Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La crisi e gli economisti

La crisi e gli economisti

di F. D’Attanasio - 02/09/2009


Tremonti, durante il suo intervento al meeting di Cl, ha paragonato senza mezzi termini gli
economisti a dei maghi, con l’aggravante che mai qualcuno di essi abbia avuto il coraggio di
ammettere e riconoscere i propri errori di previsione, e con la faccia tosta che hanno, continuano a
dispensare consigli e a pontificare sull’evoluzione della crisi attuale; “… Se ci fosse il buon senso
da parte degli economisti di stare zitti un anno o due ne guadagnerebbero loro stessi e noi tutti”
conclude giustamente il ministro dell’economia. Si è trattato in realtà di una chiara, seppur indiretta,
risposta all’intervento di Draghi avvenuto il giorno prima allo stesso meeting (tra l’altro molto
apprezzato, più di quello dello stesso Tremonti, a quanto sembra di capire leggendo qua e là), con il
fine di chiarire che l’agenda politica del governo non la detta certo il governatore della Banca
d’Italia. Ma per amore della verità, tuttavia non si può non rilevare come anche il nostro ministro
spesso abbia assunto atteggiamenti tipici dell’economista, come quando si associava al coro di
quelli (la stragrande maggioranza) che, prima dello scoppio della crisi, facevano di tutto per
rassicurare il popolo, ma anche ultimamente mi sembra non si sia astenuto dal contribuire a
diffondere ottimismo, in virtù di una presunta fine della crisi (o della sua fase peggiore e più
virulenta). Staremo a vedere, e comunque anche se questa volta dovessero aver ragione, si
tratterebbe senza dubbio, diciamo così, di fortuna, perché non potremo certo dimenticare le
centinaia o migliaia di volte che non ci hanno affatto colto. D’altronde tutto ciò mi dà lo spunto per
rilevare come anche il LEAP di cui spesso abbiamo riportato i report, perché al di là di tutto ci
sembravano molto più seri e ponderati, in virtù di una maggiore ampiezza di orizzonti sia temporali
che spaziali, non abbia proprio del tutto fatto centro, specialmente con le sue ultime previsioni. Nel
GEAB n. 34 dell’Aprile scorso ad esempio si prevedeva entro l’estate del corrente anno il crollo del
sistema monetario internazionale imperniato sul predominio del dollaro statunitense; la Cina
sarebbe stato il responsabile maggiore di questo stato di cose in virtù della decisione delle autorità
di detto paese di liberarsi di grandi quantità di T-bond statunitensi e di beni denominati in dollari,
oltre che di non acquistare più titoli del debito americano; ciò avrebbe inevitabilmente portato o alla
sostituzione del dollaro come valuta di riserva internazionale dallo Yuan insieme all'Euro, allo Yen,
al Rublo e al Real, oppure all’inizio di un processo di creazione di una nuova valuta di riserva
internazionale basata su un paniere di monete. Il default americano si sarebbe potuto concretizzare
secondo quattro probabili modalità: 1) intervento del FMI che avrebbe potuto portare il budget
federale sotto il suo controllo, 2) il dipartimento del Tesoro avrebbe deciso di emettere buoni del
Tesoro denominati in Euro, Yuan o Yen anziché denominati in dollari, 3) dimezzamento del dollaro
nei confronti delle altre monete così che il governo americano avrebbe potuto finanziare il budget
federale ed i suoi titoli in mani straniere con dollari deprezzati, 4) a causa delle crescenti difficoltà
nel vendere buoni del tesoro all'estero, la Fed avrebbe deciso di aumentare il programma TARP,
automaticamente avviando la svalutazione del dollaro, in cambio riducendo l'appetito degli
investitori per i beni denominati in dollari; gli analisti del LEAP, nel suddetto report propendevano
maggiormente per gli ultimi due scenari designati. A tutto questo si sarebbe accompagnato l’avvio
di una fase particolarmente difficile soprattutto per Gran Bretagna e Stati Uniti con disoccupazione
a livelli record e fallimenti a catene di imprese, banche ecc.. Nonostante tutto ciò però vi è da
rilevare come nei due report successivi si parlava esplicitamente di una fuoriuscita del mondo da
una cornice di riferimento vecchia di sessant’anni, ed in particolar modo da una sua versione
semplificata nata dopo il crollo dell’URSS e centrata esclusivamente sugli USA. La fine dell’estate
2009 avrebbe segnato l’inizio di un vero e proprio smembramento del sistema delle relazioni
internazionali, con le varie aree del mondo alle prese con elevati livelli di tensioni sociali e politiche
al proprio interno e fortemente in contrasto fra di loro. La mia sensazione è che non siamo, almeno
