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Napoleoni: «La crisi non finirà ci aspettano tempi peggiori»

di Piercarlo Fiumano - 23/09/2009

Fonte: ilpiccolo

Parla l'autrice del libro La morsa

«La finanza sta tornando a commettere gli stessi errori e credo che ci saranno nuovi crolli delle Borse»

Loretta Napoleoni è un’economista tra i massimi esperti di terrorismo ed economia internazionale. È nata a Roma e vive a Londra da molti anni. Collabora con la Cnn e la Bbc e scrive per ”Le Monde”, ”El País”, ”The Guardian”, ”Internazionale” e ”L’Unità”. Il nuovo libro dell’economista (”La Morsa” edito da Chiare Lettere), che sarà presentato domani al Caffè San Marco di Trieste, presente l’autrice, alle 18, ricostruisce lo scenario post 11 settembre: dai crack finanziari al fenomeno dei mutui subprime, dalla bolla speculativa sul mercato immobiliare fino alla attuale crisi che ha travolto molte certezze consolidate sui mercati: «Il mondo della finanza - dice Napoleoni - sta commettendo di nuovo gli stessi errori. E la prossima crisi sarà ancora più violenta».

Loretta Napoleoni, nel suo libro ”La Morsa” lei vede una diretta connessione fra la crisi dell’11 settembre e la crisi finanziaria.
«Bush decide all’indomani dell’11 settembre di abbassare i tassi per pagare il costo della guerra. La manipolazione del tasso di interesse da parte dell’amministrazione Usa, con il consenso del presidente della Fed Alan Greenspan, è avvenuta per motivi politici. La strategia degli Usa e del resto dell’Occidente per affrontare la crisi, all’interno del processo di globalizzazione, è stata quella di ridurre i tassi (sono stati portati dal 6 all’1,5%) come strumento per dare ossigeno al capitalismo in espansione.
Lo stesso Greenspan, con la sua visione neo-liberista, è stato celebrato a lungo come se fosse la reincarnazione di Adam Smith. Nonostante il ripetersi di crisi molto ravvicinate, ha avuto un grandissimo margine di manovra nell’utilizzare la leva monetaria. Pensava che la soluzione di tutti i problemi fosse il taglio dei tassi. E invece la finanza è un gioco a somma zero».

Oggi si parla di una nuova Grande Depressione che potrebbe durare a lungo. Dopo i crack finanziari e i casi di frode scoperti negli Usa questo modello di capitalismo deve essere ridiscusso?
«Stiamo attraversando una crisi profonda e non ce ne rendiamo conto. Il mondo della finanza, passato il pericolo, sta tornando a commettere gli stessi errori. Sono convinta che ci sarà un altra crisi finanziaria e la prossima sarà molto più seria di quella che stiamo attraversando. Circoleranno nuovi prodotti a rischio. Ci saranno nuovi crolli delle Borse».

Quando finirà?
«La recessione finirà soltanto quando ci sarà una crescita reale in grado di assorbire occupazione. Ma non è quello che vediamo. La disoccupazione in Spagna è salita
all’11 per cento, negli Stati Uniti al 15%».

Nel libro lei evoca il clima di decadimento sociale del ”Grande Gatsby” di Francis Scott Fitzgerald e poi, arrivando agli Anni Ottanta, il ”Falò delle vanità” di Tom Wolfe.
«Oggi la finanza mondiale è quanto di peggio possiamo vedere perché si limita a rincorrere il profitto. Le banche si ingrandiscono, c’è poca concorrenza, si stanno creando nuovi oligopoli. Dobbiamo chiederci perché gli Stati hanno salvato le banche se poi il sistema del credito sta ricominciando a commettere gli stessi errori. C’è qualcosa che non funziona. Il mercato finanziario è talmente vasto che le banche sono diventate dei grossi agenti di Borsa. Nessuno ha avuto il coraggio di cambiare le regole del gioco. Ad esempio ripristinando quella regola secondo cui lo strumento dei derivati si può usare sul mercato a termine soltanto se legato a termine ad attività reali».

Lei ha definito la finanza globalizzata un colosso dai piedi d’argilla. Ma chi dovrebbe cambiare queste regole?
«Gli Stati dovrebbero cambiare le regole ma non hanno i muscoli e l’interesse per farlo. L’Amministrazione Obama non è in grado di fermare un colosso come Goldman Sachs che sta ricominciando a fare la banca d’affari. Questi grandi gruppi finanziari sono troppo grandi per crollare. L’economia mondiale oggi si fonda sul funzionamento delle cinque più grosse banche del mondo e sul timore che falliscano».

Oggi cosa intendiamo per economia reale e come sta cambiando il modo di produrre in Occidente?
«In Occidente non si produce più nulla perché i costi sono troppo elevati. Il basso costo dei salari ha trasferito la produzione delle merci in Oriente. Fino a oggi la gente ha consumato indebitandosi. Ma oggi i soldi non ci sono più e i consumi si sono fermati. In Occidente ormai produciamo soltanto servizi finanziari, come sta accadendo in Inghilterra».

Qual è la verità sull’intensità della crisi economica in Italia?
«A mio parere in Italia la crisi si avverte meno a causa della presenza di un mercato sommerso, di cui non conosciamo le reali dimensioni, che sta diventando enorme. Dietro
al mercato nero si nascondono le attività criminali di mafia, camorra e n’drangheta. Lo sviluppo del mercato immobiliare in gran parte nasconde attività di riciclaggio».

Ci sono rischi di una nuova crisi energetica?
«Nell’immediato non vedo questo rischio. La crisi petrolifera degli ultimi anni è stata innescata dalla paura del terrorismo. Ma sicuramente la speculazione ripartirà. Gli indici di Borsa sono già risaliti come effetto di un ritorno dei grandi investitori e come diretta conseguenza dei bassi tassi di interesse. È una situazione simile agli anni Novanta».

Lei avverte sui rischi di protezionismo da parte degli Stati. C’è una corsa a salvare il salvabile?
«Il protezionismo è sempre negativo. Chiudersi non è una soluzione. Per esempio il condono fiscale varato da Tremonti è una manovra protezionistica. È una discriminante a favore di chi ha evaso le tasse. Non capisco come in Europa possa passare una legge di questo tipo. Mi chiedo come ci vedono a Londra o a Berlino: se fossi Angela Merkel o Gordon Brown considererei questa manovra protezionistica quando invece l’obiettivo vero dovrebbe essere l’armonizzazione fiscale che invece nessuno vuole».

Ci avviamo verso un nuovo bipolarismo mondiale fra Usa e Cina?
«Non credo che siamo di fronte a un nuovo bipolarismo perché viviamo in un mercato globalizzato. Penso piuttosto a un sistema multipolare. Sul piano economico la Cina si avvia a diventare la nuova super-potenza. Il prossimo summit dei G20 di Pittsburgh sarà un vertice Stati Uniti-Cina con Pechino che detterà le condizioni agli americani».

Il Pil è sufficiente a misurare il benessere?
«Il Pil è solo un numero ma gli altri indicatori sono difficilmente quantificabili. Un Paese come l’Islanda, che ha sofferto molto la crisi, aveva un Pil altissimo ed era uno dei paesi più ricchi al mondo. La ricchezza dell’Islanda proveniva dalla produzione di alluminio, che è molto inquinante, ma anche dalla speculazione finanziaria. Oggi c’è una tendenza a semplificare tutto ciò che è complesso. L’informazione economica si riduce a una serie di numeri».