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Il mondo come volontà e rappresentazione: Arthur Schopenhauer

di Dagoberto Husayn Bellucci - 21/05/2009

 



« La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia,
passando per l'intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia. »

 

Una ricognizione analitica sui grandi pensatori del passato europeo impone un inizio 'magistrale' attraverso la rilettura e uno 'spaccato' della filosofia introspettiva di uno dei massimi filosofi tedeschi dell'Ottocento: Arthur Schopenhauer. Pur non 'disponendo' della 'sufficienti' "basi" (...'occorre' ovviamente la 'laurea' per la 'percezione' rovesciata'  dei deambulanti della società contemporanea di massa ...) "necessarie" per un'analisi organica del pensiero di questo gigante della filosofia e sostanzialmente , da sempre, poco 'inclini' a provar 'rispetto' verso il pensiero filosofico in generale - la filosofia di vita d'altronde ha inequivocabilmente 'attirato' da sempre maggiormente la nostra attenzione rispetto a quella 'scarabocchiata' dai 'pensatori' di ogni epoca e di ogni tempo - e rimarcando una nostra accidiosa idiosincrasia nei confronti di tutto ciò che non ha un assoluto rilievo 'politico' possiamo sicuramente ''tentare' anche un prioritario esame , più o meno 'accurato', delle basi del pensiero schopenhaueriano.

 Nato a Danzica il 22 febbraio 1788 Schopenhauer sarà un'osservatore attento, seppur distaccato e disincantato (...come , in fondo,  dargli 'torto'...), delle vicissitudini della sua epoca e dei comportamenti umani verso i quali non nutrirà particolari dimostrazioni di attaccamento ritirandosi, ben presto, a vita privata, rifiutando la mondanità (lui figlio di un ricco mercante e di una scrittrice) e i contatti umani e aumentando progressivamente una vita di solitudine nella quiete berlinese (dove si trasferirà nel 1811 al termine degli studi terminati a Weimar) prima di raggiungere Francoforte sul Meno dove confermerà abbondantemente la fama di irriducibile misantropo fra i suoi simili preferendo lunghe passeggiate e solitarie letture ai 'salotti' mondani e circondandosi di pochi intimi fra i quali figurerà anche il compositore Richard Wagner.

'Indiscutibilmente' Schopenhauer ci 'piace'....questa alterità aristocratica di un sapere 'coltivato' e centellinato - 'dosato' anche nelle poche, ma fondamentali, opere pubblicate (...'inutile' produrre quantità 'spasmodiche' di pensieri che 'accumulano' solamente 'carta-straccia' da ardere...) - 'riflette' uno 'stile' ed un temperamento dell'uomo di razza di un'epoca andata definitivamente perduta... Altri uomini e altri tempi..

Acuto rappresentatore di un'epoca in trasformazione pur disinteressandosi degli avvenimenti politici che di lì a qualche anno avrebbero scosso i principali stati tedeschi Schopenahuer frequenterà corsi di fisica,matematica,chimica,magnetismo,anatomia e fisiologia prima di laurearsi a Jena nel 1813 con una tesi "Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente" premessa all'elaborazione e alla pubblicazione, sette anni più tardi, della sua opera più importante "Il mondo come volontà e rappresentazione" che avrà scarsissimo successo tra i suoi contemporanei e verrà valorizzata solamente un ventennio più tardi.

E' questo uno dei periodi di maggior interesse e di intenso lavoro per Schopenhauer che, oltre a frequentare la galleria d'arte e la biblioteca di Dresda dove si era nel frattempo trasferito dal 1814, comincerà letteralmente a divorare una serie di classici latini (Virgilio, Orazio e Seneca), di classici dell'epoca rinascimentale italiana (studiandosi Macchiavelli)  di quelli della letteratura tedesca e , più vastamente, della filosofia di ogni epoca riscoprendo Aristotele, Giordano Bruno, Bacone, Hobbes, Locke, Hume e ovviamente Platone e l'arci-odiato Kant.

