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Sospesa fra timore e desiderio, l'anima si protende verso l'assoluto

di Francesco Lamendola - 13/07/2009

 


È un mattino d'estate, azzurro e pieno di sole.
Nella località di villeggiatura balneare ferve la consueta animazione, mentre la spiaggia è già affollata di ombrelloni colorati e di corpi abbronzati stesi nella vampa del sole.
Lidia, una donna non più giovane, ma ancora bella, di quasi sessant'anni, ha deciso di non scendere in spiaggia neanche quest'oggi: non ama la folla e non le va di stendersi al sole, come fanno tutti gli altri, esponendosi ai raggi e agli sguardi pieni di desiderio.
Lei, invece, non ha mai provato attrazione per tutta quella nudità sudata e ostentata; perché sempre, in essa, ha intuito un vuoto interiore, un difetto di anima: e un bel corpo senz'anima non le è mai parso eccitante, anzi, nemmeno sensuale.
Tutto quello che cerca, ormai da alcuni anni, è solo pace e tranquillità; e, inoltre, i suoi problemi di salute le consigliano, e a volte le impongono, un ritmo di vita molto più sobrio di quello che si concede la maggior parte dei villeggianti.
Così, anche questa mattina la trascorrerà nel fresco della camera, con un buon libro da leggere e con il piacere di poter prendersi del tempo per pensare, per rimanere a tu per tu con se stessa, per riflettere sul passato e sul presente della propria vita.
Le tende bianche e leggere ondeggiano alla carezza del vento nella fresca brezza del mattino, scoprendo di tratto in tratto il verde del giardino e il blu profondo del cielo interamente sgombro di nubi, come in un quadro del Rinascimento.
I rumori della spiaggia giungono ovattati sino alla finestra, sotto forma di un brusio leggero e  indistinto che non conosce mai soste: il frangersi delle onde sulla riva sabbiosa, le voci e le risate dei bagnanti, il richiamo del venditore di cocco, lo sventolare delle bandiere nel vento che soffia con giovanile spensieratezza, e, in alto in alto, il verso stridulo di qualche gabbiano, che passa con l'olimpica calma di un  re del mare.
Dall'altro lato dell'edificio, invece, arrivano i rumori più consueti, ma diradati, di una normale strada cittadina: fruscio di automobili sull'asfalto, serrande di negozi che vengono alzate, la musica di una giostra per bambini - forse un cavallo a dondolo - e, di tanto in tanto, l'ululato lontano di un'atoambulanza, che giunge attutito dalla distanza.
Rumori della vita, rumori dell'umanità; colori e riflessi dell'esistenza che scorre pigra in un giorno d'estate, in una località balneare come tante, né più bella né più brutta di tante altre simili ad essa; e una luce soffusa che penetra nella stanza, attraverso la danza della tenda.
La donna, seduta nella camera da letto, tiene un libro fra le mani, ma fa fatica a leggere: la sua mente è affollata di pensieri che si inseguono e si accavallano disordinatamente, come il flusso e il riflusso dei cavalloni sulla riva, quando il vento si trasforma in burrasca e il mare diventa verde scuro e bianco di schiuma, e fa quasi paura.
Ora le tornano in mente frammenti d'infanzia: come quando - bambina - era al mare con i suoi genitori, e, interrotti improvvisamente i giochi, si gettava sulla stuoia e si trovava a  fantasticare su come sarebbe stato il proprio futuro.
Pensava: nel 2000 avrò…, avrò…; e faceva il conto, con fatica: e le pareva incredibile che si potesse diventare così grandi, o, per meglio dire, così vecchi.
E le sembrava incredibile che anche lei avrebbe avuto quell'età, un giorno; che avrebbe visto il 2000, che sarebbe stata ancora in grado di respirare, vedere, ascoltare, toccare, assaporare le infinite meraviglie del mondo.
Perché era stata una bambina introversa e riflessiva, ma aveva avuto un'infanzia, tutto sommato, felice; e il mondo era per lei, ed era sempre stato, un luogo vasto e meraviglioso, ove qualunque cosa poteva accadere, magari all'improvviso; e nessuno avrebbe potuto prevederla o impedirla, niente avrebbe potuto fermarla.
Poi, la mente di Lidia torna bruscamente al presente: i suoi pensieri non seguono un filo logico, non hanno un ordine di alcun tipo: si succedono l'uno all'altro; ed è piacevole lasciarli vagare, così, in libertà, in queste ore che appartengono a lei sola. Non si annoia per niente; anzi, vorrebbe che queste ore non finissero mai.
Ma il prossimo anno non tornerà al mare: ha deciso. Finora, ci è venuta per accompagnare il marito, come un tempo, quando entrambi amavano la spiaggia e i bagni e tutto il resto. Ora, non più: lei si fa vedere in spiaggia solo di quando in quando, giusto per dire di essersi bagnata i piedi, almeno qualche volta; ma sempre più di rado, e solo nelle ore più tranquille della giornata, quando la spiaggia è poco affollata: nel primo mattino o verso il tramonto.
Problemi di salute non da poco la hanno spinta a riflettere, a fare dei bilanci, a cercare sempre più spesso di isolarsi per potersi ritrovare. Ecco, di questo si è resa conto con inaspettata chiarezza: che da molto, da troppo tempo non si sentiva più in armonia con se stessa; che aveva perso molti anni inseguendo delle false immagini di benessere e di sicurezza economica; per poi ritrovarsi, quasi di colpo, faccia a faccia col problema di quali siano le cose che contano realmente.
Chi sta bene non lo sa e non ci pensa; vive superficialmente, alla giornata: crede di avere innanzi a sé tutto il tempo che si può desiderare. Così, rinvia di giorno in giorno, di mese in mese, di anno in anno, la decisione di dare una svolta alla propria vita, di mettere ordine nella propria interiorità; in una parola: di ritrovarsi.
Ma per lei non è più così: ha incominciato a pensare, a valutare, a soppesare. Si è accorta che molte cose, che prima la soddisfacevano, ora non le bastano più; che non può e non vuole più vivere nell'inautenticità, nell'inganno verso se stessa; che deve a se medesima una maggiore lealtà, un più sincero sforzo di verità. Sente di essere alla ricerca, ma non sa di che cosa; intuisce di essere tremendamente assetata, di una sete atavica, spaventosa: ma non sa di che acqua siano bramose le sue labbra.
Eppure sente, sente con forza che non può più continuare come prima: che deve ritrovarsi, deve rispondere ad alcune domande essenziali, dalle quali dipende tutto quanto. Sente che è giusto così, che solo in questo modo potrà ritrovare la pace…

