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"Come son giuste le elezioni" (Giorgio Gaber)

di Gianfranco La Grassa - 09/06/2009



Sembra di assistere ad un vaudeville. C’è la Melandri, quella delle spassose dichiarazioni su
“San Obama”, che quasi inneggia all’ondata di “destra” in Europa (ma adesso anche le dichiarazioni
di Franceschini vanno nella stessa direzione) pur di dimostrare che Berlusconi ha perso e Franceschini
è stato un “eroico resistente”. L’unico “ingenuo” (per non dire infantile) è stato il premier che
– frenato dai suoi terrorizzati “colonnelli” – sembra aver manifestato malcontento per non aver raggiunto
i suoi “leggermente megalomani” obiettivi. E’ strano: costui parla ancora di inesistenti comunisti
e poi nemmeno tiene conto che la “sinistra” (nulla a che vedere con il comunismo) è un vero
cancro, o comunque una grave infezione, della società italiana, ormai in grado di infettare buona
parte della “destra” (solo i “finiani”? Ne dubito). D’altra parte non è certo lui, con i suoi “entusiasmi
fanciulleschi”, in grado di asportare il cancro o di disinfettare drasticamente il nostro tessuto
sociale.
Ciò premesso, non perderò che poco tempo nell’indicare alcuni dati di queste elezioni. Intanto,
pur se non mi sembra del tutto corretto, seguirò l’andazzo generale di paragonarli a quelli delle politiche
di un anno fa. Non si può prescindere dall’astensione (record in tutta Europa) che è stata da
noi circa il 15% in più che alle politiche (e del 7% rispetto alle precedenti europee). E’ pur sempre
utile ricordare chi viene maggiormente falcidiato dall’astensione; malgrado tante chiacchiere, sono
convinto che perfino la maggioranza di quei pochi che seguono il blog sono andati a votare “a sinistra”.
Quindi l’astensione massiccia rende forse più deludenti i dati sulla “destra”.
Il Pdl (37,4 contro l’odierno 35,2) perde il 2,2. La Lega (8,3 contro 10,2) guadagna l’1,9. Quindi,
l’insieme governativo (45,7 contro il 45,4) perde lo 0,3 dei voti. Ma nel 2008 il Pdl contava tra le
sue file il partito dei pensionati, il cui apporto si avvicina all’1% (si tirino quindi le somme). Al Pd
(33,2 l’anno scorso) togliamo pure i radicali (2,4) presentatisi separatamente (questa era ieri sera la
“linea Maginot” dell’“aquila” Melandri, coadiuvata da Fassino, incazzato come non mai, da Fioroni,
ecc.); arriviamo al 30,8. Adesso, i “democratici” (mai nome fu più lontano dal contenuto) hanno
preso il 26,1 con perdita del 4,7. I’Idv è passata dal 4,4 al 7,9, guadagnando il 3,5. Complessivamente,
quindi, l’opposizione ha perso l’1,2%. Tralascio l’Udc (0,9 di aumento), che non va sommata
a nessuno (per il momento). Resta la sinistra “radicale” che ha in fondo, lasciando stare la rappresentanza
parlamentare, recuperato un 3% se non vado errato1.
Non a caso, ieri i “poveri democratici” non sapevano bene come lanciare qualche esca all’Idv e
pure all’appena nominata sinistra ormai “extraparlamentare” (il passato non passa mai in questa Italietta).
D’altronde, quest’ultima si è presentata divisa pur sapendo cosa sarebbe accaduto, dimostrando
l’assoluta inconciliabilità tra i suoi “capetti”. L’unica via che rimane loro è di contrattare
con il Pd (qualcuno magari anche con l’Idv) le piccole quote di…. “ingenui” che li votano ancora,
onde ottenere qualche misero posticino (per esempio, alle prossime elezioni regionali), degno dei
miserabili quali sono divenuti.
