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E’ iniziata la fuga dal dollaro?

di Giorgio Vitangeli - 27/07/2009

 

Clamoroso sequestro della Guardia di Finanza di “Bond” Usa per oltre 134 milardi di dollari al confine tra Italia e Svizzera


Di sicuro, di inconfutabile, c’è solo il sequestro,  perché la notizia è apparsa sul sito ufficiale della Guardia di Finanza,ripresa dall’Agenzia ADN Kronos, e ci sono le dichiarazioni del colonnello Rodolfo Mecarelli comandante della Guardia di Finanza di Como.
La notizia è questa: il 3 giugno a Ponte Chiasso, in prossimità della frontiera con la Svizzera i militari della Guardia di Finanza hanno fermato due giapponesi  che nel sottofondo delle loro valigette nascondevano titoli del Tesoro americano, e più precisamente 249 “Bond” della Federal Reserve del valore facciale di 500 milioni ciascuno e 10 “Bond Kennedy” del valore nominale di un miliardo di dollari ognuno, accompagnati da una recente e dettagliata documentazione bancaria che ne certificava l’autenticità.
Tirando le somme: 134,5 miliardi di dollari americani, un ammontare pari all’intero prodotto interno lordo di Stati come il Marocco o la Nuova Zelanda o a quasi un decimo del “pil” italiano. Insomma: una somma stratosferica, fuori dalla portata di qualunque organizzazione criminale, e con titoli di un valore facciale tale da renderne praticamente impossibile l’incasso, se non nelle relazioni tra Stati o con banche internazionali, che ovviamente prima ne verificano l’autenticità con minuziosi controlli.
E qui inizia il mistero. Anzi: una serie infinita di misteri. Dopo il comunicato della Guardia di Finanza infatti la notizia viene riportata con una certa evidenza in Italia da pochi quotidiani nazionali (La Repubblica, Il Giornale), poi praticamente scompare. Roba da non credere: se i titoli fossero falsi, si tratterebbe infatti del più grande tentativo di falsificazione della storia; se sono veri si tratta del più grande tentativo di contrabbando valutario di cui si abbia notizia; nell’un caso e nell’altro le implicazioni per l’economia ed il commercio internazionale sono da brivido. C’è anche un ulteriore particolare non insignificante che il comunicato stampa della Guardia di Finanza non tralascia di segnalare: “Qualora i titoli risultassero autentici, in base alla vigente normativa, la sanzione amministrativa applicabile ai possessori potrebbe raggiungere i 38 miliardi di euro, pari al 40% della somma eccedente la franchigia ammessa di 10 mila euro”.
 La vicenda  per i suoi  possibili retroscena, tali da far impallidire  tutti i film di 007, e per gli enigmi che subito si accavallano, per la stampa nazionale ed estera è di quelle da gettarvisi a capofitto e da poterci andare avanti tenendo i lettori col fiato sospeso per tutta l’estate. Ma nessun giornale sembra accorgersene.
Se si eccettuano alcuni organi di stampa della Svizzera italiana (Ticino-line ad esempio che stranamente retrodata il sequestro al 1° giugno) ed alcuni giornali elettronici (tra cui Asia News, di cui parleremo in seguito) la storia finisce sui “blog” in cui fioriscono ed impazzano i commenti e le interpretazioni più fantasiose.  Per accorgersi del sequestro la grande agenzia di stampa internazionale Bloomberg ci mette più di una settimana, ed inserisce nel suo “flash” un particolare bizzarro: si afferma infatti che tra i titoli confiscati ve ne sarebbero alcuni con data d’emissione 1934. Un dettaglio di cui non v’è traccia nel comunicato della Guardia di Finanza, e che, secondo l’Agenzia Asia News “svela verso quale esito potrebbe essere pilotata la vicenda: i titoli sono falsi”.
In effetti ad esaminare con attenzione tutto quello che appare in rete su questa vicenda, si ha la precisa sensazione che  sia in atto una orchestrata operazione di disinformazione che mescola ai commenti dei “blog” spesso sconsolanti per la loro grossolana superficialità, le interpretazioni e le ipotesi più fantasiose legate quasi sempre da un unico sotteso messaggio: i titoli sequestrati sono falsi.