*  *  *
Il momento più bello, però, è a tarda notte, quando tutti dormono.
Le piace stare alzata fino a tardi e, poi, uscire in terrazza o affacciarsi alla finestra, e guardare il vasto cielo stellato.
Ha imparato, leggendoli su di un libro di astronomia, i nomi affascinanti delle costellazioni che ruotano lentamente nella volta celeste, da Est a Ovest, avanti che il primo chiarore dell'alba le faccia impallidire e le spenga, una stella dopo l'altra: Ercole; la Lira, con la spendente Vega; lo Scorpione con Antares; il Sagittario; il Cigno, con la brillante Deneb; il Delfino e poi l'Aquila, il cui più bel fiore è la magnifica Altair.
Nomi esotici, che profumano d'immensità: nomi latini quelli delle costellazioni, nomi arabi quelli delle stelle; nomi che hanno ancora l'aroma del deserto e dei minareti della Mesopotamia dell'Arabia Felice, di dove gli antichi astronomi studiavamo i corpi celesti nelle limpide notti, quando l'atmosfera è secca e trasparente come una lastra di vetro.
Nelle lunghe notti stellate, quando finalmente tacciono gli ultimi rumori e non si ode che il rumore della risacca, laggiù dove le onde orlano la spiaggia di una lunga striscia biancheggiante nel buio, a Lidia piace raccogliersi in sé e sentirsi più vicina che mai al mistero che tutti ci avvolge, alla risposta che da tanto va cercando.
Perché l'anima tende istintivamente verso l'assoluto, tende a ritrovare la strada per la sua dimora originaria; e di notte, sotto la luce delle stelle, con l'eco delle onde che vanno a morire sulla sabbia, ella ha la sensazione di essere quasi sul punto di riuscirvi.
Una volta - un grillo si era messo a cantare con voce squillante, vicinissimo, presso il salice del giardino - le si è squarciato il velo davanti agli occhi: e, per la prima volta, le è parso di vedere con chiarezza le tre verità essenziali.
La prima è che l'amore, quando non è perfettamente puro e distillato, somiglia a una trappola: perché è disposto a dare moltissimo, ma esige anche di ricevere moltissimo: ed esso crea così, da se stesso, le premesse per trasformarsi in tormento e delusione.
La seconda è che dobbiamo smettere di incolpare gli altri per le sofferenze che abbiamo sofferto nella nostra vita: perché, in effetti, abbiamo fatto tutto da soli, nel bene come nel male. Gli altri non avrebbero alcun potere su di noi, se noi avessimo raggiunto un sufficiente livello di evoluzione spirituale.
La terza è che non dobbiamo mai disperare, non dobbiamo mai lasciarci sopraffare dai rimpianti e dai rimorsi: perché solo in apparenza siamo dei viandanti solitari; ma, in realtà, qualcuno accompagna i nostri passi, e ci prende in braccio nei punti più scabrosi. Tutto quel che dobbiamo fare è affidarci a quella potenza benefica, e aver fede in essa.
Questa triplice scoperta apre un nuovo scenario nell'anima di Lidia: al turbamento succede la pace; all'agitazione, la fiduciosa attesa.
Perfino la malattia, che aveva creato un invisibile diaframma tra lei e gli altri, comincia ad apparirle come qualcosa di prezioso, come un'occasione che l'ha aiutata ad aprire l'occhio interiore e a ridiventare padrona di se stessa.
Non è più soltanto una creatura ferita; non più di quanto lo sia ogni creatura vivente, specialmente se dotato di una forte sensibilità.
Le cose riacquistano un senso, un contorno preciso e rassicurante; per la prima volta dopo tanto tempo, le sembra di posare i piedi su un terreno solido, e non più sulla fanghiglia insidiosa e sdrucciolevole.
I suoi pensieri si fanno più chiari e luminosi; nei suoi occhi ricompare la luce di un tempo. Alle soglie dei sessant'anni, si scopre di nuovo fresca e piena di meraviglia davanti alla bellezza e all'incanto del mondo.

