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Shock Shopping è la malattia che ci consuma

di Saverio Pipitone - 17/12/2009

Dottor Pipitone, provocatoriamente le chiedo se consiglierebbe il suo libro come regalo di Natale?       Certamente sarebbe un regalo utile! Soprattutto per quelle persone che vogliono capire come funziona il sistema distributivo delle merci negli ipermercati, recuperare il valore d’uso dei beni e tentare di iniziare un percorso di consapevolezza nei consumi.     Può spiegarci come è nata la GDO e qual è la filosofia che sottende?

La Grande Distribuzione Organizzata (GDO) è un sistema nato con la società dei consumi per distribuire in modo globale le merci e raggiungere totalmente la massa dei consumatori.
La GDO attraverso le strutture commerciali funziona come un’ideologia che totalizza il consumatore e riesce a condizionare tutta la filiera produttiva, che necessariamente per sopravvivere si adatta alle logiche delle insegne distributive. James Ballard in uno dei suoi ultimi libri di fantapolitica scriveva che “Il consumismo è lo strumento migliore mai inventato per controllare le persone. Nuove fantasie, nuovi bisogni, nuove antipatie, nuove anime da salvare. Per qualche strana ragione chiamano tutto questo shopping. Ma in realtà è la forma più pura di politica”.

Il sottotitolo di Shock Shopping è la malattia che ci consuma. Soprattutto nei periodi di festa, però, ci sentiamo molto felici quando compriamo, anche se spendiamo troppo: quali sono i meccanismi che ci inducono all’acquisto?

      Innanzitutto, vorrei dire che il concetto di felicità non si riferisce per niente alle pratiche di consumo; la felicità può riguardare i rapporti tra le persone, l’amore, l’amicizia, l’incontro e cosi via, ma non l’acquisto di un bene di consumo che può darci solo l’illusione momentanea di essere felici. La felicità di un uomo e di una donna non si riduce alla relazione con una merce.
La pubblicità diffusa a 360 gradi, dalla TV ai cartelloni fino ad arrivare alle promozioni dentro i centri commerciali, ci informa continuamente delle ultime novità di beni di consumo e ci attrae con una bella confezione o una frase che ci dice che quella merce è indispensabile per il nostro stile di vita, ma in realtà rappresenta l’illusione di un momento perché quello stesso oggetto ha uno scarso valore d’uso. 

Secondo lei, come si può evitare la GDO? O meglio cosa dobbiamo fare per non essere - riutilizzando il titolo del suo primo libro -Schiavi del Supermercato? Quali sono le vie di fuga?

      Evitare la GDO è molto difficile, anche se le scelte personali possono incidere fortemente sulla società dei consumi. Secondo me il primo passo da fare è quello di recuperare il valore d'uso dei beni: occhio quindi ai rubinetti dell'acqua; non mangiamo ogni giorno carne; non usiamo sacchetti di plastica;  prendiamo il meno possibile l'auto; evitiamo bicchieri, piatti e tovaglioli di plastica o fazzoletti di carta. Non bisogna poi acquistare merci superflue o inutili solo perché siamo attratti dall'ultima novità, da una bella confezione o perché ce lo dice la pubblicità. Dopo questo primo passo, il successivo è quello di leggere alcuni libri che parlano di decrescita, sobrietà e semplicità volontaria per prepararsi al cambiamento sia teoricamente - consiglio i libri di Serge Latouche e di Alain De Benoist-, sia praticamente -con i libri di Maurizio Pallante o di Valerio Pignatta. Studiando e capendo come si sviluppano le alternative si può passare ad una fase più radicale fatta di gruppi di acqusito solidale; di acquisto ai farmer market; di latte alla spina senza imballi,... Ribadisco che sono le piccole azioni quotidiane che possono salvare il mondo.

      Nel suo libro parla di livellamento imperialista e di spazzatura elettronica. A cosa si riferisce con questi termini? Può farci esempi concreti?      I mobili di Ikea, ad esempio, sono uguali in tutto il mondo e le case sono oramai arredate allo stesso modo, dall’Europa agli Stati Uniti e in Asia. Si assiste così a un livellamento e omologazione degli stili di vita. Da più parti si dice che Ikea ha consentito alla massa di arredarsi la casa con una minima spesa e questo è vero, anche se dietro il costo basso si nasconde lo sfruttamento dell’ambiente e dei lavoratori da parte di tutte quelle insegne distributive che riescono a vendere le merci a prezzi sempre più bassi. Quando parlo di spazzatura elettronica mi riferisco invece ai rifiuti hi-tech, come i vecchi pc o cellulari, che il consumatore cambia continuamente per un modello più nuovo. La società dei consumi si basa sul principio che il percorso tra il supermercato e il bidone della spazzatura deve essere sempre più breve con un consumatore che acquista una merce da utilizzare per poco e da cambiare subito con un modello nuovo, in modo che incrementa il Prodotto Interno Lordo (PIL) ma tale crescita produce anche una quantità illimitata di spazzatura elettronica che danneggia l’ambiente e il sociale. Per esempio, dietro gli scontri etnici in Congo (Africa) si nasconde in realtà una guerra tra multinazionali per accaparrarsi le materie prime minerarie che servono alla produzione di articoli di elettronica.