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Nelle urne la paura dell'Islam e la mancanza dell'Europa

di Guido Ceronetti - 08/06/2009

Circa le future generazioni europee niente potrebbe importarmene di meno. Aver vissuto consapevolmente in buona parte del secolo XX vuol dire che di cucchiaiate amare se ne sono ingoiate abbastanza: tuttavia si può sempre immaginare che il prossimo futuro ne stia preparando, nella sua indecifrabile cucina, di più amare ancora. E chi vorrebbe che agli appena nati e ai nascituri nelle nostre vecchie nazioni fossero riservati cammini facili, offende scioccamente il destino umano.

Almeno, è possibile prevedere, con sollievo, che di guerre intraeuropee non se ne faranno più, e neppure di euroturche, senza per questo che il Pólemos, il Contrasto, si metta a ronfare - impensabilmente.
Scrivo questa nota in giornata ancora elettorale in Italia e altrove, e nel voto di tanti popoli diversi un significato, determinabile sotto la superficie dall’inconscio collettivo, si manifesterà nel suo profilo d’ombra, e «ivi trarrem gli auspici» se vorremo scrutarne i visceri.
La coincidenza: elezioni europee e discorso del Cairo di Obama è la prova che Pólemos non si addormenta mai. Il trionfo islamico di Obama cade in un riflesso di reazione di Europa extramediatica che è di paura. L’eco trionfalista-pacifista dei giornali non è lo stesso della gente che non ha voce, ma cui è data in mano una scheda elettorale, infimo barlume di un potere sovrano che i poteri veri e prevalenti calpestano. La scheda può esclusivamente valere da spia, senza influire su niente. Ma non è poco già arrivare ad intravedere qualcosa, nella danza del Dato.
La paura, sotterraneamente risentita dopo il nobile, generoso e non generico discorso del Cairo, è di essere abbandonati dall’America di fronte all’inflessibile procedere dell’islamizzazione europea. E questa sta avvenendo con l’attiva collaborazione della Chiesa cattolica (per motivi bioetici, per orrore dell’avanzata laicista, per inaudito disperato progetto di una futura spartizione religiosa, tra monoteismi, dell’influenza sulle anime umane: cave vaticanum). Se l’Europa (singole nazioni o ectoplasma di Strasburgo che potrà addirittura un giorno farsi corpo di sostanza) pensa di contrastare l’islamizzazione appoggiandosi ai partiti di obbedienza tacita o aperta alla Chiesa cattolica, è bene sappia che sono cadute da un pezzo le mura di Vienna e spento il fuoco greco di Lepanto: la cupola di San Pietro nasconde una colonna di sabbia. In-sha-allah...
Dagli ultimi due papi viene la consapevolezza che l’Islam è vincente. (Il papa Ratzinger si è arreso subito dopo il pallone-sonda di Ratisbona). Ci sono oscillazioni in questa certezza pessimistica, ma la determinazione politica mi pare segnata dal «salvare il salvabile». Si ripresenta la scelta tragica di Pio XII: meglio Hitler che Stalin. Per Benedetto XVI è: meglio l’Islam che il controllo delle nascite, che una Europa giacobina, che i matrimoni gay, che una sfrenata (siamo appena agli inizi) libertà e rivincita matriarcale delle donne. Se è messa in dubbio la patriarchìa, la Chiesa drizza muri e l’Islam fa guerra. (La loro alleanza non è innaturale).
Tolta qualche collaborazione tra polizie nazionali, l’Europa si è voluta finora spensieratamente disarmata. Per quale protezione sovranazionale la gente vota? Dappertutto il gigantesco euromollusco si presenta senza frontiere, di terra e di mare. Le sue navi da guerra, costosissime, munitissime, contro i pirati non sparano neppure un colpo da tirassegno! A tutto quel che è uso della forza l’Europa fa obiezione di coscienza: e senza questo uso triste non si fonda né uno Stato né, tanto meno, un Sovrastato. Chissà: forse aspettano di delegare ogni difesa armata ai Turchi, non obiettori.
Se, votanti o astenuti, gli euroelettori obbediscono a un riflesso di paura che non ha nulla a che vedere con le ossessioni inoculate dai poteri economici, vuol dire che sono tutt’altre le loro motivazioni profonde, e che la paura autentica - quella eterna dell’animale debole minacciato - non è addormentabile con prediche svianti.
In verità, gli eventi incalzano talmente, s’intrecciano così bizzarramente, che le anime tramortite o morte che andranno ad occupare quei seggi d’aria difficilmente avranno il tempo di trasformarsi in uomini e donne veri, di far sorgere in mezzo a loro un capitano Mac Whirr, l'antipatico di Tifone di Josef Conrad.