*****
Ho fatto simili conteggi (demenziali) perché mi fanno tornare alla giovinezza, quando nel Pci si
discuteva per settimane intorno allo “zero virgola” (o giù di lì) in più o in meno; nel primo caso, per
cantare una vittoria inesistente, nel secondo per mitigare i “musi lunghi” della “base” di fronte
all’allontanarsi (sempre inesistente) dell’avvento del “popolo” al potere. Vogliamo allora dirci, senza
tanti numeretti, che cos’è accaduto ieri? Nulla di essenziale, le solite scaramucce dei “pupi” del
“teatro della politica”, che serve a concentrare l’attenzione sui figuranti mentre i protagonisti manovrano
dietro le quinte. I due schieramenti, del finto bipolarismo italiano, sono divisi al loro interno
da paralizzanti contraddizioni. Nemmeno una cura governativa (alla Prodi, già verificata sul campo)
1 Va detto che le fonti portano a volte dati leggermente diversi; ad esempio qualcuno riportava il 35,3 per il Pdl e l’8 per
l’Idv, ecc. In ogni caso, non è rilevante.
potrebbe curare le rivalità, livori, acredini, ecc. tra Pd (e all’interno di questo stesso partito che ha
due-tre anime diverse) e Idv e “sinistri radicali”. Nemmeno l’essere attualmente al governo curerà
simili dissensi e rancori dentro il Pdl, e tra questo e la Lega; dissensi constatabili soprattutto in politica
estera, con riflessi importanti su questioni strategiche di fondo, che incideranno quindi sulla politica
interna (quali settori privilegiare, come trattare GFeID da una parte ed Eni-Enel-Finmeccanica
dall’altra, che cosa inventarsi per farsi seguire dal sedicente “ceto medio”, sempre più un contenitore
dove c’è tutto e il contrario di tutto?).
Berlusconi non ha comunque sfondato come sperava; e questo gli creerà problemi poiché, come
sostengo e sempre più mi confermo nelle mie congetture, la GFeID giocherà sostanzialmente contro
sfruttando, per il momento di soppiatto, tutti gli spezzoni di sinistra con l’aggiunta di pezzi, credo
rilevanti, della vecchia An e della Lega. La Marcegaglia – che ho avuto l’onore di sentire direttamente
all’importante riunione confindustriale tenuta il giorno delle elezioni nella terra della Lega
(cioè della piccolo-media intrapresa), una riunione più rilevante di quanto non mi fosse apparsa
all’inizio – ha detto che, con queste elezioni, “è finita la ricreazione”. La GFeID, secondo me, l’ha
finita da un pezzo, ma aspetta tutto ciò che possa indebolire quel piccolo gruppo che sta attorno al
premier, nella speranza di saldare un’alleanza tra piccolo-media industria e GFeID contro i settori
portanti di una nostra possibile maggiore autonomia nei confronti dei (pre)potenti, ed oggi serpenteschi,
Usa di Obama; settori che potrebbero invece dar vita a più consistenti aperture verso le potenze
in crescita “ad est”, vero nostro polmone per resistere nel modo migliore alla crisi (che forse non
sarà tanto simile al 1929-33 quanto al periodo 1873-96).
Questa “battuta d’arresto”, chiamiamola così, di Berlusconi (ecco perché lui “smaniava” e sperava
in un balzo, impossibile, del consenso) gioca a favore della GFeID (appoggiata, subdolamente
ma con decisione, dall’organo confindustriale), che vuole spostare l’asse della politica estera sempre
più verso gli Usa della “nuova strategia furbesca”; proprio perché tale politica estera, se indebolisse
i nostri settori di punta (Eni in testa), muterebbe ulteriormente i rapporti di forza interni a favore
dei parassiti della finanza e del metalmeccanico. Ricordo per l’ennesima volta l’identità di tale
fronte reazionario: la GFeID, cioè la Fiat con il metalmeccanico e le banche tipo Unicredit e Intesa,
legate alla Goldman Sachs & C. e al ministro obamiano Geithner, “amico” della finanza americana
e dunque di quella “weimariana” italo-europea, serva della precedente.
