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Non giochiamo con il fuoco

di Guido Dalla Casa - 13/12/2009


 

   Ho letto l’articolo “Non giochiamo con il fuoco” di Giovanni Sartori, apparso sulla Rassegna Stampa di Arianna il 10 dicembre. Ne condivido pienamente le conclusioni, ma mi sembra opportuno qualche commento, in particolare sulle seguenti parole:
“…quando la società industriale fece proliferare le ciminiere alimentate a carbone nessuno sapeva che quelle ciminiere avrebbero minacciato il clima. Nel 1968 Paul Ehrlich denunziava l’esplosione demografica (a ragione), ma nemmeno lui sapeva della bomba ecologica. E lo stesso vale, a metà degli anni 70, per Aurelio Peccei e il Club di Roma, che concentrò la sua attenzione sulla limitazione delle risorse, non su un collasso ecologico che la scienza non aveva ancora captato.”
   A mio avviso, uno studio con calcoli anche sommari sulle immissioni di CO2 nell’atmosfera, estrapolando gli andamenti esponenziali di 50 o 100 anni fa,  avrebbe evidenziato dove si andava a finire. Una valutazione della crescita della popolazione mondiale con i parametri di 50-60 anni fa e la “speranza” di dare la macchina a tutti fornivano come proiezione in avanti un quadro molto simile alla situazione attuale.
   Nel famoso rapporto del Club di Roma “I limiti dello sviluppo” era chiaramente indicato che, continuando il modo di vita in atto, basato sull’aumento indefinito dei beni materiali, si andava incontro a problemi insolubili. Infatti, dei dodici scenari ivi esposti, tutti – tranne due – terminavano con la catastrofe del sistema in tempi variabili dal 2020 al 2080, a seconda dei nuovi ritrovamenti di risorse e dei livelli di consumo. Lo scenario con “risorse infinite”, completamente teorico e in certo senso “ottimistico”(!), portava al collasso del sistema attorno al 2080 per un mostruoso eccesso di inquinamento. Tuttavia il linguaggio di quel rapporto era quello sistemico-matematico-informatico e non si prestava ad interpretazioni immediate di cosa poteva succedere, o di cosa significava in pratica l’impazzimento dei diagrammi, anche se era facilmente intuibile che si trattava di guai grossi.
   Per inciso, i due scenari che non terminavano con la catastrofe del sistema avevano fra le ipotesi di partenza, come condizione necessaria e non sufficiente, la stabilizzazione della popolazione mondiale entro il 1975, cioè su valori massimi dell’ordine di tre-quattro miliardi di umani, con livelli di consumo inferiori a quelli medi attuali.
   Qualunque estrapolazione degli andamenti tipici della civiltà industriale dell’ultimo secolo, se estesi a tutto il mondo, avrebbe mostrato che si trattava di fenomeni impossibili perché incompatibili con la vita dell’Ecosistema, o, se preferite, con il  funzionamento della Terra. Il fatto è che l’uomo di solito non è abituato a ragionare, ma procede “per passioni”: aveva l’ubriacatura del “progresso”, e ce l’ha ancora oggi, malgrado l’evidenza.
   Nella seconda metà dell’Ottocento, qualche pensatore nostrano aveva affermato che “l’avvento dell’illuminazione pubblica porterà ovviamente alla fine della delinquenza” e “il progresso farà ben presto terminare la fame e le guerre”. Circa nello stesso periodo,  uno sciamano dei nativi americani (forse Alce Nero), dopo avere osservato il modo di vita degli invasori europei, aveva esclamato: “Soffocherete nei vostri rifiuti. Non si può uscire dalla Ruota della Vita.”  Naturalmente nessuno ha mai dato retta a quel “primitivo”.
   E’ assai triste constatare che, si fosse usato il ragionamento e non le passioni come avviene di solito, si poteva prevedere la situazione attuale, come condizione dell’atmosfera, intasamento-inquinamento urbano e distruzione dell’ambiente naturale: allora si poteva evitare di proseguire su quella strada, non si sarebbe arrivati ai mostruosi consumi energetici di oggi e non si sarebbero mai messe in circolazione nel mondo settecento milioni di auto private.
  E qualcuno vorrebbe portare in Cina la nostra media di auto pro-capite, che corrisponde, solo in quel Paese, a un miliardo di vetture!!!