Lo ha affermato senza mezzi termini il portavoce del Tesoro americano, Stephen Meyerhardt in una dichiarazione riportata dalla Bloomberg dopo ben due settimane dal sequestro: “Sono chiaramente falsi, ed anche falsificati grossolanamente”. Il che, detto per inciso, smentisce quanto dichiarato dal colonnello della Guardia di Finanza italiana, Mecarelli, secondo cui, a parte i “Kennedy Bond” che suscitavano qualche dubbio, gli altri titoli erano praticamente indistinguibili da quelli veri. Meyerhardt ha ammesso peraltro di aver visto i titoli sequestrati solo nelle foto su Internet. Il che, francamente, sembra un po’ poco per certificarne la falsità con tanta sicurezza. Tanto più che ancora ai primi di luglio (data in cui scriviamo queste note) della Commissione di esperti americani che, si è detto, sarebbe giunta in Italia per esaminare i titoli sequestrati, non v’è notizia.
Ciononostante anche Mackayala Braden, senior advisor per gli affari pubblici dell’Ufficio del Debito Pubblico del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti sembra non aver dubbi: “Tutti falsi, è ovvio”.
Infine solo il 25 giugno, cioè con tre settimane di ritardo sul sequestro, il New York Times  dando finalmente la notizia della vicenda, riporta le affermazioni di un portavoce della Cia, Darrin Blackford, secondo cui i servizi segreti americani avevano appurato che si trattava di strumenti finanziari falsi, mai emessi dal governo degli Stati Uniti. E la documentazione bancaria allegata? Falsa anche quella? Nessuno ne parla.
Comunque “i titoli sono falsi”: questa ormai è la parola d’ordine, fedelmente ripetuta dalla stampa italiana quando (e lo fa sporadicamente e raramente) torna a parlare di questa vicenda.
Continuano però a circolare in rete le interpretazioni più pittoresche e fantasiose.  Ne citiamo solo alcune, a mò d’esempio. Secondo il “Financial Times” (quotidiano spesso definito “autorevole”, come nota con sottesa ironia “Asia News” “la vicenda dei 134,5 miliardi di dollari falsi (senza virgolette, il che significa che la contraffazione è già stata appurata, mentre così non è) sarebbe attribuibile alla mafia siciliana. Purtroppo però non fornisce alcun elemento che possa collegare i titoli sequestrati alla mafia siciliana”.
La notizia del Financial Times contiene per la verità qualche ulteriore dettaglio, citato da Wall Street Italia, in cui si legge che la mafia siciliana avrebbe agito in combutta con funzionari corrotti della Banca centrale del Venezuela (per gli Usa quasi uno “Stato canaglia”…n.d.r.), e che servivano, probabilmente, per aprire linee di credito con le banche.
Naturalmente la Banca Centrale del Venezuela ha smentito, sdegnata. La mafia non ha uffici stampa ufficiali, e quindi  la sua smentita non è giunta.
Il Messaggero, tornando sull’argomento il 22 giugno e sposando la tesi dei titoli falsi, riporta una serie di ipotesi ancor più pittoresche. Sono soldi di terroristi che dovevano servire a comprare armi di distruzione di massa. I due “giapponesi” , come sostengono fonti di Washington, sono in realtà agenti di Kim Jong, il leader del Nord Corea (altro “Stato canaglia”…) che volevano portare i soldi del dittatore al sicuro nei forzieri svizzeri. No, erano sì soldi del dittatore coreano, ma come già avevano avvertito fonti di “intelligence”, la Corea del Nord stava tentando di trasferire in Europa denaro e titoli falsi per finanziare la costruzione della bomba atomica. E i due “corrieri” fermati a Chiasso non sono giapponesi, ma filippini.
“E’ un complotto russo”, si suggerisce su “Informazione scorretta”, osservando che la cifra di 134,5 miliardi corrisponde quasi esattamente all’importo di bond del Tesoro Usa che a marzo di quest’anno erano in mano di investitori russi.
“America Oggi”, quotidiano in lingua italiana pubblicato negli Stati Uniti sottolinea invece un’altra corrispondenza tratta anch’essa da Asia News: 134,5 miliardi di dollari equivalgono alla cifra che il Ministero del Tesoro Usa ha scoperto di aver ancora disponibile sul TARP (Troubled Asset Relief Program), il Fondo speciale istituito dal governo americano per sostenere i titoli finanziari “problematici”.
Ma perché mai, l’equivalente di tale somma avrebbe dovuto essere trasferita clandestinamente in Svizzera da due giapponesi?
