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Impossibile condividere tre kili di sale su Facebook

di Vera Cavallin - 06/08/2009

 


 

Facebook continua ad allargare il proprio network a nuovi adepti. Le poche pochissime persone che fino a poco  fa ancora non erano iscritte al forum interattivo, lo stanno timidamente facendo ora, rapite dalla comodità del virtuale e dal timore, forse, di rimanere indietro con i tempi.

 

 

Che c’è di male? Nulla, direbbero i più.

 

Grazie a Facebook si ritrovano vecchie conoscenze, si contattano persone lontane, si confrontano foto e video. Cambiano i tempi, cambiano i mezzi e cambia anche il linguaggio. Diventa normale chiedersi perché Lucia non accetta l’amicizia di Francesco o perché Giuliano ha 114 amici su Facebook mentre Luca ne ha solo 85, come se di norma l’amicizia fosse paragonabile ad una cena da offrire, accettare o rifiutare.

 

Il confronto e il dialogo reale perdono di utilità, di frequenza e d’intensità. Sembra che l’incontro non virtuale sia diventato troppo impegnativo, difficile e complesso; non necessario, a farla breve. Ora si chatta, si scrivono messaggi sul “muro” e si sminuisce, senza volerlo, il valore del parlato orale. Si preferisce la quantità d’informazione alla qualità. Ed è comprensibile che sia cosi, come lo è stato con l’avvento dei cellulari e delle e-mail che, in un brevissimo lasso di tempo, hanno semplificato il linguaggio scritto e ridotto lo scambio verbale.

 

Che la lingua si evolva a tempo di nuove tecnologie è normale e fisiologico. Quel che forse ci si dovrebbe chiedere è perché si sente la necessità di aderire a nuove forme di comunicazione sempre più invasive quando già ve ne sono in quantità, e quando diventa palese che non è il comunicare vero e proprio che si cerca ma l’antidoto al solito senso di solitudine che ogni individuo, fortunato o meno che sia, deve affrontare.

Tramite Facebook ci si può perfino re-inventare e mostrarsi al mondo virtuale come meglio si crede, biondi, alti, mori o grassi eliminando la difficoltà e il piacere della sfida di un confronto vero e proprio. Si semplificano relazioni umane che richiederebbero un minimo d’impegno reale per esistere e resistere. La privacy diventa una questione di poco conto, tutti sono connessi a tutti in potenza e si viaggia liberamente nel web inglobando foto, gossip, video anche di persone che con Facebook non hanno nulla a che fare.

È l’uomo che si adatta alla macchina o il contrario? In un’era in cui viaggiare, vivere e lavorare lontani da affetti e famiglia diventa quasi un “must” per buona parte delle generazioni nate dopo gli Anni ‘70 del secolo scorso, l’utilizzo di Facebook è sintomatico di necessità e desideri più che umani, amplificati da un contesto globale in continua evoluzione che complica i rapporti interpersonali.

 

Non si nega quindi che sia normale dare sfogo all’uomo-animale sociale attraverso quello che la tecnologia odierna propone. Solo che esagerare nel rinchiudersi in un mondo virtuale e voyeur come quello di Facebook allontana le persone dal sociale vero e proprio, che può essere piacevole o meno,  diverso o uguale.

Che Facebook possa giocare un ruolo decisivo nel creare piattaforme di scambi utili, ad esempio a livello politico e civico, non è in dubbio. Ma la tendenza di oggi sembra quella di esasperare le potenzialità dei nuovi mezzi di comunicazione in maniera confusa senza perdere troppo tempo a riflettere criticamente sulla loro vera utilità. Se le persone fossero più interessate, incuriosite, investite nel reale e meno nell’esasperazione del virtuale sarebbe, forse, più semplice confrontarsi e comprendere i cambiamenti veri che investono il globo. Se l’apertura incondizionata al virtuale fosse più cosciente, quella al reale ne guadagnerebbe.

 

Detto questo, la speranza è l’ultima a morire; e se per qualcuno è ancora un mistero capire come le persone possano trovare piacevole e stimolante discutere di gossip e amicizie nati su Facebook, ci si consoli con i vecchi detti popolari secondo i quali due persone non possono dirsi amiche se non dopo aver condiviso tre kili di sale alla stessa tavola.

Per fortuna o sfortuna che sia, la vita reale resta tale e non la si inganna. E chi decide di costruirsene una parallela faccia almeno attenzione a non far cadere nella rete quei pochi che dal virtuale vogliono prendere solo il giusto necessario.