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Dall'Europa all'Italia è sempre la solita manfrina elettorale

di Giovanni Petrosillo - 08/06/2009

 

Queste ultime elezioni non hanno evidenziato grandi scossoni negli equilibri politici del Paese e nella proiezione degli stessi a livello europeo. Sostanzialmente il PDL tiene ma non travolge il partito dell’altro polo, il PD arretra, ma meno di quanto si potesse sperare, la Lega si dimostra forza in crescita e sempre più radicata al nord, il Centro galleggia, Di Pietro continua la sua “cavalcatina” populista e la sinistra radicale e radicalchic sparisce definitivamente (senza il nostro cordoglio) anche dal parlamento europeo. Al solito, c’è la poi faccenda delle astensioni in aumento che avrebbero potuto spostare l’ago della bilancia, ed è questo l’abituale spuntone al quale si aggrappano gli insoddisfatti per giustificare le previsioni sbagliate e i programmi sfumati.

In tutta Europa si registra una caduta generale dei socialisti e dei socialdemocratici che dalla Francia alla Spagna, dalla Germania all’Inghilterra (e anche all’Italia ) stanno pagando per una perdita d’identità e di coraggio sulle grandi questioni, aggravata dalla loro adesione incondizionata al capitalismo più parassitario, quello finanziario legato agli USA.

Che questa decadenza della sinistra potesse essere mascherata dalle battaglie civili alla Zapatero o dal vento riformatore che sta spirando dagli Stati Uniti grazie ad Obama, al quale le forze socialdemocratiche dicono ora di ispirarsi, era solo una pia illusione di quel popolo identitario di militanti, sempre più ridotto, che crede ancora nelle buone intenzioni dei suoi leaders.

Di fronte a problemi molto più seri che riguardano il degradamento dei livelli occupazionali, quello dei servizi pubblici essenziali, della sicurezza ecc.ecc., i socialdemocratici, quasi in nessuna parte d’Europa, hanno saputo fornire risposte alla gente ed oggi pagano lo scotto della loro inefficienza e dello loro adesione incondizionata all’Europa dei banchieri contro quella dei popoli

Certo un’Europa più conservatrice, con punte di deriva xenofoba, non ci dà una gran consolazione, soprattutto alla luce del fatto che i partiti che esprimono tali tendenze non si faranno portatori e non segneranno una inversione di rotta rispetto alle infauste politiche continentali degli ultimi tempi, ampiamente piegate ai progetti egemonici statunitensi.

Anzi, queste formazioni, ancora a parole così riottose nei confronti delle burocrazie europee e ostili all’ulteriore allargamento dell’UE (vedi il caso della Turchia o, addirittura, le proposte dell’ultradestra per ributtare fuori paesi come la Romania e la Bulgaria), sono parte integrante di un sistema corrotto e inefficiente e, laddove ancora non lo sono, come quelle di ultradestra, finiranno presto per essere sussunte dai meccanismi cooptativi del sistema politico-finanziario contro il quale hanno raccolto consensi.

Del resto, sia in Italia che negli altri paesi, le forze politiche di ogni colore e appartenenza non hanno nemmeno tentato di alzare il livello del dibattito sceverando temi realmente sovranazionali, nonostante questi siano diventati urgenti e improcrastinabili a causa della crisi. Al massimo si sono sentiti i soliti "sbraitamenti" queruli contro i flussi immigratori e contro la perdita di integrità culturale che l’ingresso indiscriminato degli stranieri starebbero determinando.

Ciascuno ha preferito calcare un "orticello patrio" ben definito nella consapevolezza che al proprio elettorato nazionale di quel che accade in Europa non importa assolutamente nulla.

Infatti, dal dibattito pubblico sono mancati i grandi argomenti, quelli davvero urgenti per ridare fiato ad un’area continentale che è ormai un vaso di ceramica tra vasi di ferro (Russia ed Usa). Eppure, proprio per tali motivazioni sarebbe stato necessario investire le elezioni con proposte pragmatiche riguardanti una politica estera più autonoma, delle pratiche sulla sicurezza comune realmente coincidenti con gli interessi europei e idee utili a rilanciare i settori di punta dell'industria senza cedere ai soliti lamenti sulla necessità di preservare il libero-mercato, in ogni caso aperto e senza protezionismi di rimando. Proprio sul tema della crisi e sulle possibile vie da praticare per arginarla i governanti europei hanno inanellato un mare di banalità quale ennesima conferma della loro incompetenza a gestire la fase multipolare in pieno dispiegamento.

Infine, fanno sempre sorridere le dichiarazioni dei vari leaders italiani subito dopo il voto, a chiosa dei risultati ottenuti dal proprio partito. Quasi nessuno ammette mai la sconfitta ed anche dove essa appare non contestabile se ne attenua la portata facendo risaltare quelle potenzialità che, sebbene sfuggite in questa tornata, saranno certamente raccolte nella prossima. Tra questi i comunisti fanno ancora la figura più penosa (leggere le dichiarazioni di un Vendola) e, nonostante tutti questi calci nei denti che avrebbero dovuto tramortirli ,hanno ancora la forza di straparlare