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Scoperta la Stonehenge cinese

di Marco Del Corona - 15/12/2009


Risale a 4100 anni fa: è il più antico osservatorio astronomico

He Nu è convin­to di avere ragione, e continua a scavare. Gli astronomi pensa­no che possa avere ragione, e lo lasciano scavare. Ed è così che He procede con la sua mis­sione: dimostrare che i resti scoperti nella contea di Xian­gfen, provincia dello Shanxi, appartengono al più antico os­servatorio astronomico mai identificato. Il sito di Taosi, che risale a 4.100 anni fa, è la gran­de scommessa di He. Lui è ri­cercatore all’Istituto di Archeo­logia che fa capo all’Accademia di Scienze sociali (la Cass), una delle istituzioni cardinali della Repubblica Popolare: secondo la sua teoria, Taosi non solo è un punto di svolta nella storia dell’umanità, ma contribuireb­be ad allargare le conoscenze sulle prime fasi della civiltà ci­nese, 5 mila anni di storia i cui capitoli iniziali trascolorano nel mito.

Le autorità di Pechino dal 2001 conducono un program­ma di ricerche archeologiche per investigare i fondamenti della Cina di oggi, in un’ansia (nazionalistica) che si nutre di primati, reali o presunti. Taosi, dunque, ricopre un ruolo chia­ve. Una Stonehenge cinese. He Nu ha dichiarato che la struttu­ra delle vestigia gli ha ricorda­to il celeberrimo monumento britannico: stesso impianto cir­colare, «e poiché gli antichi ci­nesi credevano che il cielo fos­se circolare, tutte le strutture che si riferivano al cielo aveva­no una pianta circolare». Il Chi­na Daily, quotidiano che mo­stra quanto la Cina vuole far sa­pere di sé al mondo, gli ha dato credito. E lascia che He spieghi gli indizi che lo portano a soste­nere, reperti alla mano, di ave­re scoperto il primo osservato­rio astronomico di sempre.

Il ritrovamento dei resti risa­le al 2003 e sei anni sono servi­ti a He Nu per argomentare la sua ipotesi. Gli scavi hanno mo­strato che a Taosi erano esistiti 13 pilastri posti – appunto – cir­colarmente. Dodici intervalli. Dal dicembre 2003 all’aprile 2004, l’archeologo ha effettua­to osservazioni utilizzando dei pali infissi nel terreno in corri­spondenza delle tracce dei pila­stri. Registrando il sorgere del sole intorno ad alcune date fon­damentali – solstizio d’inver­no; il picco della stagione fred­da, ovvero verso il 20 gennaio; l’equinozio di primavera; il pic­co delle piogge, cioè verso il 20 aprile – He ha avuto la quasi certezza che si trattasse di un osservatorio, utilizzato per orientare i tempi dell’agricoltu­ra. Quando gli astronomi han­no contestato la prima tornata di dati, He ha ripreso a scavare, scovando le tracce di quello che doveva essere il punto d’os­servazione originale, 25 centi­metri di diametro. E’ a 4 centi­metri dal punto d’osservazione che He si era dato per le sue si­mulazioni: quasi una prova.

Qualche anno e 70 cicli stu­dio del cielo dopo, sia i lumina­ri dell’astronomia sia l’Istituto per la Storia delle Scienze natu­rali presso la Cass hanno am­messo che i dati raccolti merita­no approfondimenti. He esul­ta. Se così fosse, l’epoca degli imperatori Yao, Shun e Yu, col­locati in un terzo millennio a.C. dal sapore mitologico, ri­sulterebbero un po’ meno leg­gendari e un po’ più reali. So­prattutto Yao, cui tradizional­mente si riconosce l’introduzio­ne dell’astronomia e del calen­dario. Il direttore del museo ar­cheologico della contea, Tao Fuhai, ha invece esaminato il vasellame ritrovato a Taosi concludendo che qui, per la prima volta in Cina, il moti­vo decorativo del drago si associa al potere, dunque al potere imperiale, e che il sito può perciò essere quel­lo di una capitale. La caccia alle radi­ci della terza economia mondia­le è solo cominciata. He Nu con­tinua a scavare, gli accademici osservano. Alle ambizioni della Cina servono anche le stelle del passato.