Per sostenere la falsità dei titoli sequestrati sono state fornite poi pseudo prove una più scombinata dell’altra.  Portavoce del Tesoro statunitense hanno dichiarato che “l’enormità della somma indica da sola che si tratta di contraffazioni”. E semmai  sembra più logico il contrario: quale falsario si metterebbe a stampare titoli di Stato da un miliardo i dollari ciascuno, della cui esistenza nessuno, o quasi, era a conoscenza, ed utilizzati, a quanto afferma un esperto, solo nelle relazioni tra Stati o tra Banche Centrali?
Si è detto anche, quasi a ridicolizzare la contraffazione, che da decenni i bond del Tesoro Usa non vengono più emessi in forma cartacea. Ma quelli antecedenti gli anni ottanta sono stati tutti ritirati o circolano ancora? Su questo dettaglio si sorvola. Anzi in un’altra dichiarazione un esponente dell’Ufficio del Debito Pubblico del Tesoro americano osserva ironico: “Pensate che nemmeno i titoli circolanti raggiungono quel valore”. Ma allora ve ne sono di bond del Tesoro Usa in circolazione!
Si è sostenuto che “Kennedy  bond”  con tale valore facciale non sono mai esistiti. Ed invece esistono, come vedremo.
Il Messaggero butta là anche un’altra ipotesi, che circola insistente, la cui probabilità  inquietante,  mescolata alle altre di “fantapolitica”, viene così sminuita e quasi ridicolizzata: sono i giapponesi che vogliono liberarsi in segreto di titoli del Tesoro americano.
“Si parla – conferma il quotidiano on-line Valdelsa-net- di figure vicine alla Banca Centrale del Giappone, che avrebbero cercato di recuperare almeno una parte del valore dei titoli, per evitare un imminente rischio valutario legato al dollaro”.
Tra tanta microinformazione, disinformazione e  spazzatura che circola su Internet riguardo a questa vicenda colpisce per serietà, rigore giornalistico, completezza, citazione delle fonti, l’Agenzia “Asia News”, la quale , affrontato l’argomento  pochi giorni dopo i fatti, non l’ha più abbandonato, fornendo  ogni quattro o cinque giorni  nuove notizie inedite, approfondimenti, considerazioni  dalla logica stringente.  Spiegando  questa sua attenzione costante alla misteriosa vicenda di Ponte Chiasso in uno dei suoi articoli, dice di sé: “Asia News  non è un organo d’informazione economica, ma un’agenzia di stampa missionaria. Ne ha iniziato a riferire  pochi giorni dopo (cioè l’8 giugno, vale a dire quattro giorni dopo il comunicato della Guardia di Finanza, n.d.r.) notando che stranamente le fonti estere avevano del tutto ignorato una notizia di tale portata, in cui erano e sono notevoli implicazioni sociali ed economiche per l’Asia (e per il resto del mondo) sia se i titoli sono autentici che contraffatti. Dal primo lancio abbiamo messo in risalto che l’unica certezza era proprio il mutismo dei maggiori quotidiani e delle catene televisive, oltre che il silenzio delle autorità e delle fonti ufficiali”.
Confesso che di Asia News  ignoravo persino l’esistenza. Ed il fatto che un’agenzia di poveri missionari desse una lezione di professionalità e di rigore ai giornalisti italiani troppo spesso ignoranti, pressappochisti, codardi e velinari,  e dimostrasse di avere preziose fonti d’informazione riservate ed una conoscenza sconcertante di particolari della finanza mondiale mi lasciava sbalordito e perplesso.
Ho cercato perciò di saperne di più. Sulla testata di Asia Mews c’è una sigla: Pime. E’ bastato cliccarla su un motore di ricerca per apprendere che significa “Pontificio Istituto Missioni Estere”. Un Organismo del Vaticano, dunque. Ed allora tutto è apparso più chiaro, e nello stesso tempo più intrigante.
Mi è venuto alla mente un episodio accadutomi qualche anno fa. Ad una colazione mi trovai accanto un monsignore di Curia, molto vicino all’allora Segretario di Stato del Vaticano. “Di cosa si occupa in Curia?”, chiesi tanto per avviare un po’ di conversazione. “Mi occupo dell’Ufficio cifra”, mi rispose. E poiché ingenuamente esprimevo meraviglia per il fatto che il Vaticano avesse un Ufficio che decifrava i messaggi riservati che gli giungevano, “Ma lei sa, rispose il Monsignore un po’ piccato, che noi abbiamo più Nunziature all’estero che Ambasciate gli Stati Uniti?”. In altre parole: la rete estera del Vaticano è più capillare di quella dell’Impero americano.