Nel 1839 Schopenhauer vincerà un concorso indetto dalla Società delle Scienze di Oslo in Norvegia con un trattato "Sulla libertà del volere umano".  Dopo una brevissima parentesi come docente universitario a Berlino, dalla quale fuggirà nel 1831 quando in città scoppierà il colera, dal 1833 deciderà di fermarsi a Francoforte sul Meno dove continuerà una vita di solitudine, rimanendo sempre celibe e dove si spegnerà il 21 settembre 1860 all'età di 72 anni. La sua affermazione arriverà in tarda età, nel 1851, con il volume "Parerga e paralipomena" che - almeno nelle intenzione dell'autore - doveva rappresentare una continuazione ed un completamento de "Il mondo come volontà e rappresentazione" ma che fu accolto dalla critica dell'epoca come un'opera a sè e valse almeno a far conoscere le opere precedenti ad un più vasto pubblico.


Tra le sue opere principali si ricordano la traduzione tedesca dello spagnolo "Oràculo manual y arte de prudencia" di Graciàn (proposto all'editore Brockhaus nel 1828 ma apparsa postuma), "Sulla vista e i colori" (titolo originale: "Über das Sehen und die Farben") del 1816,  "Il mondo come volontà e rappresentazione" (titolo originale: "Die Welt als Wille und Vorstellung") pubblicato tra il 1818 e il 1819  e con un secondo volume al quale Schopenhauer si dedicherà venticinque anni più tardi e che sarà pubblicato nel 1844,  "Sul volere nella natura" (titolo originale: "Über den Willen in der Natur") del 1836,  "Sulla libertà del volere umano" (titolo originale: "Über die Freiheit des menschlichen Willens") pubblicato tre anni più tardi e infine come già ricordato il trattato "Sul fondamento della morale" (titolo originale: "Über die Grundlage der Moral") del 1840 al quale seguirà  "Parerga e paralipomena" (titolo originale: "Parerga und Paralipomena") nel 1851 ultimo lavoro del filosofo di Danzica.

 Usciranno invece posti i trattati su "L'arte di ottenere ragione", "L'arte di invecchiare", "L'arte di trattare le donne", "L'arte di insultare", "L'arte di conoscere se stessi", "L'arte di essere felici" e  "L'arte di farsi rispettare".

 

 

 


Premesso che non serva alcuna "arte" per insultare le donne (...bastano e 'avanzano' da 'sole'...) e che , dovendo 'scegliere', riteniamo più 'conforme' procurar loro piaceri carnali o , tutt'al più...quando 'costretti' dagli eventi, divertircisi a vederle arrabbiate (...se soffrono poi il 'piacere' diventa un accidiosa forma di 'sport' ancor più remunerativa sul piano caratteriale...) dobbiamo considerare l'influenza esercitata, negli anni precedenti la pubblicazione del capovaloro di Schopenhauer ("Il mondo come volontà e rappresentazione"), sul filosofo di Danzica dall'eredità illuministica e dalla sovrastruttura ideale ereditata dalla tradizione settecentesca dei philosophes francesi che ci danno l'immagine di un giovane intellettuale romantico il quale , consapevolmente, riesce ad associare l'entusiasmo per la letteratura classica e contemporanea con letture e testi fondamentali per una preliminare indagine su quello che resterà per anni il soggetto centrale della produzione letteraria di Schopenhauer e attorno al quale argomenterà la sua opera più importante: il corpo umano e le sue leggi.

In questo periodo di formazione epistemologica Schopenhauer scoprirà la fisiologia di Bichat, l'anti-evoluzionismo di Linneo, l'idea dell'organismo come macchina proposta da La Mettrie, le interpretazioni fissiste di Condillac sull'uomo-statua e la vertigine della materia di D'Holbac con la sua idea di estraneità ipotetica rispetto all'idea centrale di un Dio creatore.

Tra le principali ricognizioni d'analisi compiute in quel periodo , e negli anni successivi, da Schopenhauer impossibile non accennare al piacere dell'estetica che secondo il filosofo di Danzica assume una centralità per l'essere umano superiore a qualunque altra: l'arte come momento di 'rapimento' e ascesi 'mistica' indipendente dalla volontà. L'esperienza estetica che riesce a cogliere il bello è essenzialmente, secondo Schopenhauer, tra le massime 'rivelazioni' per un individuo che saprà interpretare nell'oggetto della sua ricerca l'ideale platonico che esso rappresenta. Il soggetto di questa esperienza è la scoperta della bellezza, la conoscenza come strumento della volontà umana ed insieme , una volontà depurato da questa, pura intelligenza senza scopi.