Aspettiamoci di tutto e di più. Forse casini al G8, forse nuovi attacchi della magistratura, forse
nuove maldicenze, ecc. Ribadisco che i vertici confindustriali – critici “morbidi” nei confronti delle
banche, pur ergendosi di fatto a loro rappresentanti al fine di tenerle una fila indietro dopo gli sconquassi
da esse provocati, e l’irritazione acuta del ceto dei lavoratori “autonomi” e piccoloimprenditoriali
per la carenza di credito; ma su questo interessato doppiogiochismo confindustriale
torneremo in altre analisi – hanno “finito” da un pezzo “la ricreazione”; solo aspettavano queste elezioni
per vedere se potevano azzardarsi a toccare Berlusconi oppure se diveniva troppo pericoloso
il farlo. Forse riterranno che ciò sia adesso possibile, dato che il “popolo” continua a capire poco e
lo si può confondere, approfittando di avere come capo del governo un uomo che tenta di tenere i
piedi in troppe staffe; mai parla chiaro su chi veramente complotta contro di lui: non certo la sinistra
o certa stampa, puri strumenti manovrati da Usa, GFeID e settori europei dello stesso genere (soprattutto
intenzionati a ostacolare quelle nostre grandi imprese che ci consentono una politica “intelligente”
verso est e verso il mondo arabo).
*****
Dov’è la debolezza del fronte reazionario? Intanto, pur se è elemento minore, nella sua scarsa
capacità egemonica. Il ceto intellettuale ha ormai raggiunto livelli di bassezza mai attinti, credo, in
passato (ma non è che altrove, ad esempio in Francia, stiano tanto meglio). Questi “raffinati” chiacchieroni
– avete visto i nomi di quelli candidatisi con la rozza e torbida Idv? – sono continuamente
sui media e certamente, a furia di sciorinare luoghi comuni da far aggricciare la pelle, riescono a
conficcarne un certo numero nella testa delle “masse”; in ogni caso, sono però troppo “colti” (la
cultura della mera erudizione eterea ed esangue) per stabilire quella che appunto un tempo veniva
definita egemonia. Se poi ci riferiamo ai “tecnici” ed “esperti” (di economia e finanza soprattutto,
ma non solo), le loro cantonate sono state talmente grosse negli ultimi anni che credo siano ancora
più distanti e inascoltati dal “popolo”.
Se uno presenzia, ad esempio, alle conferenze dei catastrofisti (ambientalisti e simili), può avere
l’impressione di un grande ascolto, di un pubblico folto; poi si rende conto che l’impressione, più in
piccolo, è la stessa di quella delle “masse oceaniche” che riempiono una piazza dove parla il “capobanda”
di turno, ma che sono nulla in confronto alla stragrande maggioranza di una popolazione.
Osservate poi bene l’estrazione sociale e la “cultura” di queste persone: insegnanti, donne di mezza
età sfiorite che hanno letto i “quattro romanzetti” alla moda oggi, fasulli delle più svariate professioni
pressoché “improduttive” (nel senso di largamente anche inutili), pur essi però “semicolti” in
libera uscita dalla visita a qualche mostra d’arte, dall’aver fatto qualche viaggio “nel mondo”, dalla
partecipazione a qualche party o cocktail, ecc.
Le elezioni europee hanno fatto il pieno di astensioni. Non esaltiamoci troppo (anzi per nulla), e
tuttavia prendiamolo come segnale tutto sommato positivo: c’è stanchezza e sfiducia verso questa
UE di sole burocrazie inefficienti, ingombranti, largamente inutili, anzi fortemente dannose. Sono
crollati i socialisti; il loro posto è stato preso, solo assai parzialmente, dai verdi. Non ho alcuna simpatia
verso questi ultimi, ma essi non hanno le stesse tradizioni storiche e politiche di partiti che erano
ben strutturati e robusti. Mi sembra evidente che l’elettorato verde sia quello che prima votava
“socialista”. Non emetto al momento alcun giudizio definitivo; tuttavia, la sensazione è che si tratti
di un elettorato composto da quelli cui ho appena sopra accennato, prodotto – come il nostro Pd – di
un processo degenerativo giunto a dissolvere ogni effettiva identità, dando vita (quella degli zombi)
al vuoto assoluto della politica progettuale, alla somma insipienza nel cogliere i reali problemi di un
sistema economico e sociale complesso e in grado di modernizzarsi.
