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L'albero del pane e la polenta: divagazioni globali

di Miguel Martinez - 13/05/2009

Grazie al sistema dei commenti, un blog ti obbliga a discorrere. Cioè a monologare o a dialogare.

Monologare - un'attività che si può fare anche in parecchi - significa lanciare cori di "evviva!" ogni volta che la nostra squadra segna un punto e urlare invece "venduto", "infiltrato" o semplicemente "verme schifoso" ogni volta che si alza una voce di opposizione.

Dialogare significa ritenere che ci si possa avvicinare di più alla verità, rivedendo continuamente le proprie idee in base a ciò che gli avversari ci fanno notare.

Per un buon dialogo, ci vuole un buon avversario: cioè una persona che sostiene  una posizione più o meno opposta alla nostra, ma si sa esprimere in maniera corretta e intelligente.

Prendo come mio avversario socratico del giorno, quindi, Lif del blog
Euro-holocaust, che è intervenuto qui ieri tra i commenti. Invece di rispondere direttamente al suo intervento, vado sul suo blog e trovo una frase breve e chiara, che può benissimo essere oggetto di una discussione interessante.

In un post
Lif scrive:
"I mille e sempre nuovi fronti aperti per le varie minoranze (dalla critica anti-colonialista al ricordo del genocidio ebraico, dai diritti degli omosessuali all'accettazione di pratiche sociali alloctone in terra europea) servono solo a sviare dalla critica fondamentale, ossia quella della struttura politico-sociale. Il sempre maggiore spazio agli stranieri e ai diversi in genere non mette in discussione l'esistente. Vladimir Luxuria e Fiona May non rappresentano un miglioramento della società, ma solo una sverniciata ipocrita."
Senza qualche premessa condivisa, non ci può essere dialogo: se Tizio dice che la Luna è tonda, e Caio gli risponde dicendo che no, il postino non è ancora passato, non si va lontano.

Qui invece esiste un concetto su cui ci troviamo d'accordo: che la critica fondamentale è quella della struttura politico-sociale.

Qualcuno sicuramente dirà, "ma lo dice solo per mascherare il suo razzismo". Questa è un'obiezione valida, quando un potente uomo politico, in grado di decidere delle nostre vite, ammanta azioni di un tipo con parole di un altro tipo.

Ma non è un'obiezione valida quando ci sono solo le parole, come in un blog: non conosco di persona Lif, ma sono sicuro che lui, come me, sia una persona priva di qualunque potere concreto. E quindi discuto delle sue parole, non di vane ipotesi sulla sua psiche.

Mi trovo parzialmente d'accordo con un altro concetto che Lif esprime: cioè che "Vladimir Luxuria e Fiona May non rappresentano un miglioramento della società, ma solo una sverniciata ipocrita."

Solo che l'intera tesi di Lif può essere rovesciata. Prendiamo un esempio.

Esistono veramente dei professionisti della chiacchiera che strillano perché una canzonetta a Sanremo racconta come sia bella la conversione di un certo Luca dall'omosessualità all'eterosessualità. E questi stessi professionisti della chiacchiera spesso accolgono tranquillamente la flessibilizzazione del lavoro o la spedizione militare in Afghanistan.
[1]

Ma è la teledisputa in sé  a "sviare dalla critica fondamentale". Non svia solo lo stipendiato dell'Arcigay, svia anche il suo compare in ozio, il cardinale dagli abiti svolazzanti che gli risponde.

In modo analogo, esaltare il vincitore Rom del Grande Fratello oppure infuriarsi perché ci sono i bambini Rom all'asilo costituiscono modi paralleli di "sviare".

Ho detto che non condivido la confusione tra "varie minoranze." Semplificando molto la storia, è l'80% della specie umana che ha subito il colonialismo - e anche di più, se tra chi ne ha subito gli effetti ci mettiamo, storicamente, gli irlandesi, gli italiani del sud o le tante altre "colonie interne" del passato. La critica anticolonialista, se fatta seriamente, costituisce quindi la storia stessa degli ultimi secoli.
[2]

Del ricordo del genocidio ebraico abbiamo parlato spesso qui: ebrei e armeni hanno ovviamente il diritto di ricordare le violenze subite, ma la metastoria dell'Olocausto non è un discorso di minoranza, bensì costituisce oggi il mito  fondante dell'Occidente.

L'emancipazione delle persone di orientamento omosessuale è strettamente legata a un sistema economico che non si basa più sulle strutture collettive - familiari e non - ma sul consumo individuale.
[3]

Infine, per quanto riguarda le presunte pratiche sociali alloctone... quelle che ci sono, sono semplicemente modi di vivere che seguono i loro portatori. Che, ricordiamo, sono il motore di quel che resta dell'economia italiana. In buona parte le "pratiche alloctone" si perdono presto e non vengono certamente mai imposte agli altri. Basta porsi la domanda, è più probabile che mia figlia porti il hijab a vent'anni, o che la figlia di Rashid, operaio di fonderia, porti la minigonna alla stessa età?

