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Il denaro e la speculazione

di Gianni Petrosillo - 06/07/2009


Se non avete mai letto L’argent di E. Zola, è questo il momento storico migliore per
farlo. Ci troverete dentro tutto: il passato, il presente e il futuro delle nostre società
capitalistiche, le ricorrenti crisi economiche e le speculazioni finanziarie, nonché i
soliti pregi e difetti degli esseri umani che sono invischiati, con le loro individualità,
in oggettivi fasci di rapporti sociali, direzionanti le azioni in un mondo che essi
controllano solo limitatamente.
Già sappiamo che le crisi e le speculazioni sono due costanti ineliminabili del
capitalismo in quanto sistema che si presenta costituito da un grande ammasso di
merci, cioè di prodotti del lavoro che si scambiano secondo una particolare forma
storica (la quale risponde, meglio ribadirlo ai più sordi che intendono il capitale come
una cosa, ad un’altrettanto storicamente specifica struttura di rapporti sociali). E
quando la merce diventa forma generale dei prodotti e base della vita sociale
(mercificando la stessa forza lavoro), il denaro assume la veste pienamente
congruente di intermediario degli scambi permettendo la realizzazione del plusvalore
contenuto nelle merci. Il denaro, nel capitalismo oramai affermatosi quale modo di
produzione dominante che s’impone a tutta la società, si autonomizza tanto da
assurgere ad elemento cardine di un’intera sfera sociale, quella finanziaria, dove esso
si valorizza secondo la nota formula marxiana D-D’; ed è in questa sfera che si
verificano i trucchi e gli imbrogli più impensabili, da parte di agenti che con questo
hanno a che fare. Tuttavia, è inutile credere che il capitalismo possa vivere senza la
finanza e i suoi eccessi. Questa, in alcuni casi (congiunture economiche di crisi che
annunciano mutamenti nei rapporti di forza a livello politico) distorce la realtà tanto
da perdere ogni contatto con la sfera produttiva ma resta sempre fondamentale per
attivare gli scambi, gli investimenti, l’innovazione e…la potenza. Tutto ciò dovrebbe
essere abbastanza alla nostra portata, come, del resto, pare lo fosse anche a quella di
Zola, il quale maneggiava disinvoltamente la teoria di Marx (1) e la scienza
finanziaria.
Il libro di Zola narra di una colossale speculazione finanziaria nella Francia del
Secondo Impero che sembra esser stata scritta appena ieri sera. I personaggi di questa
storia, quali banchieri, agenti di cambio, azionisti, eserciti di speculatori senza
scrupoli e poveri risparmiatori gabbati, politici troppo scaltri e giornalisti
compiacenti ecc. ecc. sono gli stessi dei nostri tempi. Sembra che Zola si sia ispirato,
per la stesura di questo romanzo, ad una vera speculazione avvenuta tra il 1881 e il
1882 sospinta, neanche a dirlo, da un Rothschild.
Considerato che oggi vorrei proporvi un articolo pubblicato su Libero, relativo al
tentativo del governo tedesco di ripiazzare sul mercato azionario i titoli tossici di
aziende già fallite (pronti ad essere ben bene infiocchettati per la gioia dei soliti ignari
risparmiatori), mi sembra che qualche citazione dal testo di Zola cada proprio a
puntino. In quello che leggerete troverete confermata una certa teoria: i letterati e i
poeti sanno cogliere, meglio di chiunque altro, lo spirito dei tempi, soprattutto in
momenti di forte decadenza sociale.
Aristide Saccard, è il finanziere protagonista della storia narrata da Zola, e non è
nemmeno uno dei personaggi peggiori poiché, tra i senza scrupoli del suo mestiere, è,
anzi, quello che conserva ancora anche qualche nobile principio. Ecco però con quale
spirito si muove sul suo terreno:
“Obbligazioni, Obbligazioni! Mai…che diavolo volete che facciamo, con le
obbligazioni? E’ materia morta…la speculazione e il gioco in borsa sono il
meccanismo centrale, il cuore stesso di una grande impresa come la nostra. Sì!
