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Hezbollah dopo le elezioni. Sempre più forte

di Franklin Lamb - 03/07/2009

                         


 

 

 

Dahiyeh.

Mentre in apparenza la coalizione filoamericana di qui ha conservato la sua maggioranza, la coalizione guidata da Hezbollah ha in realtà vinto le elezioni con uno scarto di circa il 10 per cento del voto popolare. Dei circa 1.495.000 voti delle elezioni del 7 giugno, 815.000 sono andati alla Resistenza Nazionale Libanese guidata da Hezbollah, mentre 680.000 sono andati alla coalizione governativa “14 Marzo”.

Mentre il nuovo primo ministro libanese, Saad Hariri, lavora per mettere insieme un governo di coalizione, Hezbollah in Libano è attualmente più forte di quanto sia mai stato. Il Partito è ampiamente in grado di determinare la composizione del futuro governo libanese e di insistere affinché ai suoi alleati vengano assegnati dei posti chiave, poiché preferisce tenere un basso profilo e influenzare la politica attraverso tranquille consultazioni piuttosto che attraverso minacce e dimostrazioni di forza.

Come ha spiegato un mio amico di Hezbollah: “Se Hezbollah avesse anche un unico membro presente in Parlamento, la maggioranza capirebbe che l’intera Resistenza è lì. Non ci serve essere appariscenti, piuttosto abbiamo bisogno di collaborare e di far funzionare questo nuovo governo. I nostri sostenitori ci chiedono questo”.

Il sostegno popolare a Hezbollah sembra essersi accresciuto dopo le elezioni grazie alla sua sportiva accettazione dei risultati elettorali e agli sforzi compiuti per raggiungere un’intesa con gli avversari politici, nonostante i forti sospetti che nutre verso la “Coalizione Americana”.

Questa situazione è ben esemplificata da una barzelletta che circola attualmente per Dahiyeh, un caposaldo della Resistenza dove il sostegno per la coalizione filoamericana “14 Marzo” non è certo massiccio.

Un membro di Hezbollah scrive all’ayatollah Ali Khomeini, Leader Supremo o Giureconsulto (Wali al Fiqeh) dell’Iran, che il Partito consulta spesso sulle questioni politiche e religiose.

“Caro Leader Supremo, sono uno spacciatore di crack che lavora a Beirut, recentemente diagnosticato come portatore di virus HIV. I miei genitori vivono nei bassifondi di Dahiyeh e una delle mie sorelle, che vive a Jounieh, è sposata con un travestito. Mio padre e mia madre sono recentemente stati arrestati dalle forze di sicurezza di Hezbollah per aver coltivato marijuana in giardino e ora dipendono economicamente dalle altre due mie sorelle, che fanno le prostitute a Maameltein.

“Ho due fratelli. Uno sta scontando una condanna all’ergastolo a Roumieh per l’omicidio di un minorenne nel 1994. L’altro fratello è attualmente detenuto nel carcere di Trablos con l’accusa di aver riciclato denaro sporco e di aver falsificato banconote da 100 dollari. Mi sono recentemente fidanzato con una prostituta thailandese che vive a Jiyeh e che lavora ancora part-time in un bordello.

“Il mio problema è il seguente: io amo la mia fidanzata, non vedo l’ora di presentarla alla famiglia e naturalmente vorrei essere del tutto onesto con lei.

“Pensi che dovrei dirle che mio zio ha votato per la Coalizione 14 Marzo nelle recenti elezioni libanesi?

“Firmato, un fedele preoccupato per la propria reputazione”

Hezbollah ha senso dell’umorismo e la capacità di fare dell’ironia su se stesso. Hezbollah ha fatto eleggere per la quinta volta il suo alleato, il leader di Shia Amal, Nabih Berri, alla carica politicamente influente di portavoce del Parlamento. Nel frattempo, l’alleato cristiano di Hezbollah, Michel Aoun, ha incrementato il suo voto popolare, ottenendo un maggior numero di seggi, per un totale di 27. Egli ora richiede sette posizioni ministeriali (tre in più rispetto al precedente governo) per il suo Libero Movimento Patriottico.