Le forme elementari di conoscenza, l'istinto percettivo che guida l'uomo verso la ricerca estetica e le scienze che ne sono gli strumenti indispensabili hanno tutti identici obiettivi: non si chiedono cosa siano le cose in sè ma cosa esse rappresentino per noi. E' per questo motivo che , secondo Schopenhauer, il progresso scientifico non può modificare la natura intrinseca dell'uomo: la scienza viene dunque avvertita come un mito dell'uomo volgare e la ragione calcolatrice viene condannata dal filosofo di Danzica. Non sarà una condanna senza appello ma un ammonimento che Schopenhauer farà ai suoi contemporanei e che lascerà in eredità per le generazioni future. La critica alla ragione pura del filosofo di Danzica è destinata a 'riordinare' i rapporti esistenti tra volontà umana e pensiero razionale da un lato, percezione individuale e scienza dall'altro lato: la critica di Schopenhauer è rivolta dunque alla pretesa 'scientifico-razionalista' di cambiare la natura umana.
Utilizziamo il termine "macchina" , che in greco antico significa "astuzia", senza renderci conto che de facto già l'essere umano è , di per sè, la macchina della sua volontà. Il conoscere dunque è sempre inficiato dall'interesse che è mosso dalla volontà.
In questa concezione schopenhaueriana si riconoscono tratti di scuole antiche che ,  già all'epoca degli studi filosofici e psicologici dei greci e degli egizi furono ampiamente evidenziati , riconoscevano come gli individui siano quasi tutti delle maschere. Nel rapporto 'antico' tra maschera e volto (lo specchio infranto dell'Io individuale) l'essere umano cela sempre la sua vera natura dietro ai propri particolari ed egoistici interessi. Le maschere rappresenterebbero dunque le concezioni che qualunque soggetto umano avrebbe in qualsiasi campo dello scibile (politica, arte, storia, economia, religione ecc). E tanto più radicate sono le idee o visioni del mondo di un individuo quanto più efficacemente le utilizziamo per nasconderci agli altri e per occultarle anche a noi stessi.
In realtà occorre considerare , secondo quanto Schopenhauer evidenzierà, come siano le circostanze del proprio tempo, della propria società e dei contemporanei di un individuo a formarne le idee. Sarà per questo motivo che il filosofo di Danzica sentenzierà (... lucidamente ...) che «Discorsi o idee intelligenti si possono esporre soltanto a una società intelligente; nella comune invece riescono odiosi poiché per piacere a questa è assolutamente necessario essere superficiali e di cervello limitato.»
Schopenhauer per esempio chiarisce quale sia la sua 'terza via' della propria filosofia , equidistante in egual misura tanto dall'idealismo quanto dal materialismo, sottolineando come nella sua concezione le scienze naturali siano consustanziali al proprio sistema. La fisica dei fenomeni che compie un'investigazione sulle cause e gli effetti viene risolta dal filosofo di Danzica nella categoria della causalità, che è - de facto - l'unica che Schopenhauer salverà fra quelle proposte dal Kant.
Ricollegandosi alla critica kantiana e ad alcune tesi già presenti in una sua prima opera ("La quadruplice radice del principio di ragion sufficiente") Schopenhauer cerca ne "Il mondo come volontà e rappresentazione" di enucleare una metafisica assai prossima ai principi della filosofia molto più di quanto non fosse quella elaborata dai maestri dell'idealismo settecentesco (in particolar modo dal Fichte e da Hegel).

