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La mattanza degli indios

di Enea Baldi - 09/06/2009

 

 
La mattanza degli indios
 


Migliaia di indigeni armati di lance e bastoni all’assalto dei poliziotti. È accaduto venerdì nella selva peruviana, uno dei giorni più sanguinosi nella storia recente del Perù. Gli scontri tra gli indios Awajun, ostili alla colonizzazione di territori sui quali vivono da tempo e la polizia peruviana, hanno provocato la morte di 41 persone, anche se i dati non sono ancora ufficiali. I feriti sono a centinaia e dopo un sequestro durato diverse ore, almeno 9 poliziotti sono ancora ufficialmente dispersi.
Le tensioni tra il governo di Lima e i manifestanti indigeni della selva amazzonica, hanno aperto un nuovo fronte di polemiche tra il Perù e la Bolivia. L’ambasciatore peruviano a La Paz, Fernando Rojas, ha criticato le affermazioni di alcuni esponenti del governo boliviano, definendole “espressioni d’ingerenza negli affari interni del Paese”. L’ambasciatore ha riferito di “dichiarazioni ufficiali, anche da parte di ministri” che hanno ricostruito “con durezza” e imprecisione i fatti di sangue occorsi nel fine settimana. Il ministro della Giustizia boliviana Celima Torrico, infatti, aveva indicato il governo peruviano del presidente Alan García come “unico responsabile” degli scontri tra polizia e rappresentanti delle comunità indigene. Da circa due mesi, i “nativi” della selva protestano contro le risoluzioni del governo di Lima su un nuovo regime di sfruttamento delle loro terre.
“Questa terra è la nostra cultura e la nostra identità, senza di lei siamo condannati allo sterminio”, ha riferito Alberto Pizango (nella foto), un dirigente dell’AIDESEP (l’Associazione dei popoli indigeni amazzonici del Perù), che denuncia le nuove leggi del governo di centrosinistra guidato da Alan García. I decreti consentono la vendita di circa il 60% della foresta amazzonica peruviana alle multinazionali, per l’estrazione di idrocarburi o la coltivazione di biocarburanti. Dall’inizio di aprile gli indigeni stanno pattugliando strade, ponti e fiumi che portano alla zona contesa, tentano in ogni modo di osteggiare le operazioni delle multinazionali del petrolio e del gas nella regione, provocando anche interruzioni dell’energia elettrica.
Gruppi industriali come PetroPerù e l’argentina Pluspetrol hanno dovuto interrompere la produzione.
Giovedì il governo di Lima aveva deciso di rimandare la discussione sulle nuove norme, mandando nel frattempo la polizia a sgomberare le strade.
E’ a quel punto che la rabbia dei contadini è esplosa: lo scontro più grave è avvenuto venerdì nella provincia di Bagua, a 700 chilometri a nord di Lima. Migliaia di indigeni Awajun si sono scontrati con la polizia, le fonti ufficiali parlano di 11 poliziotti e 3 indigeni deceduti. Varie associazioni umanitarie hanno però denunciato che i morti tra gli indigeni potrebbero arrivare ad essere almeno una cinquantina, mentre il dirigente degli indios Zebelio Kayap ha detto che nel conflitto ci sono state torture, sono stati bruciati cumuli di cadaveri e che l’esercito ha intenzionalmente impedito l’accesso ai soccorsi, così da avere il tempo necessario per fare sparire molti cadaveri. A fine giornata centinaia di indigeni hanno poi preso d’assalto una stazione petrolifera della compagnia “PetroPerù” riuscendo a fare prigionieri 38 poliziotti; sabato, in un’operazione delle forze speciali peruviane, ne sono stati liberati 22. La procura peruviana, paradossalmente, ha spiccato un mandato d’arresto proprio contro Alberto Pizango il dirigente dell’Aidesep che aveva denunciato che a Bagua “c’è stato un genocidio e la colpa è del presidente Alan García”.