L’opposizione non ha bloccato la nomina di Saad Hariri a primo ministro (ha ricevuto 85 voti su 128), ma ha mandato il messaggio di volere cooperazione su problemi che rivestono particolare interesse per il partito. I suoi alleati hanno rinnovato la richiesta di rappresentanza proporzionale nel nuovo Parlamento che conta ora 128 seggi. Ci sono ora 13 formazioni politiche e 11 candidati indipendenti, molti dei quali cercano di intessere buone relazioni con Hezbollah, attenuando le lamentele preelettorali sulle armi in suo possesso. Una delle ragioni è che l’opinione pubblica libanese, che assiste ancora una volta alle provocazioni israeliane e a un assembramento militare lungo la linea blu, ha capito che finché l’esercito libanese non sarà in grado di accollarsi questo compito può far comodo avere un forte elemento di deterrenza ai progetti del governo Netanyahu.

Dopo le elezioni del 7 giugno, l’opposizione appare abbastanza unita e pronta a confrontarsi con il neonominato gruppo Lebanon First (noto in precedenza come “Gruppo 14 Marzo”). Alcuni hanno suggerito anche al “Gruppo 8 Marzo” di cambiare nome in Lebanon Always, ma Hezbollah preferisce restare fedele, almeno per ora, a questo nome legato alla Resistenza.

Alcuni militanti di Hezbollah hanno suggerito che l’opposizione dovrà decidere come relazionarsi con il nuovo governo, una decisione che potrà richiedere settimane e che forse avrà come base la richiesta di esplicita legittimazione del possesso di armi da parte di Hezbollah. Talal Arslan, druso vicino a Hezbollah e rivale di Walid Jumblatt, ha detto che l’opposizione dovrà partecipare al futuro governo come “ente unitario” o restarne fuori, sottintendendo che farà di tutto per tenere in vigore gli accordi di Doha sul “terzo d’ostruzione” [un accordo raggiunto a Doha nel 2008 che concede all’opposizione un terzo dei seggi parlamentari, così da conferirle il potere di bloccare i lavori del Parlamento, NdT].  

Anche il leader dei drusi, Walid Jumblatt, uscito un po’ indebolito dalle elezioni, ma pur sempre il più forte degli “Ziam” drusi, si mostra ora meno tiepido verso Hezbollah dopo essersi sentito “abbandonato dagli americani” lo scorso anno. L’altro giorno ha trascorso diverse ore con Hasan Nasrallah e ha dichiarato di non credere più che le armi di Hezbollah rappresentino un problema interno, mentre nelle interviste è tornato a parlare di arabismo e dei diritti dei palestinesi. Il suo staff ha suggerito che egli potrebbe anche co-sponsorizzare la legge per i rifugiati palestinesi in Libano, secondo la formula “tutti i diritti tranne la cittadinanza” fatta circolare dalla Fondazione Sabra e Chatila”.

Le relazioni del nuovo primo ministro Saad Hariri con Hezbollah fino a questo momento sono state cordiali. Si è incontrato la scorsa settimana con il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, non ha fatto pressioni per il disarmo di Hezbollah e dopo i colloqui i due hanno rilasciato una dichiarazione con cui “si impegnano a proseguire la discussione nella presente atmosfera calma e positiva e sottolineano la logica del dialogo, della cooperazione e dell’apertura”.

 

La posizione di Hezbollah dopo le elezioni in Iran

Le elezioni iraniane del 12 giugno hanno inizialmente creato una certa gioia in Israele.

Si era sperato che Israele potesse più facilmente creare un caso allo scopo di far accettare alla comunità internazionale un bombardamento israeliano sull’Iran e un incremento delle sanzioni. Netanyahu aveva insistito su questo punto nel corso della sua visita in Europa di questa settimana, cercando di convincere paesi come l’Italia, che sono tra i più importanti partner commerciali dell’Iran, a ridurre i propri legami economici.

Eyal Zisser, capo del dipartimento di Storia Mediorientale e Africana all’Università di Tel Aviv, ha espresso l’opinione che “le elezioni iraniane sono un segnale inquietante per la Siria e per Hezbollah. Più debole è il regime, meno sostegno potrà fornire a Hezbollah”.