per adesso, in una situazione così tragica (né in Europa, ma neanche in USA e Cina), non mi sembra
che negli ultimi mesi si sia verificato un aggravamento particolare della situazione geopolitica
internazionale; l’unico aspetto che ritengo si possa condividere appieno delle analisi del LEAP, è
proprio la convinzione che oramai si stia uscendo, come processo ineluttabile ed irreversibile, dal
quadro sorto dopo la seconda guerra mondiale con la perdita da parte degli USA del suo ruolo di
centro regolatore del mondo cosiddetto occidentale; la dissoluzione dell’URSS ha avuto un ruolo
non indifferente nell’avvio di questo processo, il quale ha visto la potenza predominante prima
tentare un approccio di carattere imperiale, poi costretto a ripiegare su strategie fortemente
ridimensionate a causa dell’aggressività delle nuove potenze, in primis Cina e Russia. Non è detto
che si debbano verificare degli shock particolarmente gravi, è più probabile che i prossimi anni
siano di sostanziale stagnazione; comunque mi sembra del tutto ovvio che fare delle previsioni a
carattere puramente economico a distanza di alcuni anni o addirittura mesi sia del tutto improbo;
come dice La Grassa probabilmente entro la fine dell’anno alcuni aspetti macroeconomici saranno
più chiari, ma l’unica certezza che abbiamo è che il mondo è entrato in piena fase multipolare
(anticamera del policentrismo), fase caratterizzata dal decisivo innalzamento del livello conflittuale
con conseguente aumento del disordine e dell’instabilità che ha le sue specifiche manifestazioni in
ogni ambito sociale (finanziario, economico, ecc.).
D’altronde è bene rilevare come i vari G (7, 8, 20), come messo in evidenza anche dal LEAP,
non abbiano prodotto se non chiacchiere, a dimostrazione del fatto che urge assolutamente
disilludersi del fatto che le varie oligarchie del mondo stiano facendo di tutto per collaborare al fine
di risolvere la crisi, si tratta solo di fumo abbondantemente sparso negli occhi della gente, la quale
deve essere ingannata, affinché possa accettare supinamente le conseguenze peggiori della “guerra”
che tali oligarchie intendono farsi con l’unico e supremo obiettivo di aumentare ciascuno il proprio
potere a discapito di tutti gli altri. Non si può non rilevare ad esempio come, dopo aver tanto parlato
dell’urgenza di nuove regole internazionali, con le quali imbrigliare l’attività finanziaria, causa
(secondo loro) dell’attuale crisi, assistiamo al contrario ad un rinnovato vigore di certi istituti e
banche nel riprendere quelle attività speculative tanto stigmatizzate. Proprio negli USA, secondo
certi dati pubblicati recentemente, nel secondo trimestre del 2009 la banca (ex) d'affari Goldman
Sachs, uno dei più influenti colossi finanziari mondiali che non a caso ha superato indenne l'anno
terribile, ha incamerato profitti record promettendo così bonus milionari a dipendenti e dirigenti. E
come dimenticare le decisioni proprio di Goldman Sachs (in compagnia di Morgan Stanley, altro
colosso statunitense) di cambiare statuto e trasformarsi da banca d'affari in banca commerciale
(cosa avvenuta lo scorso autunno), sottostando così alla regolamentazione della Fed (la Banca
Centrale americana) ma potendo anche accedere ai ricchi fondi statali, dunque pubblici, destinati
agli enti finanziari in crisi. Così, dietro l’imbroglio di essere una banca commerciale, Goldman
Sachs, essendo riuscita a sopravvivere alla fase più critica ed acuta e quindi a ritrovarsi alla fine
della stessa più forte e consolidata (non dimentichiamo il crack di Lehman Brothers e l’acquisizione
della Merrill Lynch da parte di Bank of America) potrà restituire in anticipo le sovvenzioni statali,
così che i controllori designati da Obama non avranno più alcuna voce in capitolo nel determinare
un tetto a quei guadagni dei manager che così tanto sdegno e polemiche hanno suscitato in tutto il
mondo. Ma d’altronde come si poteva credere che il presidente Obama (nonostante fosse stato
incoronato come il nuovo messia) si sarebbe adoperato per spuntare una delle armi più potenti che
lo stesso establishment a stelle e strisce si era pazientemente costruito durante gli ultimi anni?
Teniamo sempre presente che la finanza è un’arma, e quindi come tale, il paese che ne detiene il
potenziale maggiore (precisamente gli USA, ma gli altri non stanno certo a guardare) farà di tutto,
contrariamente a quanto tenderanno sempre a far credere, per conservarlo e rinforzarlo,
specialmente di questi tempi che preannunciano un continuo innalzamento dello scontro tra
potenze.