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Gerusalemme Est, palestinesi costretti a demolire le proprie case

di Carlo M. Miele (a cura di) - 24/06/2009




“Volete che distruggiamo le nostre case e che in più ne paghiamo il costo?". Fatima Ghosheh si ribella. Costretta a distruggere la sua casa a Gerusalemme Est, in più deve pagarne la demolizione. “Sono venuti alle 7 del mattino per abbatterla", racconta questa madre di quattro figli. "Gli abbiamo detto che preferivamo farlo da soli. Perché ci volevano far pagare le spese", insorge. Secondo lei, il sindaco gli ha lasciato la scelta tra distruggere tutto da soli, o pagare 100mila shekel (18.250 euro) per la demolizione.

Diverse famiglie palestinesi della Città vecchia, sotto occupazione israeliana, hanno ricevuto un ordine analogo dal sindaco perché la loro casa è stata costruita o ampliata senza autorizzazione. Ma, si difende Fatima, 28 anni, "abbiamo fatto una domanda per i lavori. Il problema è che i permessi vengono sistematicamente negati ai palestinesi". "Le costruzioni senza permesso sono illegali", si giustifica la municipalità di Gerusalemme.

L'Onu afferma che 1.500 ordini di demolizione sono stati emessi a oggi a Gerusalemme Est per delle abitazioni costruite senza permesso. Secondo il portavoce del sindaco Nir Barkat, eletto nel novembre 2008, questi ordini non colpiscono solo i palestinesi, ma "tutti i residenti e le zone in maniera equa". "Di sicuro vi sono delle discriminazioni", risponde Meir Margalit, del Comitato israeliano contro la distruzione di case, una ong israeliana. "Vi è una discriminazione chiara e sistematica" da parte dei responsabili politici israeliani, afferma.

In teoria, i parametri per concedere i permessi edilizi a Gerusalemme sono gli stessi per tutti. Dipendono dal piano regolatore della zona, e i permessi vengono negati per le case poste nella zona definita "verde". Nei fatti, la maggior parte di Gerusalemme Est si trova in questa zona, contrariamente a Gerusalemme Ovest, fa notare Meir Margalit. "E’ una decisione politica. (Gli israeliani) non concedono permessi. Non dicono mai di negarli perché siete palestinesi, ma perché i permessi non possono essere concessi nella zona ‘verde’", assicura.

Nel suo Dizionario sulle demolizioni di case a Gerusalemme Est, l'ong Ir Amim (Città dei popoli) spiega che "dal 1967, il principale mezzo per bloccare le costruzioni palestinesi a Gerusalemme Est è stata la pianificazione al fine di mantenere una larga maggioranza israeliana nella città". Secondo l’ong, su 85 demolizioni ordinate dal sindaco nel 2008, 27 erano "volontarie".

Il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha criticato la politica israeliana di demolizioni di appartamenti palestinesi eretti o ampliati senza permesso, giudicandola contraria alla "Road Map", che prevede una soluzione a due Stati per mettere fine al conflitto israelo-palestinese. Secondo l’Ufficio Onu per il coordinamento degli affair umanitari (Ocha), circa 60mila palestinesi rischierebbero di perdere le loro abitazioni se tutte le costruzioni venissero abbattute. L'Ocha afferma che soltanto il 13 per cento della superficie di Gerusalemme Est è riservata alle costruzioni palestinesi, e che la politica edilizia israeliana "provoca un déficit di 1.100 appartamenti all’anno nella comunità palestinese di Gerusalemme Est".

Un abitante di Gerusalemme Est, Mohamed Taha, 67 anni, deve presentare il 1 luglio al tribunale le foto che provano che egli ha distrutto la parte della sua abitazione realizzata senza permesso. "Abbiamo chiesto un permesso edilizio, ma il sindaco ce lo ha negato" perché – accusa - "ci vogliono allontanare dalla Città vecchia”.

(Traduzione di Carlo M. Miele per Osservatorio Iraq)
Agence France Presse, 22 giugno 2009