Hezbollah non è d’accordo. In ogni caso, quali che siano i cambiamenti a lungo termine che potranno avvenire in Iran dopo le elezioni, i referenti del partito insistono a definirli più evoluzionari che rivoluzionari. Essi non credono che i recenti avvenimenti possano indebolire l’Iran militarmente e neanche che possano influire sul sostegno dell’Iran alla Palestina, espressamente previsto dalla Costituzione iraniana, o sulla sua amicizia con la Resistenza Nazionale Libanese guidata da Hezbollah.

I membri del Partito hanno espresso unanimemente l’opinione che Hezbollah si terrà lontano da ogni eventuale scontro di potere tra il gruppo Ahmadinejad/Khamenei e la fazione Mousawi/Rafsanjani; alcuni membri recentemente intervistati si aspettano che la leadership iraniana, dopo un’eventuale “reimpasto dei dicasteri e delle funzioni”, tornerà ad essere unita per il bene del suo popolo. Spiegano che Hezbollah non ha nulla a che fare con gli affari interni dell’Iran, che non prenderà posizione nelle sue questioni nazionali e che le elezioni del 12 giugno sono state una questione puramente interna.

“Ciò che accade laggiù non ha niente a che fare con la nostra situazione”, ha detto Naim Qassim ai media di Beirut il 25 giugno 2009, “noi abbiamo la nostra identità e popolarità libanese e questi eventi non ci riguardano”, aggiungendo che Hezbollah è convinto che la situazione tornerà presto alla normalità e che “la Repubblica Islamica è riuscita a sventare con successo questo complotto d’oltreoceano mirante a destabilizzare la situazione interna”.

Un’altra ragione per cui i membri di Hezbollah non credono che i risultati delle controverse elezioni iraniane possano influire sul partito o sui suoi programmi è che il sostegno a Hezbollah, e anche a gruppi sunniti come Hamas o la Jihad Islamica, è integrato nella Costituzione e nell’ideologia dell’Iran, che vede la Repubblica Islamica come un baluardo contro Egitto, Giordania e altri stati che hanno riconosciuto Israele.

Quanto all’argomento “finanziamenti”, ho appreso che l’Iran fornisce a Hezbollah molti meno aiuti di quanto riportino i media occidentali, ma che l’Iran non decurterà questa assistenza.

Le buone relazioni di Hezbollah con l’Iran esistono fin dalla nascita del Partito e da allora si sono fatte sempre più strette. Secondo Hezbollah, praticamente tutta la leadership iraniana avrebbe stretti legami col Partito. L’Iran, e in misura crescente sempre nuovi paesi della regione, e non solo, condividono gli obiettivi di Hezbollah e hanno promesso di mantenere salde le proprie relazioni e possibilmente espanderle.

Secondo Hezbollah, il coinvolgimento dell’occidente, e in particolare di Inghilterra e USA, nelle elezioni e negli affari interni dell’Iran è ormai evidente.

“Le rivolte e gli assalti nelle strade sono stati orchestrati dall’esterno nel tentativo di destabilizzare il governo islamico del paese”, afferma Qassim.

Se Hezbollah è aperto ai colloqui con i rappresentanti di tutti i governi occidentali, è probabile che tale apertura non includerà troppo presto gli Stati Uniti, anche se il Partito afferma che diversi funzionari statunitensi hanno chiesto di parlare con Hezbollah.

Questa continuerà ad essere, con ogni probabilità, la posizione di Hezbollah, almeno finché l’amministrazione Obama non eliminerà il Partito dalla lista delle “organizzazioni terroristiche”. Secondo Qassim: “E’ inutile che Hezbollah intrattenga qualunque dialogo con gli americani, visto che essi ci vedono come terroristi. Gli europei, dal canto loro, hanno un ruolo da svolgere, visto che hanno adottato un approccio differente da quello americano”.

A breve termine, sembra poco probabile che le recenti elezioni di giugno possano avere su Hezbollah qualche effetto di rilievo, tanto all’interno del nuovo governo libanese quanto sul piano internazionale.

 

dal sito Counterpunch

Traduzione di Gianluca Freda