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Il velluto stracciato

di Gianni Petrosillo - 02/07/2009

 

La rivoluzione di velluto in Iran è fallita, le proteste restano un affare per pochi scalmanati che la polizia tiene bene a bada. L’Ayatollah Rafsanjani ha chiesto ai suoi di rientrare nell’ordine e di accettare la sconfitta elettorale. Lo stesso Ayatollah dissidente ha elogiato la Guida Suprema Khamenei per come la crisi è stata gestita.

Per il presidente del parlamento Larijani le elezioni sono state un punto luminoso nella storia recente dell’Iran. L’accusa di brogli è caduta a testimonianza di quanto fosse infondata e pretestuosa.

Si ricomincia nel solco della tradizione e con la volontà di far prosperare il paese lontano dalle influenze occidentali, affidandosi all’azione governativa di Ahmadinejad.

Ma i due dissidenti, in questa nuova veste di patrioti convinti (che non convincono nessuno), si spingono oltre affermando che c’è stato un vero e proprio tentativo, messo in piedi dall’occidente, per creare una spaccatura all’interno del popolo iraniano. Dichiarazioni davvero inimmaginabili solo qualche giorno fa. Ma queste parole di facciata, tuttavia, non nascondono la bruciante sconfitta patita dalla parte pro-Usa delle autorità clericali e politiche che ora temono di essere completamente estromesse dalle cerchie statali dominanti.

Eppure, la “mafia Rafsanjani” le ha provate davvero tutte per rovesciare la Guida Suprema e il legittimo presidente, utilizzando una tecnica di destabilizzazione elaborata in ambienti strategici Usa e già collaudata in altri contesti nazionali. La Repubblica iraniana tuttavia, non è mai rimasta isolata in questa crisi, come qualcuno avrebbe voluto far credere, e tutto quello che è accaduto non farà che accelerare il processo di avvicinamento di questa alla Russia e alla Cina. Proprio questi ultimi due paesi hanno impedito, e continueranno a farlo, che la comunità internazionale comminasse delle sanzioni ingiustificate e illegittime contro la potenza mediorientale, nel momento in cui l’Europa sapeva solo appassionarsi alla fantomatica rivoluzione verde, portarice di libertà e di modernità.

 

L’articolo di Meyssan, da noi riprodotto qualche giorno fa, è un ottimo promemoria per capire il passato e riconoscere il futuro. Dopo questa esperienza, ad ogni modo, non sarà più possibile riprodurre lo stesso schema di menzogne. La ragione è semplice: il contesto geopolitico non è più quello degli anni’90, le potenze emergenti intrattengono tra loro rapporti che si consolidando e si rafforzano a detrimento dell’egemonismo unipolare americano. Quest’ultimo non può reggere all’avanzata della storia, sempre più i suoi concorrenti si riorganizzeranno erodendogli influenza e forza attrattiva, fino all’entrata in un’epoca pienamente policentrica. Dunque, la storia è nuovamente in marcia senza mai essersi fermata davvero, smentendo clamorosamente la serqua dei pensatori postmoderni che su tali previsioni azzardate ha costruito le sue fortune editoriali. Tutte le sfere sociali (da quella economica, a quella politica, a quello culturale) risentiranno di questo terremoto geopolitico, della ripresa, su basi radicali, del conflitto strategico tra aree e formazioni sociali. Il mondo sta cambiando e tra qualche anno sarà irriconoscibile. Il disorientamento è tipico di qualsiasi epoca di trapasso.

Ma anche noi abbiamo imparato qualcosa da questa vicenda, qualcosa che ci costringe a fare i conti con la nostra cultura. L’intellighenzia di sinistra e quella vetero marxista è oramai irrecuperabile, incatenata ad un pensiero vecchio e ineffettuale che non spiega più nulla della realtà capitalistica attuale. Le posizioni  favorevoli alle proteste iraniane (che qualche ardito intellettuale di questa cricca finto anticapitalista ha definito "una ripresa del sogno utopico della rivoluzione") sono solo l’ultimo tassello di una deriva ideologica senza più freni.  Con i sordi non ci può più essere dialogo; per dirla con le parole di Costanzo Preve, qualsiasi proposta di cambiamento è irricevibile se il soggetto è definitivamente irriformabile. Mettiamo quindi una pietra sul passato, teniamoci la gloria di tutto quello che questo pensiero ha realizzato e gli alti ideali che ha ispirato, ma non tardiamo ancora  ad affacciarci sul futuro.