Richiamano il sangue, lo ricevono da ogni parte in piccoli rivoli, lo raccolgono, lo
diffondono poi a fiumi in tutte le direzioni, creando un’enorme circolazione di
denaro, che è la vita stessa delle grandi imprese. Senza denaro, sarebbero
assolutamente impossibili…E’ il caso delle società anonime: quanto chiasso si è fatto
contro di esse, quanto si è detto e ripetuto che erano bische e luoghi malfamati. La
verità è che senza società anonime non avremmo le ferrovie, né alcune di quelle
enormi imprese moderne che hanno rinnovato il mondo, perche nessun capitale
sarebbe stato sufficiente a portarle a termine, come nessun individuo, e neppure un
gruppo di individui, avrebbero voluto correrne i rischi. [confrontate queste
affermazioni riportate da Zola con quanto scritto da La Grassa nel suo saggio La crisi
– uno schema succinto: “La finanza è indispensabile – soprattutto in epoche di
grandi cambiamenti e trasformazioni – poiché nel capitalismo la gran parte di ciò
che è prodotto è merce e si deve scambiare mediante denaro. Senza quest’ultimo non
solo non ci sono scambi, ma nemmeno investimenti e innovazioni, e neppure
avanzata ricerca scientifico-tecnica…”
“…I rischi! Lì sta tutto il problema, e anche la grandezza dello scopo. Ci vuole un
progetto grandioso, la cui grandezza seduca l’immaginazione, ci vuole la speranza in
un guadagno sostanzioso, che decuplichi l’esborso, quando non lo porta via; e allora
le passioni divampano, la vita affluisce, ognuno porta il suo denaro, potete riplasmare
a modo vostro la faccia della terra! Che male ci vedete? I rischi si corrono
volontariamente, e sono divi tra un infinito numero di persone, rischi ineguali e
limitati, a seconda della fortuna e dell’audacia di ciascuno. Si perde, ma anche si
vince, si spera di estrarre un numero buono, ma ci si deve aspettare di estrarne uno
cattivo, e il sogno più ardente, più ostinato dell’umanità sarà sempre questo: tentare la
sorte, ottenere tutto dal proprio capriccio, essere re, essere Fio!” [Parola di
banchiere!]
“La speculazione rovina soltanto gli inetti”
“La speculazione è l’incentivo della vita, è l’eterna aspirazione che spinge a lottare e
a vivere”
“Pensate forse che senza lussuria si farebbero molti bambini? Su cento bambini che si
potrebbero fare, capiti che se ne fabbrichi appena uno. E’ l’eccesso che genera il
necessario”.
“Senza la speculazione non si farebbero affari. Perché diavolo pensate che tiri fuori i
soldi, che rischi di perdere la mia ricchezza se non mi ripromettessi un piacere
straordinario, una felicità improvvisa che mi spalanchi il cielo? Col compenso
legittimo e mediocre del lavoro, il saggio equilibrio delle transazioni quotidiane,
l’esistenza diventa un deserto di una terribile piattezza, una palude in cui l’energia
affonda e imputridisce. Se invece, all’improvviso, fate risplendere all’orizzonte un
sogno, promette che con un soldo, se ne vinceranno cento, offrite a tutti quegli
addormentati nella palude di mettersi a caccia dell’impossibile, se parlate loro dei
milioni conquistati in due ore, in mezzo ai rischi più terribili, vedrete che la corsa
comincia subito, le energie sono moltiplicate, il parapiglia è tale che la gente
sgobbando per il puro piacere di sgobbare, riesce talvolta a fare dei bambini, cioè
delle cose grandi, belle, ricche di vita…Ah, perbacco! E’ vero che ci sono tante
porcherie inutili, ma è anche vero che, senza quelle porcherie, il mondo finirebbe.”
Come dire, certi guasti sono necessari, fanno parte del gioco, un gioco che sulla pelle
della gente più debole costruisce un miglioramento generalizzato. Un progresso del
quale i dominanti sono, come sempre, i maggior beneficiari. Saccard pensava
appunto tra sé che “…ogni passo in avanti del progresso era stato fatto in mezzo al
sangue e al fango”. Anche alla fine di questa storia qualche banchiere fallirà mentre
saranno soprattutto un gran numero di medi e piccoli risparmiatori a rimetterci tutto.
E ora vi rimando all’articolo del quotidiano diretto da Feltri intitolato “Nuova
trappola per i risparmiatori”.
(1) Zola all’interno del testo sviluppa un dialogo molto esplicativo tra il finanziere in
disgrazia Saccard ed un giovane collaboratore di Marx. Il finanziere pungola lo
studioso Sigismond dicendogli: “quando li spazzerete via [i parassiti della finanza]
con un bel calcio? Sigismond risponde “A che scopo vi distruggerete da voi stessi…sì
sì, voi lavorate per noi, senza rendervene conto…siete un pugno di usurpatori, ed
espropriate la massa del popolo, ma, quando vi sarete impinguati, verrà la nostra ora,
e saremo noi ad espropriarvi…Ogni accaparramento, ogni centralizzazione conduce
al collettivismo. Voi ci date una lezione pratica, come le grandi proprietà che
assorbono gli appezzamenti di terreno, i grandi produttori che mandano in rovina i
lavoratori privati, le grandi banche e i grandi negozi che annientano ogni
concorrenza, ingrassandosi sul fallimento delle piccole banche e delle piccole
botteghe, ci conducono verso il nuovo stato sociale in modo lento ma inarrestabile.
Noi aspettiamo che tutto crolli, che l’attuale metodo di produzione abbia portato la
società alla sofferenza intollerabile che deve essere la sua ultima conseguenza”. C’è
da dire che Zola descrive il giovane come un visionario fisicamente debole e distante
dalla realtà, uno che “sulla carta organizzava la società del domani”, dimostrando di
non credere molto in questa teoria dell’autodissolvimento del capitalismo per suoi
limiti intrinseci.
