Obsolescenza pianificata
di Andrea Bertaglio - 10/06/2009
Molti dei prodotti che utilizziamo quotidianamente hanno una durata molto breve. Vi siete mai chiesti il motivo? Dietro questa scadenza pianificata si nascondono delle logiche di mercato appositamente create dai geni del marketing e dell'informazione.
Molti degli elettrodomestici di nuova generazione hanno durata molto breve
Ma perché accade tutto ciò? Perché il frullatore che ho in casa, risalente agli anni cinquanta e che ho avuto in dono, o meglio, in eredità, non da una nonna, ma addirittura da una bisnonna, funziona benissimo dopo più di mezzo secolo mentre la fotocamera, acquistata l’anno scorso, non dà più segni di vita dopo che il suo “display” si è rotto semplicemente stando in una borsa e che, a parere del negoziante vicino casa, non può essere assolutamente riparata (a meno che non si vogliano spendere cifre esorbitanti), ma può solo essere sostituita in toto? (E poi ci si stupisce delle “emergenze rifiuti”!). Perché non possiamo più riparare qualcosa ma solo sostituirlo?
Le risposte sono varie e più o meno complesse, ma a parte il fatto che nella maggior parte dei casi abbiamo perso ogni capacità, anche solo di iniziativa, riguardante la riparazione degli oggetti che ci circondano (come si può poi avere la competenza di riparare una fotocamera elettronica?), i motivi principali sono dovuti al fatto che ai geni del marketing e dell’informazione far apparire ogni cosa obsoleta dopo poche settimane l’uscita sul mercato non basta più, le merci (tutte, dalla più semplice alla più tecnicamente avanzata) devono avere una scadenza programmata.
Tutte le merci presenti nel mercato devono avere una scadenza programmata
Penso (e francamente spero) che sempre più persone abbiano iniziato ad essere insofferenti a questo comportamento che arreca danni non solo all’intero villaggio globale, dai lavoratori sfruttati nei paesi in via di “sviluppo” per produrre questa merce-spazzatura ai consumatori dei paesi “sviluppati”, ma anche ovviamente all’ambiente.
Sempre più persone hanno iniziato a sentirsi profondamente infastidite dalle continue promesse di frivola felicità propinateci quotidianamente dai paladini della società dei consumi e della crescita economica (gli stessi, per intenderci, che con le loro speculazioni finanziarie e privatizzazioni selvagge ci hanno portato alla situazione attuale, al “1929 reloaded”, come lo ha definito di recente Maurizio Blondet).
Sempre più persone sentono la naturalissima esigenza di sfuggire a queste “logiche illogiche” ed a queste tensioni e frustrazioni che ne conseguono, anche se in moltissimi casi ancora non sembrano rendersene pienamente conto.
Che fare, allora? Le uniche due risposte che mi sento di poter fornire sono due:
- re-imparare gradualmente a prodursi il più possibile i propri beni (cosa che urge anche al sottoscritto).
- Smettere di comprare. Bandire il più possibile lo “shopping” dalle nostre vite.
Bandire il più possibile dalle nostre vite lo shopping è un'alternativa alla crisi
Quando dobbiamo comprare qualcosa, almeno, teniamo presente i vecchi proverbi, sempre molto validi e molto attuali, tipo quello che dice “che chi più spende, meno spende”, provando a ridare in generale più importanza alla qualità che alla quantità.
A costo di ripetermi, ribadisco che la decrescita è già iniziata in tutto l’Occidente, e sta a noi renderla felice.