A questo punto torniamo al mistero del megasequestro di Ponte Chiasso, tralasciando tutte le altre fonti  lacunose, interessate o fantasiose,  per tentare di capire, o almeno di saperne di più, affidiamoci ai cinque lunghi servizi di Asia News, che sono stati d’altronde la fonte principale di gran parte delle notizie che circolano su Internet riguardo a questa vicenda.
Il primo servizio, dell’8 giugno, dopo aver ricapitolato brevemente i fatti avvenuti, rivela che l’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma è stata immediatamente avvertita, e che su tutta la vicenda, oltre alla Guardia di Finanza, stavano indagando i Servizi segreti italiano ed americano
Osservando poi che  titoli da un miliardo di dollari non sono in circolazione nei normali circuiti bancari, se non nei rapporti tra Stati, Asia News  sottolineava come autorevoli quotidiani finanziari già mesi or sono avessero parlato di “funny money”, cioè di “soldi strani” scambiati in un circuito finanziario parallelo a quello ufficiale e che in tutta l’Asia da tempo c’è il timore che vi siano in circolazione molti titoli contraffatti.
L’Agenzia dei missionari ricorda anche come durante la seconda guerra mondiale fossero state emesse banconote contraffatte dei Paesi nemici, ed afferma che la stessa Banca d’Italia avrebbe emesso due o più titoli di Debito Pubblico con identico codice,onde poter emettere  più moneta.
Notava infine come i quotidiani di tutto il mondo,  fossero pieni di notizie sulle vicende personali del premier Berlusconi, ma su un fatto clamoroso come il sequestro di 134,5 miliardi di dollari avessero mantenuto un silenzio impressionante.
Quattro giorni dopo, cioè il 12 giugno, l’Agenzia del Pontificio Istituto per le Missioni all’Estero ritorna sul’argomento con ulteriori informazioni e considerazioni.  Rivela che alcuni commentatori, sulla stampa estera su cui la notizia comincia ad apparire, mettono in relazione i 134,5 miliardi di dollari sequestrati a Ponte Chiasso con la somma che si è scoperto ancora disponibile sui fondi TARP, e che anche le improvvise dimissioni, con una motivazione poco credibile, del ministro dell’interno giapponese Kunio Hatoyama potrebbero essere legate all’episodio di Ponte Chiasso.
Le ragioni che farebbero pensare ad una connessione, secondo Asia News, sono molteplici: i due insoliti “corrieri” avevano passaporto giapponese,  non sono stati arrestati, ed hanno dimostrato una incredibile superficialità dilettantesca:in giacca e cravatta e valigetta da executive su un treno di lavoratori pendolari avevano la stessa probabilità di passare inosservati di due dirigenti  bianchi in Congo.
L’agenzia dei missionari si pone poi  una serie di domande che qualunque persona di intelligente buon senso si pone:
-Perché su tutta la vicenda è stata stesa una coltre di silenzio?
-Se i titoli sono autentici, che ci facevano in Italia e perché venivano trasferiti in Svizzera?
-Se si trattasse di fondi impegnati della TARP, perché mai sarebbero stati già emessi dalla Fed titoli a valere su tali fondi, senza ancora una determinazione di impiego?
Poi la domanda più seria, che resta senza risposta: se i bond sono autentici e proprietà di uno Stato estero, perché non è stata usata la valigia diplomatica per trasferirli in Svizzera?
In effetti, anche e si può ipotizzare che si volesse evitare qualunque possibilità di coinvolgimenti ufficiali, questa del mancato utilizzo della valigia diplomatica (che non può essere ispezionata alla frontiera) è l’unico argomento valido che potrebbe far pensare a titoli falsi.
Infine, espressa  quasi brutalmente,in termini  inusualmente espliciti per  l’organo di stampa di un Istituto che fa capo al Vaticano, la domanda più imbarazzante per il governo italiano: se i titoli fossero autentici, “come si comporterà il governo italiano? Imporrà il pagamento dei 38 miliardi di euro di penale rischiando uno scontro con Paesi alleati, o – senza versamento dell’ammenda- restituirà i titoli al Paese proprietario mostrando al mondo che l’Italia è una sorta di protettorato semicoloniale, e soprattutto violando la legge e la Costituzione italiana? Per il premier Berlusconi, nota ancora Asia News, si tratta (si tratterebbe) di una bella responsabilità, anche personale, visto che le conseguenze legali, e penali, sono (sarebbero) a suo carico”.