Infine, in controcorrente, do un giudizio positivo del successo di liste cosiddette razziste e xenofobe,
in realtà più ancora “euroscettiche”; termine gentile per dire che la UE fa loro proprio schifo.
Non si tratta certamente di cedere ad alcuna forma di razzismo o di “caccia al diverso”; meno che
mai mi piace l’odio anti-islamico di tali forze politiche1. Non valuterei però soltanto questo loro aspetto.
Quelle liste, lo riconoscono tutti, sono state votate da ceti prettamente popolari, a reddito più
basso, con i lavori più pesanti e ingrati (questo è pure, almeno in buona parte, l’elettorato della Lega,
anch’essa “negativa” quanto a razzismo, ecc.). Potrei mettermi a discettare, sociologicamente,
sulla paura per il posto di lavoro, per la sicurezza, per le proprie (pretese) “radici culturali” (piuttosto
“sradicate” oggi).
No, non è questo che m’interessa. Non credo nemmeno che simili partiti, mi sembra senza storia,
dureranno molto. In ogni caso, nemmeno questo è il problema. Siamo finalmente in presenza di
“qualcosa” di politicamente molto scorretto. Io faccio analisi e le scrivo secondo modalità tali che
ovviamente esse non sarebbero colte dagli elettori di quelle liste. Non importa; ci penseranno eventualmente
altri a fare la “traduzione”. Siamo in un momento in cui la cosa peggiore è la “raffinatezza”
culturale; abbiamo visto dove approda (a Di Pietro, personaggio invero raffinatissimo). Allora,
abbiamo bisogno di un bel po’ di “barbari”, che spazzino via questa marmaglia ormai esausta, sbiadita,
spompata, con l’occhio rivolto nemmeno al ‘900, forse nemmeno all’800; semplicemente al
vuoto ormai “assoluto” di tradizione e identità.
1 Colgo l’occasione per rivelare che ciò che ieri mi è piaciuto di meno è il risultato delle elezioni in Libano, che segnano
un passo indietro per quanto concerne la lotta agli Usa in quella zona. Tuttavia, non mi strapperei i capelli; malgrado
tutto, non sono i voti a contare veramente, ma i rapporti di forza che andranno stabilendosi via via nella nuova epoca di
multipolarismo. Su questo punto starei molto attento perché certamente nell’area mediorientale le difficoltà di una contrapposizione
alla supremazia statunitense si stanno accrescendo (lo sgradevole evolversi delle vicende in Irak ne è la
spia).
Non se ne può più del politically correct, del “buonismo” (veltroniamo, anche se non c’è più
Veltroni). Nemmeno sopportiamo più gli uomini con belle scarpe e barca a vela. Li vogliamo trattati
proprio assai “sgarbatamente” (un evidente eufemismo). Manteniamo la nostra razionalità; cerchiamo
di spiegare – non però per manifestare buoni sentimenti, sempre più invece per far capire i
veri interessi di noi europei – qual è in realtà la posta in gioco: l’affrancamento dalla potestà degli
Usa di Obama. Tuttavia, non disprezziamo fin da subito un atteggiamento che va contro ogni “buon
sentimento” considerato “giusto e corretto”. Vogliamo intanto la cattiveria, la grossolanità. Non però
quella degli scriteriati di “sinistra”; a questi auguro anzi di andare incontro a reazioni violente a
loro contrapposte. Bisogna ripulire il campo dall’immondezzaio accumulato da certa sinistra, e rimpinguato
da certa destra. Solo per questo ho scritto quello che ho scritto, ma sempre tenendo la
“barra dritta” della lotta alla supremazia americana, con tutto ciò che ne consegue sul piano interno
(GFeID, Eni e via dicendo). Avremo modo di riparlarne spesso. Ormai le idee si vanno facendo più
chiare; non per merito personale, ma della situazione via via più mefitica.
Comunque d’ora in poi, sul blog, sempre meno polemiche spicciole e sempre più analisi della situazione
con disvelamento di ciò che appare diversamente da com’è. E in campana: contro il politically
correct.