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Libano: resta alta la tensione ai confini meridionali

di Dagoberto Husayn Bellucci - 22/11/2009



Il Libano che ha trovato finalmente il suo assetto istituzionale con la
costituzione del governo di unità nazionale presieduto da Sa'ad Hariri rimane
un paese ad alto rischio bellico: è di poche ore fa la notizia, riportata
dall'agenzia stampa ufficiale libanese Nna, che un veicolo-spia israeliano
sarebbe stato oggetto della rappresaglia da parte dell'esercito libanese.
Episodio non nuovo, accade praticamente quasi tutti i giorni che aerei-spia
senza pilota provenienti dall'entità sionista oltrefrontiera sorvolino
indisturbati lo spazio aereo del sud del paese, che si inserisce in una
situazione di estrema tensione legata soprattutto alle minacce israeliane che,
di giorno in giorno, sembrano aumentare.
"Israele" si prepara a riaprire i war-games contro la Resistenza nazionale.
Il fatto nuovo dell'episodio in questione è che per la prima volta sia stata
una batteria contraerea delle forze armate libanesi ad aprire il fuoco
nell'area attorno a Bint 'Chbeil costringendo il velivolo sionista ad
interrompere la sua missione ricognitivo-spionistica.

Il comandante in capo dell'esercito libanese, Gen. Jean Kahwaji, ha fatto
appello in queste ore alle truppe alla "massima allerta" e a "prepararsi alla
difesa lungo la frontiera". Secondo quanto riferito dal quotidiano londinese in
lingua araba "Al Quds al Arabi" il comandante in capo delle forze armate
avrebbe diramato nuove disposizioni per "continuare a contrastare con ogni
mezzo a nostra disposizione" ogni genere di violazione israeliana del
territorio, dello spazio marittimo e aereo libanesi.

Anche Hizb'Allah ovviamente mantiene in massima allerta i reparti della
Resistenza proprio a 24 ore di distanza dalla rielezione alla guida del
movimento sciita filo-iraniano del suo Capo, Sayyed Hassan Nasrallah,
segretario generale riconfermato per la sesta volta assieme al suo vice, sheick
Naim Qassem, a dirigere l'organizzazione multifunzionale che rappresenta il
principale problema d'ordine politico-militare e di sicurezza nazionale per
l'entità sionista.

Resistenza ed Esercito marciano dunque uniti e compatti , con identici
obiettivi e stesse preoccupazioni, per difendere i confini meridionali. E che
una ritrovata serenità nei rapporti spesso tumultuosi fra Istituzioni nazionali
e movimento sciita sia raggiunta viene confermato, sempre nelle ultime ore,
dalle notizie riguardanti il ritorno della polizia nazionale (la Securitè
Genèrale) nelle periferie meridionali della capitale Beirut (Dayheh) a
stragrande maggioranza sciite e roccaforte del partito di Dio.

Per la prima volta da decenni il movimento sciita ha richiesto l'invio di
uomini e mezzi delle forze di sicurezza e di polizia secondo quanto riportato
nella giornata di venerdì dal quotidiano "an Nahar" di Beirut. A ordinare una
"istituzionalizzazione" delle aree periferiche meridionali della capitale -
finora sotto sorveglianza e controllo autonomi direttamente in mano agli uomini
del servizio d'ordine di Hizb'Allah o 'Amal - con il ritorno della polizia
sembra sia stato proprio Nasrallah il quale aveva pubblicamente annunciato
qualche giorno or sono una campagna nazionale sotto lo slogan "L'Ordine è parte
della fede!" intesa a migliorare i rapporti fra Stato e comunità sciita.
Lo scopo dell'iniziativa lanciata dal segretario generale, secondo quanto
avrebbero dichiarato al giornale diversi esponenti dello stesso partito sciita,
sarebbe quello di riportare le istituzioni statali nei sobborghi  meridionali
per "diffondere la consapevolezza sull'importanza del rispetto di ordine e
legge".

I primi mutamenti sembrano già in corso d'opera se, fin da una settimana, i
primi poliziotti avrebbero rimpiazzato i membri della milizia territoriale di
sicurezza sciita denominata "Indibat" (Disciplina) ai quali era delegato
l'ordine nella zona dove abitano oltre 800mila persone (la cittadella sciita a
sud della capitale).