Messa così, cioè anche da questo angolo visuale, appare evidente che i titoli “debbono” essere falsi.
Chi ne esce comunque bene da questa vicenda, conclude la nota dell’agenzia missionaria, è la Guardia di Finanza italiana, che non a caso ha subito pubblicato sul proprio sito i dettagli del sequestro.
E veniamo con rapida sintesi agli altri tre servizi su questo argomento messi in rete da Asia News, rinviando direttamente alla fonte quei lettori che volessero conoscere tutti i dettagli.
Nel “lancio” del 18 giugno l’Agenzia dei missionari va al nodo di quei problemi e di quegli interrogativi che avrebbe dovuto porsi la stampa internazionale, non solo economica.
Ricordando che il colonnello Mecarelli a caldo, subito dopo il sequestro, aveva dichiarato che i bond da 500 milioni di dollari sequestrati erano praticamente indistinguibili da quelli autentici, e che erano accompagnati da una approfondita e dettagliata documentazione bancaria che ne attestava l’autenticità, si chiede quanta parte di attivi bancari sono costituiti da titoli che potrebbero essere dichiarati falsi.
Se ci sono in circolazione altri titoli così ben contraffatti, sottolinea senza mezzi termini l’Agenzia del Pontificio Istituto per le Missioni Estere, è evidentemente a rischio il sistema monetario, non solo americano, ma internazionale.
Che si tratti di contraffazioni o di traffico illecito di valuta – aggiunge poi – la notizia è potenzialmente devastante per gli equilibri internazionali più dell’esito delle elezioni in Iran.
Se i titoli sono autentici  “se ne deve dedurre che un qualche detentore di liquidità internazionale non abbia più fiducia nel dollaro quale moneta di riserva e che il sistema di Bretton Wood è giunto ad un capolinea, con conseguenze abbastanza simili per il commercio internazionale dei beni”.
E veniamo al servizio del 23 giugno: il penultimo che (sinora) Asia News ha dedicato al sequestro di Ponte Chiasso, e che contiene nuove rivelazioni e nuove serrate considerazioni.
Dopo aver sottolineato che a tutt’oggi  il comunicato della Guardia di Finanza del 4 giugno è l’unico documento ufficiale disponibile, l’Agenzia rivela che l’ulteriore elemento accertato viene da  fonti consolari nipponiche, che confermano che i due asiatici fermati in prossimità della frontiera svizzera sono effettivamente giapponesi.
L’altro elemento certo, nota ancora Asia News, è che i due giapponesi sono stati rilasciati.
“Se la Guardia di Finanza, osserva, avesse avuto elementi per ritenere che i titoli erano contraffatti (anche per un valore molto, molto inferiore) era tenuta ad arrestare i due giapponesi. In caso contrario l’ufficiale della Guardia di Finanza poteva lui stesso essere incriminato.
Il rilascio dei due giapponesi non può aver avuto luogo perciò senza che la Guardia di Finanza avesse raggiunto la convinzione che i titoli erano autentici. In tal caso un arresto sarebbe stato illegittimo, perché la mancata dichiarazione valutaria non è un reato penale, ma comporta una semplice ammenda amministrativa: il 40% del valore eccdente la franchigia di diecimila euro.
Questa ipotesi  - sottolinea l’Agenzia dei missionari – ha una sola possibile eccezione: il rilascio dei due responsabili, senza emissione del verbale di ammenda, per un preciso ordine del governo, determinato da ragioni d’interesse  nazionale.
Né dalla Guardia di Finanza, né da alcun organo amministrativo italiano è stato rilasciato alcun commento: non si sa nemmno se il verbale d’ammenda è stato emesso (perché ciò significherebbe che la Guardia di Finanza ritiene i titoli autentici).
In mancanza di comunicati ufficiali il comandante della Guardia di Finanza di Como ha fornito in esclusiva ad un’Agenzia le sue opinioni. Non quelle ufficiali della Guardia di Finanza , sottolinea Asia News, che così non vi è formalmente implicata. Secondo quanto riportato da tale fonte, il col. Mecarelli prudentemente si è limitato ad affermare che la Guardia di Finanza “attende i colleghi americani che devono fare la perizia sui bond per stabilirne l’autenticità o la falsità”.