*  *  *
Sospesa fra il timore e il desiderio, l'anima di Lidia si protende verso l'assoluto: un'anima giovane, o meglio senza età, che ha riconquistato la gioia di vivere.
La sua vita, in apparenza, scorre sui binari di prima: nessun gesto clamoroso tradisce il suo segreto, l'illuminazione che ha ricevuto in quella notte straordinaria, al mare, cullata dal canto insistente del grillo.
Anzi, la sua vita si è fatta ancora più raccolta e povera di eventi esteriori; e al mare non ci va più; né la rinuncia le costa qualcosa.
Ma dentro, si sente più forte e più libera, perché ha capito quali sono stati gli sbagli che hanno condizionato la sua esistenza; e, cosa ancora più importante, ha capito che non è mai troppo tardi per porvi rimedio.
Per lei, del resto, il «come» è sempre stato più importante del «cosa»: la qualità delle azioni, dei pensieri, delle emozioni e dei sentimenti, le è sempre parsa infinitamente più significativa della loro quantità e varietà.
Non ha mai capito coloro che dicono di girare il mondo per scacciare la malinconia: per lei, è sempre stato evidente che un essere umano, ovunque vada, si porta dietro tutto il suo mondo, senza sconti e senza scorciatoie. E chi non possiede la pace dell'anima, non potrà certo trovarla spostando il proprio corpo da un luogo all'altro.
La pace dell'anima è nell'anima stessa: perché in fondo all'anima c'è l'Essere, il centro luminoso dal quale noi tutti proveniamo e al quale aspiriamo a ritornare.
Lidia lo ha capito, e ha ritrovato la pace.
Ora non ha più paura né del passato, né del futuro.
E, se qualche volta le accade di sentirsi smarrita, invece di abbandonarsi alla compassione di sé, rivolge un pensiero di fede in quella forza benevola che sempre accompagna i nostri passi: e sa che essa la prenderà in braccio, perché i suoi pedi non debbano inciampare.