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Kamikaze buoni e kamikaze cattivi. Proprio strano, questo Occidente in cui viviamo

di Alessandro Iacobellis - 22/10/2009

Proprio strano, questo Occidente in cui viviamo.
Ci è stato insegnato, in questi anni, a identificare un nuovo Male Assoluto, dopo quelli del secolo scorso, grazie alla cui sconfitta noi oggi viviamo nel “migliore dei mondi possibili”. Questo nuovo nemico, che vorrebbe riuscire dove fascismo e comunismo fallirono, sarebbe un generico, non meglio definito terrorismo.
Un’etichetta da appiccicare su tutti, indistintamente, coloro che attaccano i nostri interessi, di noi occidentali, in giro per il mondo. Il momento critico di questo scontro è ovviamente indicato nell’11 settembre 2001, con l’attacco al cuore dell’America, il massacro delle Torri Gemelle. Da lì in poi, inizia la guerra a un esercito invisibile, di cui non si sa nulla con certezza, nemmeno se esista veramente. Un esercito composto da individui che (ci raccontano ogni giorno giornali e tv) ci odiano e ci vogliono uccidere per ciò che siamo.
Una guerra pertanto che ci sarebbe stata dichiarata e adesso va combattuta senza quartiere, per la nostra stessa sopravvivenza come civiltà.
E allora, se veramente le cose stanno così, andiamo in Afghanistan, dove il nemico risiede e ha le sue basi. Inoltre laggiù, in quel Paese sperduto, le donne sono costrette ad indossare una veste tribale per noi incomprensibile, il burqa. Già che ci siamo cerchiamo di liberarle (e poco importa se il burqa ci fosse anche quando gli afgani erano i nostri eroi, perché combattevano il nostro avversario di allora, l’URSS). Ma perché fermarsi lì?
In fin dei conti in Afghanistan i capi dei terroristi non li abbiamo trovati. Sono fuggiti (addirittura in sella ad una banale motocicletta). Potrebbero essere altrove. Ovunque.
Vi ricordate dell’Iraq di Saddam Hussein? Nel 1991 aveva invaso il piccolo e indifeso Kuwait, i suoi soldati avevano ucciso addirittura i neonati strappandoli dalle incubatrici. Ce lo raccontava la figlia dell’ambasciatore kuwaitiano a Washington, e anche se poco dopo si era scoperto che era tutta una montatura ad uso e consumo dell’opinione pubblica (da aizzare a dovere contro i “nuovi nazisti irakeni”), beh, poco importa: l’immagine dei novelli Erode è rimasta impressa nell’immaginario collettivo, e questo conta più di mille smentite successive.
Allora, invadiamo Baghdad; si dice che nascondano armi di distruzione di massa… sì, tipo quelle che abbiamo in quantità noi occidentali e che abbiamo anche usato durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma non scherziamo, non è possibile fare paragoni, noi siamo i buoni e allora combattevamo (come oggi) contro il Male.
Bene, abbiamo vinto pure in Iraq! Cioè, insomma, non proprio vinto: lì e in Afghanistan continuano a spararci, quegli ingrati. Eccoli, li vedete i terroristi? Noi abbiamo portato la nostra libertà e loro non la vogliono, ci odiano. Non vogliono essere come noi, ma come è possibile?
Non solo lì: anche in Libano, per non parlare della Palestina. Da decenni ostinatamente combattono contro l’unica oasi di Occidente nella regione. Contro l’esercito israeliano, uno dei meglio equipaggiati al mondo. Addirittura invece di starsene buoni chiusi nel loro embargo da cielo, terra e mare, ogni tanto dalla Striscia di Gaza osano pure lanciare qualche razzo, più o meno potente come un botto di Capodanno di Napoli.
Questi terroristi, sono proprio incorreggibili. Israele ha quindi pieno diritto all’autodifesa, e se nel farlo uccide anche qualche centinaio di civili è solo perché i cattivi li usano come scudi umani, sia chiaro.
Ma insomma, per mobilitare il famigerato “Uomo della Strada” ci vuole qualcos’altro: bisogna che ci sia qualcuno che incarni fisicamente il Male che noi, difensori del Bene (l’Occidente) dobbiamo combattere, a qualunque costo ed in ogni angolo del mondo.
Semplice: il kamikaze. Come possiamo noi concepire anche solo lontanamente un’azione simile? Sacrificare la propria vita per uccidere… e poco importa quali siano gli obiettivi e le circostanze. Ciò che conta è proprio l’atto in sé, che mostra quanto “loro” siano diversi da “noi”. Perché? Ma ovvio: perché ci odiano, ripetono gli opinionisti più gettonati dei salotti televisivi e della carta stampata.
Indagare sui motivi di tali gesti, fare distinguo sugli obiettivi (civili innocenti o guerra asimmetrica combattuta con i soli mezzi di cui si dispone) diventa una perdita di tempo, se non una pericolosa acquiescenza verso il nemico.
Poi, diciamocelo: il metodo era lo stesso utilizzato dal Male Assoluto nel secondo conflitto mondiale (gli stessi giapponesi che ci hanno obbligato con la loro irrazionale e fanatica resistenza all’ultimo uomo ad usare le armi atomiche per liberarli). Tutto torna, dunque. Il nemico cambia nazionalità ma rimane fondamentalmente lo stesso nei suoi metodi e nelle sue finalità: distruggere la nostra libertà. Esso può reincarnarsi di volta in volta nei diversi angoli del mondo (anche in Russia e in America Latina, dice la tv).
Poi, si arriva a domenica scorsa: attentato kamikaze in Iran. Nella regione del Sistan-Belucistan, un terrorista appartenente al gruppo separatista Jundallah si fa esplodere, uccidendo 49 persone, tra cui alti esponenti dei Pasdaran (i Guardiani della Rivoluzione).
Ed ecco che dall’anima di questo nostro disgraziato Occidente sgorgano tutte le ipocrisie e le falsità accumulate in anni di propaganda. Scatta il cortocircuito dell’informazione da guerra permanente.
Perché stavolta il mostro ha colpito un altro mostro. Stavolta non possiamo raccontarci che nel mirino ci siamo noi, perché ci odiano. Stavolta, anzi, forse ci siamo dietro proprio noi, a quanto accaduto nella cittadina di Pishin, al confine col Pakistan. E stavolta non abbiamo assistito alle tavole rotonde in televisione, non abbiamo letto gli editoriali di fuoco sui principali quotidiani. Anzi, abbiamo letto che l’atto è sì orribile ed esecrabile, ma in fondo, beh, è la prova che a Teheran c’è un regime inviso alla popolazione. Ragionamento che, attenzione, non vale quando fatti simili avvengono a Baghdad o in Afghanistan. Perché lì ci siamo noi, il Bene, a portare la democrazia.
Le cose non si possono mettere sullo stesso piano; ricordiamo che in Iran vogliono la bomba atomica per distruggere Israele. L’ha detto anche il suo presidente, Ahmadinejad. O meglio, in realtà non l’ha mai detto, ma sappiamo bene che lo pensa, no?..
Già, proprio strano, questo Occidente. Dove l’ipocrisia è ormai pensiero unico.