Infine una notizia esplosiva “Da fonte riservata, la cui attendibilità Asia News non può verificare, scrive l’Agenzia vaticana, si afferma che uno dei due giapponesi fermati a Chiasso e poi rilasciato sarebbe Tuneo Yamanchi, cognato di Toshiro Muto, fino a poco fa vicegovernatore della Banca del Giappone.”.
Da altra fonte Asia News ha appreso poi che le autorità italiane considerano i titoli sequestrati autentici, e si rifiuterebbero di prestarsi al gioco della Fed che li ha dichiarati falsi senza neppure averli esaminati.
Un’ultima considerazione: la Fed ha tutto l’interesse a sostenere la Banca del Giappone nel rientrare in possesso dei titoli senza pagare la penale prevista dalla legge italiana, e nel contempo il governo Berlusconi “che pure gode di un forte consenso popolare ed elettorale, potrebbe trovarsi in grave difficoltà se venisse dimostrato che, nel caso i titoli siano autentici, non riesce a far applicare la legge italiana in territorio italiano”.
Al servizio del 23 giugno Asia News ne ha fatto seguire un ultimo con data 30 giugno, che  assieme a varie notizie e considerazioni, cui abbiamo accennato all’inizio di questo articolo, contiene un’altra  rivelazione. Il 20 giugno, scrive l’Agenzia dei missionari, una stazione radio indipendente americana, la Turner Radio Network, ha sostenuto in un suo servizio sul “mistero” di Ponte Chiasso che  i titoli sono autentiti e che i due giapponesi fermati dalla Guardia di Finanza sono dipendenti del ministero del Tesoro giapponese (voci in tal senso erano tate raccolte anche da Asia News).
I due giapponesi, sostiene la radio indipendente americana avrebbero dovuto portare i titoli in Svizzera perché il governo nipponico avrebbe perso la fiducia nella capacità statunitense di ripagare il debito pubblico. Le autorità finanziarie giapponesi avrebbero perciò cercato, prima di una imminente catastrofe finanziaria, di vendere una quota dei titoli del Tesoro statunitense in proprio possesso attraverso canali paralleli, grazie all’anonimato che sarebbe garantito dalle banche svizzere.
Hal Turner, il direttore della radio indipendente, aveva aggiunto che a riprova della certezza delle sue fonti avrebbe fornito i numeri di serie dei titoli sequestrati. Ma prima che lo potesse fare è stato arrestato e chiuso in un penitenziario.
Asia News però non sembra convinta della tesi che i giapponesi volessero vendere i titoli sul mercato parallelo. “Sembrerebbe più logico supporre, scrive infatti, che, se autentici, fossero diretti alla Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, la Banca centrale delle Banche Centrali, in vista dell’emissione di titoli in una nuova valuta sovranazionale.
Già: ma che bisogno c’era allora di farli giungere in Svizzera nascosti nei sottofondi di due valigette?
L’unica tesi plausibile, se i titoli sono autentici, è che si volesse metterli sul mercato senza dare nell’occhio, battendo sul tempo cinesi e russi che hanno la medesima tentazione (o il medesimo progetto…).
Un’ultima rivelazione: i Kennedy bond non sono obbligazioni, ma biglietti di Stato, cioè “Treasury notes” prive di cedola, immediatamente spendibili per un controvalore di merci e servizi, la cui emissione, avvenuta circa otto anni fa, non era di dominio pubblico. Il che esclude l’ipotesi di contraffazione: quale falsario riprodurrebbe biglietti del valore di un miliardo di dollari ciascuno, non esistenti in circolazione e di cui ben pochi al mondo conoscevano l’esistenza?
Ma  “sulla scorta delle informazioni fornite dal Tesoro statunitense” il  sostituto procuratore della Repubblica di Como,Daniela Meliota,  come riporta l’Agenzia ADN Kronos del 20 giugno,  ha dichiarato in un’intervista alla Radiotelevisione della Svizzera italiana che i titoli sono falsi.
Ci permettiamo suggerire ai Servizi una soluzione ancor più  inattaccabile ed elegante: sostituire i titoli sequestrati con altri evidentemente falsi, e bruciarli ostentatamente, come la legge impone, restituendo i titoli sequestrati “veri” alla Banca centrale giapponese. E così Fed, Banca centrale di Tokio e governo italiano vivranno tutti felici e contenti.
Fino al grande crack .