introduzione agli spot pubblicitari.

Le conclusioni – basate su statistiche che la Associated Press è riuscita ad avere da funzionari statunitensi e iracheni, nonché su interviste condotte dall'agenzia stampa in alcuni dei quartieri chiave di Baghdad nelle ultime settimane - vengono riconosciute dai comandanti militari Usa sul campo. E puntano a una prospettiva preoccupante.

Baghdad è molto più tranquilla rispetto al periodo in cui i massacri avevano raggiunto il culmine - a fine 2006 e nella prima metà del 2007. E oggi un portavoce delle forze armate Usa ha detto che gli attacchi a livello nazionale sono scesi al lminimo dai primi mesi della guerra.

Nella capitale, tuttavia, alla calma ci si è arrivati in parte perché ora la città è divisa dal punto di vista etnico [confessionale sarebbe il termine esatto – sunniti e sciiti sono entrambi di etnia araba NdT]. Gli sciiti predominano, i sunniti generalmente sono fuggiti.

La situazione assomiglia alquanto a quella della Bosnia dopo la guerra degli anni '90: anni di calma ma senza alcuna riconciliazione politica duratura, dopo che le popolazioni che la abitano si erano divise in regioni e governi diversi.

"Baghdad è stata trasformata da città mista - nel 2003 circa metà della popolazione era sciita e l'altra metà sunnita - in una città sciita, dove la popolazione sunnita potrebbe essere solo fra il 10 e il 15 per cento", dice Juan Cole, uno dei maggiori esperti statunitensi di Iraq.

Dopo il massacro indiscriminato non è stato fatto nessun censimento, ma le stime di Cole, confortate dalle osservazioni della AP e dalle statistiche Usa, hanno implicazioni preoccupanti per il futuro, nel caso in cui i sunniti dovessero tornare in numeri più consistenti.

Mohammed Abdul-Razzaq, un dipendente governativo sunnita, era fuggito dalla sua abitazione nel quartiere di Jihad, nella zona ovest di Baghdad, per andare ad Amiriya, zona a maggioranza sunnita, dopo che miliziani sciiti avevano minacciato di ucciderlo. L'anno scorso la polizia irachena ha buttato fuori gli occupanti abusivi che si erano trasferiti in casa sua, ma lui non ha intenzione di tornare.

"La sicurezza è ancora fragile", dice Abdul-Razzaq. "Sono stato costretto a fuggire una volta, e può succedere di nuovo. La prossima volta potrebbero uccidermi".

Cosa più sorprendente, lo spartiacque etnico [confessionale – vedi sopra NdT] rimane, nonostante le forze armate irachene e quelle statunitensi abbiano cacciato dalle strade i miliziani e gli squadroni della morte sciiti.

Ciò fa pensare che i sunniti ancora non si fidino della protezione del governo iracheno nel lungo periodo. La loro mancanza di fiducia potrebbe contenere i semi di futuri periodi di violenza, in particolare dato che quest'anno il numero delle forze armate Usa inizia gradualmente a ridursi.

"Esiste sicuramente il potenziale per una ripresa della violenza confessionale", dice il capitano Nathan Williams, il comandante militare Usa a Hurriya, un distretto della zona nord di Baghdad che ha visto i peggiori massacri confessionali. "A nostro avviso, se dovesse ricominciare a Hurriya, si propagherà al resto della città".

Anche più remota è la speranza di ristabilire il carattere tradizionale di Baghdad come città nella quale le persone possano vivere insieme — anche se non sempre in armonia - a prescindere dalla fede o dall'etnia.

Fra le statistiche che la AP è riuscita a procurarsi:

• Secondo stime delle forze armate Usa, solo dalle 50.000 alle 300.000 famiglie sfollate — ovvero il 16 % — sono tornate nelle loro case a Baghdad. La maggior parte sarebbero sunniti.

• A Hurriya, si stima che nel 2006 e 2007 siano fuggite fra le 3.000 e le 4.000 famiglie, in maggioranza sunnite. Di queste, solo 648 - ovvero fra il 16 % e il 22 % - sono tornate a partire da settembre.

Inoltre, a Hurriya fra le 350 e le 400 famiglie sfollate hanno venduto o affittato le loro case, il che fa pensare che non abbiano più intenzione di non tornare, dice il maggiore Hussein al-Qaissy, comandante dell'esercito iracheno nel quartiere.