L'opera è divisa in quattro libri: il primo tratta del mondo come rappresentazione (fenomeno); il secondo espone i gradi e le forme di manifestazione della volontà nella natura; il terzo è dedicato alla teoria dell'arte e il quarto, che riprende i temi dei precedenti, svolge i problemi della morale e della filosofia della religione. Nella seconda edizione (1844) fu aggiunto un secondo volume, nel quale, in paragrafi corrispondenti a quelli del primo, l'autore completa e svolge in molti punti il suo pensiero.  Nel primo volume l'autore afferma che il mondo consta unicamente di sensazioni, modificazioni del soggetto senziante, alle quali l'intelletto aggiunge immediatamente - come rappresentazione - le forme di tempo, spazio e causalità che esistono preliminarmente formate nella facoltà conoscitiva dei singoli e che non possono avere alcun fondamento nell'esperienza sensibile alla quale sono unite esclusivamente da un atto involontario e incosciente del pensiero umano. Il mondo che sorge è quindi di per sè un fenomeno, è la rappresentazione. Qualora si pretendesse di risalire ad esso ci troveremmo nell'impossibilità di giungervi con le categorie intellettuali di spazio, tempo e casualità che possono aver valore solo ed esclusivamente nell'ordine fenomenico delle cose.
Schopenhauer afferma che la cosa non deve essere ricercata esternamente ma , al contrario, in ciò che vi è di più intimo, occulto ed apparentemente impercettibile, e che ritroviamo alla radice , in profondità , dell'esistenza  umana ovvero la volontà ("Wille") intesa non come valore razionale ("Wolle") ma come una 'tendenza', anche 'tentazione', cieca , impulsiva, non cosciente e indiscutibilmente 'agitata' da pulsioni, desideri e bisogni. Questa volontà secondo Schopenhauer sarebbe identica nell'uomo come nelle cose e, mentre negli individui si agiterebbe come volontà dando così origine e sviluppando la coscienza e la scienza con i suoi strumenti, nella natura essa si muove come pura forza casuale. Tale 'tendenza' inconscia viene definita dal filosofo di Danzica come "volontà di vivere" , strumento inconsapevole di auto-conservazione e la sua identità risulterebbe essere la base dell'identità personale di ogni singolo individuo. Una volontà che si manifesta esteriormente ed in modo dirompente in natura e ai cui fenomeni Schopenhauer dedica il secondo volume del suo capolavoro sostenendo che alle origini di questi stanno le idee, platonicamente concepite come modelli della realtà.

Schopenhauer afferma che il senso profondo della dottrina di Kant e di quella platonica delle idee coincidono poichè entrambe affermano che il mondo sensibile è in sè una realtà fittizia che vale solamente perchè esprime un essere vero al quale sono estranee le forme di esperienza fenomenica. La cosa in sè e le idee tuttavia non sono identiche nè potranno mai esserlo: l'idea ponendosi quale manifestazione immediata della cosa in sè , e quindi diventando rappresentazione. L'inquietudine della volontà che ha la tendenza a creare il mondo delle cose apparenti, a 'rappresentarlo' , in cui alla 'pacificazione' idealistica si contrappone invece la lotta di tutto contro tutto, l'irrazionalità, il dolore, il male. In questa ottica il pessimismo è la vera concezione del mondo che si sarebbe rivelata ai grandi artisti e ai filosofi o ai fondatori dei grandi insiemi religiosi come Cristo o il Buddha. Secondo Schopenhauer il male nasce dallo scontro metafisico fra le idee e le cose , frutto della perenne agitazione, dalla forsennata ricerca determinata dall'inquietudine della volontà. Si tratta di una battaglia 'eterna', metafisica e metastorica, secondo il filosofo di Danzica tra la ragione e gli istinti. Per 'domare' questa inquietudine e estirpare la dicotomia idee/cose (razionalità/istinto) occorre per Schopenhauer ricondurre il tutto alla sua radice: la volontà.