Lif però si contraddice, affermando invece qualcosa che condivido in pieno: "Il sempre maggiore spazio agli stranieri e ai diversi in genere non mette in discussione l'esistente." Il "buon musulmano" che appare in televisione per dire qualunque banalità insulsa possa piacere al pubblico non sta islamizzando l'Occidente; sta occidentalizzando l'Islam. E così il vincitore Rom del Grande Fratello, chiamato con
teleintimità "Ferdi":
"Ferdi era perfetto se si voleva rappresentare il caso umano e pietoso e nello stesso tempo non rompere i tabù dei luoghi comuni e del pregiudizio. Lui, il bambino vittima ma riscattato, diventato un buon cittadino italiano, i suoi genitori, i rom rappresentano invece faccia cattiva del popolo rom, quella dell’immaginario collettivo, della propaganda leghista, per la quale tutti rom sono ladri, sfruttatori dei figli e ladri dei bambini altrui."
Ben più incisive sono altre pratiche alloctone: l'italiano medio non ha avuto bisogno di incontrare un solo marocchino, per arrivare a vivere in maniera praticamente indistinguibile dal resto del ceto medio globalizzato. Abbigliamento, abitazione, alimentazione, arredi... già con la prima lettera dell'alfabeto, la vita a Paderno Dugnano diventa quasi identica alla vita a Rio de Janeiro.

E non è una storia nuova. Pratiche alloctone sono il consumo della polenta a base di mais, della pizza al pomodoro, dello zucchero e del caffè. Perché la globalizzazione è un fatto, non della fine del Novecento, ma della fine del Quattrocento.

Passiamo così dai ragionamenti a raccontare tre aneddoti.

Bernardo de Balbuena era il figlio illegittimo di un indio messicano con proprietà in Spagna e in Messico e di una donna spagnola: e già in questa coppia, troviamo qualcosa che ci fa rivedere qualche luogo comune.

Nel 1604, Balbuena scrive nel suo poema epico, La grandeza mexicana:
"Con il Perù, le Molucche e la Cina,
la Persia, la Scizia, la Mauria
e altri popoli, vicini o lontani,
con la Francia, l'Italia e i suoi tesori,
con l'Egitto, il Grande Cairo e la Siria,
la Taprobane e il Chersoneso d'Oro,
con la Spagna, la Berberia,
l'Asia, l'Etiopia, l'Africa, la Guinea,
la Gran Bretagna, la Grecia, le Fiandre e la Turchia,
con tutti costoro [il Messico] commercia e corrisponde".
E in quel mondo, dice Balbuena, sorgono:
"Uomini e donne
di colori e di mestieri diversi
differenti per lingua e origine
intenzioni, scopi e desideri,
e talvolta credenze e opinioni."

Oppure, meno poeticamente. Grazie al cinema già globale da un secolo, conosciamo tutti l'ammutinamento del Bounty. Ma forse non tutti sappiamo perché la nave salpò dall'Inghilterra, finendo la sua carriera nel Pacifico.

Joseph Banks, botanico inglese che era stato nel Pacifico con il capitano Cook, dirigeva un luogo eminentemente politico: i giardini botanici reali di Kew.

Da lì, cercò di gestire la globalizzazione delle piante, facendo seminare cactus e oppio in India e caffè in Australia, con esiti - per fortuna - in genere fallimentari.

Nel 1787, mandò il capitano William Bligh sulla nave Bounty. Dall'Inghilterra a Tahiti, per procurare gli alberi del pane.

Alberi del pane da portare e piantare nei Caraibi, come alimentazione a poco prezzo per gli schiavi - trascinati in altre navi dall'Africa
[4] - che producevano lo zucchero (canna da zucchero, produzione un tempo araba): il principale prodotto, allora, di tutto l'impero globale britannico.

Ultimo aneddoto.

Abbiamo già parlato qui e qui della campagna per impedire la costruzione di una moschea a Colonia, in Germania.

La campagna è stata lanciata da un movimento che si chiama Bürgerbewegung pro Köln (movimento dei cittadini pro-Colonia), che si è recentemente allargato diventando pro-NRW (Bürgerbewegung pro Nordrhein-Westfalen, il nome della regione).

A quest'ultimo movimento ha recentemente aderito un ricchissimo imprenditore edile, il novantenne Günther Kissel. I soldi per contestare altre moschee non gli mancheranno, visto che l'impresa di Günther Kissel ha da poco incassato 3,2 milioni di euro dall'Unione Europea e dalla regione per la
costruzione della moschea Merkez (gestita da un'agenzia dello stato turco) nel quartiere di Marxloh a Duisburg.

Note:

[1] In realtà, sono buoni tutti a criticare la flessibilizzazione del lavoro o la povertà nel mondo, è come lamentarsi del tempo. Mentre criticare la spedizione in Afghanistan significa citare i nomi e i cognomi di chi l'ha voluta.

[2] Un'altra questione è la natura romanzesca di certe narrazioni che servono per giustificare il presente: i neri tutti fratelli che vengono dall'antico Egitto, le fantasie sulle glorie passate degli indoeuropei, il regno immaginario di Salomone, i nativi americani sentimentali ed ecologisti...

[3] Pim Fortuyn e mille altri ci dimostrano l'ovvio: che in una società in cui i diritti di chi nasce omosessuale non vengono contestati, gli omosessuali possono diventare carogne come tutti.

[4] Introduzione al calcolo mercantile: costava di meno comprare uno schiavo nuovo, che allevarlo; per cui le schiave venivano fatte abortire (altroché "invenzione della cultura della morte di Pannella"). Con l'abolizione della tratta nel 1807, i proprietari incoraggiavano le loro schiave, invece, a sposarsi per produrre nuova manodopera.