• La violenza ha praticamente svuotato alcune parti della città, in particolare sulla sponda ovest del fiume Tigri, zona prevalentemente sunnita. Ad Amiriya, ad esempio, 100 delle 252 famiglie sciite che erano fuggite sono tornate. All'incirca lo stesso numero di famiglie sciite – 250 – erano fuggite da Khadra, un'altra zona della parte ovest di Baghdad; solo 70 sono tornate.

A Baghdad la violenza confessionale era iniziata già nel 2003, ma è andata aumentando in maniera impressionante dopo che alcuni combattenti sunniti, a quanto si sospetta, fecero saltare in aria un venerato santuario sciita a nord della città, nel 2006. Quando era al culmine, decine di corpi, alcuni decapitati o con ferite da arma da fuoco che facevano pensare a una esecuzione, venivano ritrovati ogni giorno in zone periferiche della città o nel Tigri.

L'opinione generale è che a vincere il conflitto confessionale nella capitale siano stati i miliziani sciiti che avevano guidato gli attacchi contro i sunniti. I sunniti, che in genere economicamente stanno meglio degli sciiti, per lo più sono fuggiti in Giordania o in Siria.

Ciò ha conferito a Baghdad un carattere marcatamente sciita, che diventa evidente durante le festività di questa confessione religiosa, quando su gran parte della città vengono innalzati striscioni tradizionali sciiti.

A Hurriya, i segni della divisione confessionale sono tuttora forti.

Gli attacchi contro le forze irachene e quelle statunitensi sono rari da quando esse hanno liberato il quartiere dai miliziani e dagli squadroni della morte sciiti e dai combattenti sunniti. Tuttavia, la maggior parte delle 18 moschee sunnite sono tuttora chiuse o in rovina. Alcune vengono utilizzate come dormitori per i soldati iracheni, con le stanze annesse trasformate in uffici.
 
Secondo il maggiore dell'esercito iracheno Imad Rassoul, una preghiera tenutasi di recente in una moschea sunnita in occasione di una importante occasione religiosa ha attirato appena 48 fedeli.

A detta di Williams, il capitano dell'esercito Usa di stanza a Hurriya, alcune famiglie rientrate hanno trovato ad accoglierle minacce tracciate con lo spray sui muri delle loro case.

Inoltre, il quartiere è tuttora rinchiuso da muri, con l'accesso strettamente controllato dalle forze di sicurezza irachene. Funzionari statunitensi e iracheni sostengono che eliminare i muri potrebbe mettere a rischio alcuni dei miglioramenti ottenuti nel campo della sicurezza, permettendo ai combattenti di muoversi liberamente.

Da settembre, i rientri hanno provocato 10 attacchi, uno dei quali letale. La metà, secondo Williams, riguardavano famiglie che non avevano coordinato il loro ritorno con l'esercito iracheno come richiesto.

A detta di Williams, adesso Hurriya sarebbe generalmente sicura.

"E' una lotta", dice il militare, che, assieme a leader tribali locali, recentemente ha cercato di convincere alcuni rifugiati di Hurriya a nord di Baghdad a tornare. "La nostra lotta qui consiste nel contrastare idee sbagliate sulla sicurezza nel quartiere".

I suoi uomini vanno di porta in porta per controllare le famiglie che sono tornate, pregandole di riferire qualsiasi intimidazione o minaccia. Inoltre, egli offre alle famiglie rientrate sussidi che arrivano a 3.000 dollari per iniziare un'attività.

In quello che è un segnale promettente, alcuni dei sunniti tornati a Hurriya e in altri posti a Baghdad dicono di aver ricevuto un caldo benvenuto dagli sciiti loro vicini da molto tempo.

"Hanno detto di non aver potuto far nulla per aiutarci quando l'Esercito del Mahdi era arrivato per cacciarci", dice Bassem Mahmud, 35 anni, padre di due figli, parlando fuori dalla sua casa di Hurriya con accanto la madre. "Hanno detto che temevano di essere uccisi se avessero cercato di aiutarci".

Omar al-Jiburi, un tassista padre di tre figli, dice che i suoi vicini sciiti nel distretto di Dora, nella parte ovest di Baghdad, lo hanno aiutato a riparare la sua abitazione danneggiata, quando è tornato, un mese fa.

"Per una settimana intera dopo il nostro ritorno ci hanno dato da mangiare", dice.


(Traduzione di Ornella Sangiovanni)