"Schopenhauer - scrive l'amico Eugenio Manzini (1) - è forse l'ultimo grande esponente della metafisica, quella metafisica che troverà però la redazione definitiva nel suo atto di morte soltanto con Nietzsche. La filosofia, secondo Schopenhauer, sul come il mondo esiste, e non solo sul perchè il mondo esiste. Questa ultima affermazione è relativa all'abisso stesso se qui si regge una finalità senza senso e senza scopo alcuno, che al limite può essere oggetto della ricerca dei mistici, ma che non è certo compito della filosofia di indagare. Stabilito questo presupposto , fondamentale del suo specifico abito speculativo, a noi qui interessa chiarire un punto tuttora controverso intorno all'interpretazione del suo sistema. Si è parlato da parte di Paolo Vincieri di un nesso indubbiamente complesso tra naturalismo e metafisica; nesso che lo stesso filosofo di Danzica non riuscì sempre a presentare in modo convincente...(...). Per tornare a questo punto della difficile relazione tra naturalismo e metafisica in Schopenhauer , va qui ricordato che tale aporia è riconducibile - tra gli altri è tesi sostenuta da Vasoli - al panorama culturale dell'epoca, in particolare alla questione del rapporto della filosofia tedesca con le scienze della natura. L'amicizia stessa con Goethe è un importante capitolo della vicenda morale e intellettuale di Schopenhauer. E' una questione dibattuta dalla critica , ma che risulta però importante per il nostro assunto perchè lo stesso Schopenhauer, pur non avendolo mai ammesso nei suoi scritti, contrasse però qualche debito con la filosofia della natura dell'odiato idealista Schelling. Mutuando dallo Schelling della prima maniera l'idea della centralità della natura  rispetto allo spirito, Schopenhauer opera la conversione di questo assunto con la struttura metafisica del suo capolavoro."
Siamo 'debitori' all'amico Manzini (un 'Grande' della nostra contemporaneità post-nichilista) , pensatore modenese (..."ed io, modenese volgare, a sudarmi un amore, fosse pure ancillare" 'canta' Francesco Guccini in "Bologna"... 'testo' che 'rappresenta' meravigliosamente la 'capitale' emiliana, la Parigi 'minore' dell'Emilia, verso la quale 'corrono' fugaci' ricordi di esperienze 'giovanili' ..."Però che Bohéme confortevole giocata fra casa e osterie /quando a ogni bicchiere rimbalzano le filosofie...
/Oh quanto eravamo poetici, ma senza pudore e paura/ e i vecchi "imberiaghi" sembravano la letteratura..." ...altri 'tempi' ...) e filosofo della depauperazione ultima della società rovesciata contemporanea di massa nonchè autore di fondamentali e tsunamici 'versi' poetici (..."il sionista pendeva dalla forca"...un componimento 'inarrivabile' che ha 'scandito' i 'passi' adolescenziali del nostro studio sulla e della questione 'maledetta'...); di una 'sintonica' esperienza di vita che - pur su 'sponde' diametralmente opposte (Nichilismo o Islam....'opzioni' 'sostenibili' per la fuoriuscita individuale dal 'marasma' collettivo dell'anima e dalla sovversione ultima di tutti i principii ed i valori...la 'sconsacrazione' suprema) ha 'formato' il quadro d'insieme della nostra accidiosa identità in 'bilico' tra Tradizione e Rivoluzione, adesione 'cosciente' ad una sfera spirituale di valori ed un 'bailamme' esistenzial-ideologico ... (..."Gli esistenzialisti si chiedevano nei bar... /gli esistenzialisti mi snobbavano/
perche' mi hanno visto ridere /abbracciato a te..." ci 'ricorda' Sergio Caputo nella sua "Tigre contro tigre"...anche quì..."storie di whisky andati".. trapassato 'remoto' dell'anima...).
Dunque 'anche' Schopenhauer ha avuto una sua 'influenza' ed una sua importanza nella formazione politico-culturale della nostra identità (...un 'debito' che dobbiamo - del 'resto' ne abbiamo 'tanti' sparsi qua e là... -  intellettualmente 'pagare' all'amico Manzini... "Marinai del sud" di Luraghi invece no...ancora non siamo riusciti a 'sfogliarlo' ...)...Tant'è non 'incrociamo' l'amico Manzini - ...'facile' per le vie del centro storico emiliano, 'difficile' permanendo 'spesso' a Beirut ...- da una 'vita'...poco 'male' siamo 'certi' che 'capiterà' l'occasione.
Perchè Schopenhauer? Perchè... dopo la 'ricognizione d'analisi' sul fenomeno Britney Spears e l'attenta considerazione delle dichiarazioni della Signora Eva Henger...ci stava 'bene'.

 


Note -

1 - Eugenio Manzini - "La dottina schopenhaueriana della scienza" (testo inedito);