L'accordo nazionale che ha portato all'annuncio della formazione del governo
di unità comprendente Hizb'Allah e i partiti dell'Opposizione sembra dunque
produrre i primi frutti nel senso di una effettiva riconciliazione nazionale
che, secondo quanto dichiarato anche dal portavoce del blocco della Resistenza
in parlamento - dr. Mohammad Ra'ad -, "passa per una maggiore
istituzionalizzazione di tutte le forze politiche presenti in parlamento".
Politicamente la situazione a Beirut rimane stabilmente precaria come sempre:
ci vorrà tempo per vedere i primi effetti dell'azione di un esecutivo che nasce
sotto i migliori auspici ma contro il quale potrebbe abbattersi la tempesta di
un nuovo conflitto che i sionisti minacciano ripetutamente di scatenare.
Governo che ha lasciato molte insoddisfazioni soprattutto fra i partiti
cristiano-maroniti filo-occidentali, la Falange di Amin Gemayel e le Forze
Libanesi di Samir Geagea, che hanno minacciato di ritirare la loro fiducia al
premier Hariri.
L'alleanza filo-occidentale dell'8 marzo (o fronte di Bristol dall'hotel che
ne ospitò il primo vertice tre anni or sono) sembra essersi incrinata dopo la
vittoria elettorale delle scorse legislative di giugno: da un lato Hariri ha
cercato l'unità con le forze d'opposizione lasciando malumori fra coloro
(Geagea e Gemayel) che premevano per una riedizione del governo della
maggioranza sul modello Siniora; d'altro lato un mese or sono il leader druso
Waleed Jumblatt (leader del partito socialprogressista alleato di Hariri) ha
abbandonato l'alleanza, sostenendo che si stesse chiudendo un momento storico
ed occorresse voltare pagina.
Jumblatt, banderuola della politica libanese ma anche esperto e navigato
'lettore' della situazione regionale, fiutando probabilmente quanto andava
maturando sottobanco fra il partito di maggioranza dei sunniti (la Corrente
Futura di Hariri) e i partiti dell'opposizione, ha preferito 'spostarsi di
lato' riallacciando direttamente i rapporti con Hizb'Allah e incontrando il suo
segretario generale Sayyed Hassan Nasrallah.
L'epoca tormentata delle accuse e controaccuse fra i due politici sembra,
apparentemente, alle spalle.
Hizb'Allah, forte dell'appoggio dato al suo alleato cristiano (Aoun e il suo
movimento Tayyar), ha così positivamente ottenuto una vittoria schiacciante
ritornando al governo, ottenendo due ministeri per sè e altre otto per i suoi
alleati e richiedendo ed ottenendo di fatto il pieno riconoscimento e la
legittimità del suo braccio militare, la Resistenza, che continua
istituzionalmente a svolgere la sua funzione difensiva ai confini meridionali
al fianco dell'esercito nazionale.
Forte di questi successi ottenuti sul fronte interno e dell'annuncio del
premier designato Hariri della costituzione di un esecutivo nazionale
Hizb'Allah può ora tranquillamente occuparsi della situazione geopolitica e
strategica regionale, degli equilibri precari del Vicino Oriente e fare fronte
nel modo migliore ad eventuali minacce militari provenienti da Tel Aviv. La
situazione regionale risulta ancora una volta decisiva per quanto avviene
all'interno del paese dei cedri: da un lato la Siria ha riannodato le relazioni
con l'Arabia Saudita favorendo così il dialogo interlibanese, d'altro lato
proprio la stessa Arabia Saudita, sostenitrice dei sunniti di Hariri e esposta
finanziariamente e politicamente nel paese dei cedri, si trova ingarbugliata ad
affrontare in queste ultime settimane una grave crisi nata ai suoi confini
meridionali , con lo Yemen, che vede i ribelli sciiti dell'etnia huthi,
sostenuti da Teheran, rappresentare una minaccia tale da indurre il regno
saudita ad intevenire con truppe di terra e aviazione nella regione
frontaliera.
Damasco proprio nell'ultima settimana ha negato di essere disponibile ad un
negoziato diretto con Tel Aviv fintanto che non saranno poste sul tavolo delle
trattative le sue richieste storiche relative alla restituzione delle alture
del Golan (occupate militarmente dai sionisti durante la guerra dei sei giorni
del 1967 e annesse unilaterlamente dal regime ebraico occupante la Palestina
nel 1981), il riconoscimento dei diritti inalienabili del popolo palestinese ad
uno Stato ed il ritorno dei profughi palestinesi alle loro terre. Il presidente
Bashar el Assad, pur confermando che esiste una mediazione turca per ritornare
ad un negoziato con "Israele", ha definito attualmente impossibile la ripresa
di colloqui "di pace" con il premier Nethanyahu il quale è il primo ad aver
silurato qualsiasi opzione diplomatica opponendosi immediatamente alla
decisione unilaterale presa dall'ANP (Autorità Nazionale Palestinese) di
proclamare una sovranità nazionale palestinese oltre a riprendere la
colonizzazione del settore orientale di Gerusalemme.
La tensione rimane alta soprattutto per le reiterate minacce sioniste contro
Hizb'Allah. Lo scambio di accuse e minacce fra i sionisti e il Partito di Dio
si è intensificato nell'ultimo periodo e numerose sono risultate le
provocazioni orchestrate per screditare il movimento di Nasrallah o coinvolgere
i suoi alleati (non da ultimo il sequestro da parte israeliana di un cargo
carico di armamenti e tecnologia militare che Tel Aviv ha pretestuosamente
indicato come dirette alla Resistenza libanese).
I nuovi episodi di queste ultime ore confermano il quadro allarmante di una
situazione che, se pare normalizzarsi sul fronte interno, resta tesa rispetto
alla minaccia sionista.