Nuova trappola per i risparmiatori (Fonte Libero)
Cirio, Parmalat, Enron, Worldcom, Tango bond, Lehman Brothers: i risparmiatori
italiani si preparino perché la serie delle bufale finanziare è destinata ad allungarsi. Si
preparino nel senso di mettere in preventivo l’eventualità di contabilizzare nuove
perdite sugli investimenti in portafoglio. La Germania si appresta infatti ad approvare
una legge salvabanche con la creazione di una bad bank. Un istituto destinato a
raccogliere come un’idrovora tutti i titoli spazzatura di cui sono imbottiti i bilanci del
settore. Tanti e di un valore tale da mettere a rischio insolvenza un buon numero di
istituti. Che i crac fossero dietro l’angolo lo si sapeva da mesi. Ma nelle ultime
settimane le spie d’allarme si sono moltiplicate. Ultima in ordine di tempo quella
accesa dal ministro tedesco delle finanze, Peer Steinbrueck: «Rimangono alti rischi di
insolvenza per alcune banche», aveva detto intervenendo ad un convegno a Berlino
sul futuro del credito. Richiamando l’attenzione sulla necessità di «fare pulizia nei
bilanci delle banche». A rischiare di più sarebbero almeno 5 grandi banche private e 7
landesbank, istituti semipubblici che fanno capo ai Länder.
Il decreto che andrà in votazione oggi al Bundestag la pulizia la fa, fin troppo.
Secondo le indiscrezioni filtrate dalla Cancelleria i titoli tossici destinati a confluire
nella banca-spazzatura peserebbero per circa 359 miliardi di euro. Il calcolo sarebbe
perfino prudenziale. Oltre a rimettere all’onor del mondo i bilanci degli istituti
tedeschi, infatti, il provvedimento voluto dalla cancelliera Angela Merkel, assegna ai
titoli spazzatura un valore spropositato. Soprattutto se si considera che sono legati a
società fallite (come Lehman Brothers) o a mutui finiti in default. Il trucco sta tutto
nelle date prese a riferimento per calcolare il valore nominale della carta destinata a
confluire nella banca spazzatura: non più il 31 marzo 2009, come stabilito
inizialmente, ma il 30 giugno 2008. Ben prima che si scatenasse il terremoto
finanziario innescato dal fallimento Lehman.
La notizia peggiore, tuttavia, non è questa: fin qui si tratterebbe di una furbata
contabile tutta tedesca. Il vero guaio è che a fronte di questo portafoglio degli orrori
(finanziari) verranno emessi dei titoli successivamente collocati nel resto del mondo.
Se rimanessero nella bad bank, infatti obbigherebbero il governo a ripianare la
perdita.
Accadrà invece che la Germania spalmerà la propria spazzatura sulle maggiori piazze
occidentali. A iniziare dall’Europa. Non tutta e subito, ci vorranno mesi, forse anni
per smaltirla. Ma di sicuro arriverà sui mercati. Più o meno quel che sta facendo
l’amministrazione Obama con il maxi fondo in cui gli istituti americani hanno
scaricato le loro sofferenze.
Trecentocinquantanove miliardi, forse poco meno di quattrocento secondo alcune
fonti verranno messi in circolo. Come ciò accada è presto per dirlo ma è facile
immaginare che dapprima verranno parcheggiati nel portafoglio degli “istituzionali”,
fondi, banche commerciali e merchant. Poi però - direttamente o entro titoli strutturati
- finiranno al mercato retail. Insomma, ai piccoli risparmiatori. Non potrebbe essere
altrimenti. Se rimanessero di nuovo imprigionati nei caveau dei banchieri
tornerebbero di nuovo a pesare sui loro bilanci. E ciò non avrebbe senso.
Dunque prepariamoci tutti: c’è da scommettere che la tecnofinanza (inutilmente
combattuta da Tremonti negli ultimi dieci anni), saprà trovare la formula migliore per
rendere appetibile il boccone amaro. Per ora aspettiamoci questi 350 miliardi. Ma ne
arriveranno altri, provenienti dalla bad bank americana: forse addirittura 7mila
miliardi di dollari, poco meno di 5mila miliardi di euro. Nessuna meraviglia, in fin
dei conti che si tratti di una sonora fregatura lo testimonia già la “vetrina”. Il termine
“bad”, soprattutto nel lessico americano, ha molti significati. Tutti negativi. Basta
affidarne la traduzione allo strumento per le lingue di Google, che li mette in fila in
base alla ricorrenze delle ricerche effettuate sul portalone Internet. Eccoli in ordine
d’importanza: cattivo, brutto, scadente, difettoso, dannoso, grave, sgradevole, guasto,
marcio, malato, andato a male, sfavorevole. Comprereste qualcosa da un negozio che
espone questo campionario di aggettivi? Sapendolo no. Ma c’è da scommettere che i
titoli spazzatura made in Germany saranno abilmente camuffati. Dai soliti noti.