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Il silenzio sulla tragedia dei tamil

di Arundhati Roy - 21/04/2009

       
 

Il conflitto fra minoranza Tamil e maggioranza singalese (buddhista), nello stato-isola dello Sri Lanka, ha origine negli anni ottanta. La famosa scrittrice indiana Arundhati Roy denuncia, sulle pagine del principale quotidiano indiano, il silenzio attorno alla nuova offensiva razzista del governo dello Sri Lanka contro la popolazione Tamil. Con la scusa della “lotta al terrorismo”, si starebbe compiendo, secondo Arundhati Roy, un vero e proprio genocidio contro la popolazione civile.

L’orrore che si sta consumando in Sri Lanka è reso possibile dal silenzio che lo circonda. I mezzi d’informazione indiani e la stampa internazionale non ne parlano. E la ragione di questo silenzio è molto preoccupante. Dalle informazioni che riescono a filtrare sembra che il governo stia usando la propaganda della “guerra al terrorismo” come scusa per smantellare ogni parvenza di democrazia nel paese e commettere crimini orribili contro il popolo tamil. Partendo dal principio che ogni tamil è un terrorista, aree civili, ospedali e rifugi vengono bombardati e trasformati in zone di guerra. I civili presi in trappola sono più di 200mila. L’esercito avanza, armato di carri armati e aerei. Intanto, nei distretti di Vavuniya e Mannar sono stati istituiti dei “centri di accoglienza” per i tamil sfollati. Secondo il quotidiano britannico “The Daily Telegraph”, si tratta di “centri di contenimento obbligatori per i civili che fuggono dai combattimenti”. È un eufemismo per campi di concentramento? “Qualche mese fa il governo ha cominciato a censire i tamil di Colombo con il pretesto che potevano rappresentare una minaccia alla sicurezza”, ha detto al “Daily Telegraph” l’ex ministro degli esteri Mangala Samaraweera. “Ma il censimento potrebbe essere usato per altri scopi, come fecero i nazisti negli anni trenta”. Secondo le Nazioni Unite, migliaia di persone sono già state uccise o gravemente ferite. Le poche testimonianze trapelate descrivono un inferno. In Sri Lanka è in corso una guerra spudorata e apertamente razzista, che viene nascosta all’opinione pubblica. L’impunità con cui il governo può commettere questi crimini è la dimostrazione concreta di un radicato pregiudizio razzista, lo stesso che ha causato l’emarginazione e l’alienazione dei tamil del paese. Questo razzismo ha una lunga storia di ostracismo sociale, blocchi economici, [...] e torture. La brutalità di una guerra civile che dura da decenni, e che era cominciata come protesta pacifista e non violenta, affonda le sue radici proprio qui. Perché questo silenzio? “In Sri Lanka non ci sono mezzi d’informazione indipendenti”, spiega Mangala Samaraweera. Poi parla degli squadroni della morte e dei “sequestri con furgoni bianchi” che “paralizzano di paura” la società. I portavoce del dissenso, tra cui molti giornalisti, sono stati rapiti e assassinati.

New Delhi tace
Ci sono voci preoccupanti ma non confermate secondo cui New Delhi sta garantendo materiale e appoggio logistico al governo dello Sri Lanka. Se fosse vero, sarebbe mostruoso. E gli altri paesi? Il Pakistan? La Cina? Cosa stanno facendo per alleviare, o aggravare, la situazione? Nello stato indiano del Tamil Nadu la guerra in Sri Lanka ha acceso gli animi spingendo oltre dieci persone a immolarsi. La rabbia dell’opinione pubblica – spesso genuina, ma in parte manipolata dai politici – è diventata una questione elettorale. Nel resto dell’India, invece, regna un silenzio ingiustificabile. Tanto più se si considera che da tempo New Delhi sfrutta in modo irresponsabile il conflitto, schierandosi prima con una parte e poi con l’altra. Quelli che, come me, avrebbero dovuto far sentire la loro voce molto tempo fa non l’hanno fatto perché mancavano informazioni sulla guerra. Così, mentre il massacro continua, mentre migliaia di persone vengono rinchiuse nei campi di concentramento, mentre duecentomila esseri umani rischiano di morire di fame e sta per compiersi un genocidio, da un grande paese come l’India arriva un silenzio mortale. [...]