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Orizzonte mobile

di Riccardo Ianniciello - 25/10/2009

  "Non so se ho molto da raccontare a proposito di questo viaggio, perché è stato soprattutto una storia di paesaggio, e di paesaggio attraversato in macchina".
   Ha inizio così, in Orizzonte mobile, il viaggio di Daniele Del Giudice in Patagonia, trecento chilometri, da Santiago risalendo per Puerto Natales, Cerro Castillo, fino alla montagna del Paine, poche le soste, il tempo di scattare velocemente delle foto: "…tenevo la macchina sul sedile accanto, e mi fermavo ogni tanto senza spegnere il motore e qualche volta senza nemmeno scendere, operando solo dal finestrino". Dunque, una storia di paesaggio attraversato in macchina e siccome si tratta solo di paesaggio, Del Giudice teme di non avere molto da raccontare. Qui sono i limiti dello scrittore. Un paesaggio, qualsiasi paesaggio, anche il meno appariscente, ad un occhio attento e sensibile, può trasmettere  molto in termini di sensazioni, di suggestioni e di armonia. La capacità di osservazione e di percezione è fondamentale in uno scrittore che intraprende un viaggio e intende descrivere un determinato paese. Thoreau sosteneva che un uomo pur avendo tutti i sensi perfettamente sani può non vedere la natura. Per guardare bene la natura occorre avere la giusta sensibilità o ricchezza interiore. E il camminare è strumento privilegiato per generare ispirazione, potente motore di ricerca linguistica. Non si può cogliere l'identità profonda di un luogo e descriverlo se non camminando: il terreno deve essere letteralmente calpestato.
   Mirabile la capacità di Del Giudice in veste di etologo - in una sua precedente esperienza nel Sud America - di descrivere la vita familiare dei pinguini, in particolar modo il momento in cui il giovane pinguino viene "abbandonato" dai genitori, per obbligarlo così a procurarsi da solo in mare il krill e il plancton di cui si nutre: peccato di non averci creduto lui stesso fino in fondo, temendo a un certo punto di fare dell'antropomorfismo: "Mi accorsi che stavo antropomorfizzando i pinguini, cosa che mi ero ripromesso di non fare, e ne parlai con Jeremy (un biologo), meglio attenersi alle molte spiegazioni dei pinguini di diverse specie che le spedizioni dei biologi osservavano e catalogavano". Ma no!, descrivere mamma quaglia che si finge ferita per difendere i propri piccoli da un pericolo, significa forse fare  dell'antropomorfismo? E' semplicemente descrivere la natura con le diverse strategie degli esseri viventi per sopravvivere. Talvolta agli etologi manca l'estro e la capacità descrittiva propria degli scrittori e quando uno scrittore si ritrova con l'inclinazione dell'etologo, allora abbiamo la migliore combinazione possibile.
    Del Giudice, attraversando la pampa incontra le estancias, le fattorie dei grossi proprietari terrieri e di allevamenti del Sudamerica che trova "bellissime, curate, ben dipinte…" e, contrapponendole alle nostre scure cascine agricole, manifesta il suo desiderio di visitarne qualcuna all'interno, di conoscerne i proprietari: "Ancora una volta ho provato il desiderio di bussare al cancello di questa estancia, di parlare con i suoi proprietari, di conoscere la loro vita e la loro storia, di sapere se sono gli eredi dei grandi estencieros che in due secoli fecero la fortuna di questa terra o se invece sono dei nuovi proprietari, senza storia alle spalle".
    Qui lo scrittore sembra chiedersi: i proprietari delle estancias, le linde, pettinate e allegre fattorie, sono gli eredi dei grandi latifondisti che in due secoli fecero la fortuna di quella terra, annientando, perseguitando i legittimi abitanti, i fuegini e sfruttando spietatamente una manodopera fatta di meticci ed emigranti europei, oppure sono i nuovi padroni, gente che non ha alle spalle quella gloriosa storia? 
   Quando Del Giudice  arriva a Puerto Natales da buon turista non può mancare la visita alla Cuerva del Milodòn, la grotta più famosa del Sudamerica: "Qui nel 1895 Eberhard, più o meno all'epoca in cui suo fratello proseguì per la California e avviò la fabbrica di celebri orologi, trovò la pelle perfettamente conservata di un grosso animale preistorico cui diede il nome di milodonte. Ho passato un pomeriggio in quella grotta, avevo letto i libri degli studiosi e dei viaggiatori che dall'inizio del secolo scorso erano arrivati fin qui, compreso quello di Bruce Chatwin".
   Ora la lista dei viaggiatori è completa.