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L'affondamento della Gustloff: un crimine di guerra tuttora sottaciuto

di Ingrid Zündel - 20/12/2009


Il 16 Dicembre del 2009, è stato proiettato a Toronto un film intitolato “Sinking the Gustloff” [Affondare la Gustloff]. La regia è di Marcus Kolgar, un giovane estone-canadese. Karin Manion, una “sopravvissuta della Gustloff”, ha scritto queste osservazioni introduttive:

LA CATASTROFE DELLA GUSTLOFF

Volevo introdurre questo film perché mi considero, per così dire, una ‘sopravvissuta’.

Forse dovrei iniziare raccontandovi qualcosa sulla nave stessa. La Gustloff[1] era una nave passeggeri di lusso, che venne varata nel 1937 come nave ammiraglia KdF [Kraft durch Freude, che letteralmente significa: la Forza attraverso la Gioia][2]. Si trattava di un programma del partito nazista volto all’organizzazione pionieristica di crociere a basso costo per i lavoratori - simile alla venuta della Wolkswagen [auto del popolo], un’automobile che rientrava nelle possibilità del lavoratore tedesco medio – un viaggio di piacere a prezzi molto ragionevoli.

Fino a quell’epoca, i viaggi transoceanici, nel mondo civile, erano stati appannaggio dei ricchi. La nave prese il nome da Wilhelm Gustloff, il leader del partito nazista svizzero che era stato assassinato da uno studente ebreo chiamato David Frankfurter; in realtà, venne colpito cinque volte, alla testa e al capo.

La nave venne requisita dalla Marina tedesca nel Settembre del 1939, per fungere da nave ospedale fino al 1940. Il 20 Novembre del 1940, venne privata delle sue attrezzature mediche e ridipinta dai suoi colori ospedalieri nel tipico grigio navale. Venne quindi assegnata come caserma galleggiante per il personale della Marina al porto baltico di Gdynia (in tedesco, Gotenhafen), vicino Gdansk (Danzica). La nave intraprese il suo ultimo viaggio il 30 Gennaio 1945, durante l’”Operazione Annibale”, quando venne affondata mentre partecipava all’evacuazione dei civili e dei militari circondati dall’Armata Rossa nella Prussia orientale.

Partendo da qui, vorrei parlare un po’ della mia esperienza personale. Mentre l’Armata Rossa avanzava nella Germania dell’est (Prussia orientale) e si veniva a sapere delle prime atrocità contro i civili perpetrate dai russi, la mia famiglia – mia madre, mia nonna, un figlio adottivo e io stessa – iniziò un viaggio dell’orrore. Mio padre era stato arruolato dall’esercito tedesco, così eravamo soli. Iniziammo la fuga – a piedi, all’inizio - nell’autunno del 1944 da Tilstit, Prussia orientale. A volte riuscivamo ad avere un passaggio da qualcuno con cavallo e calesse. Ovviamente, il nostro bagaglio era molto ridotto. Non si possono trasportare molte cose quando si viaggia a piedi e il più di quel poco che potevamo portare andava perso lungo la strada, perché diventava pesante e superfluo. Potevamo pensare solo a rimanere vivi.

Ricordo molto poco di questo viaggio perché ero molto piccola, neanche 5 anni di età. Quella che ricordo vividamente è la nostra fuga lungo la Frische Haff (un’insenatura del Baltico). Le strade erano ostruite dai militari e le autocisterna russe falciavano chiunque sulla loro strada. Così la nostra sola scelta fu di inoltrarci lungo l’insenatura ghiacciata. C’erano migliaia di profughi, proprio come noi, che avevano avuto la stessa idea e che volevano solo andare ad ovest, via dal nemico incombente. In questo caso, fummo abbastanza fortunati da avere il permesso di salire su un calesse; così viaggiammo con una folla di migliaia di profughi, tutti speranzosi che la temperatura rimanesse fredda in modo da conservare il ghiaccio.

Poi, accadde l’impensabile! Gli aerei russi iniziarono a mitragliarci e a colpire i profughi congelati che fuggivano per salvare la pelle. Potevo osservare come i calessi che ci stavano dietro e a fianco cadessero sul ghiaccio e la gente affogasse. Non dimenticherò mai le urla che sentii. Non ero mai stata così atterrita prima di quel momento. Il figlio adottivo che mia nonna portava con sé, un bambino di circa dieci anni, continuava a dire: “Nonna prega, nonna prega!”. Il buon Dio deve aver sentito le nostre preghiere, perché riuscimmo poi ad arrivare in salvo su una qualche spiaggia.

Infine, giungemmo nella città portuale di Gdnynia. All’epoca, la Marina tedesca aveva requisito tutti i mezzi galleggianti disponibili per l’evacuazione dei profughi del fronte orientale. Mia madre era in stato di avanzata gravidanza ed era riuscita a procurarsi dei biglietti per la Wilhelm Gustloff. Salimmo sulla nava, solo per sentirci dire che non avrebbero preso a bordo mia nonna (non ho mai scoperto il perché). Mia nonna esclamò: “Vi prego, tu e i bambini andate. Troverò un’altra strada”. Mamma le rispose: “Madre, stiamo fuggendo insieme da quattro mesi; non ci separeremo ora”. Ella quindi si girò, restituì i biglietti e scendemmo dalla nave.

Ebbene, ora conosciamo il destino della Gustloff. La nave era progettata per trasportare comodamente 1.880 passeggeri e l’equipaggio ma venne riempita zeppa. In realtà, anche la piscina era stata svuotata e riempita di passeggeri. La Gustloff finalmente lasciò il porto solo dopo il mezzogiorno del 30 Gennaio del 1945 con 10.852 persone a bordo. Alle 9:16 di quella sera, venne colpita da tre missili lanciati da un sottomarino sovietico. 62 minuti dopo, affondava nel Baltico dove la temperatura dell’acqua era di soli 3 gradi Celsius e la temperatura dell’aria era molto più bassa. In mezzo al caos, furono pochi quelli che riuscirono a salire sulle scialuppe e a farsi soccorrere da una nave di scorta, ma oltre 9.000 morirono nel peggiore disastro navale della storia.

Soltanto adesso, più di 60 anni dopo la fine delle ostilità, si parla di tutto ciò. Fino a poco tempo fa, fu il segreto meglio conservato negli annali della guerra, un vero complotto del silenzio. Fino a poco tempo fa, il più grande disastro marino veniva considerato l’affondamento del Titanic. In realtà, sono stati fatti molti film su questo disastro avvenuto in epoca di pace.

Alexander Marinesko era il capitano del sottomarino russo. Proprio come l’Inghilterra ha eretto una statua in onore di Bomber Harris per i bombardamenti annichilenti contro i civili tedeschi, così l’Unione Sovietica gli ha dato il premio postumo – nel 1990 – di “Eroe dell’Unione Sovietica” per questo atto di malvagità. Qualcuno intervistò Marinesko prima che morisse e gli pose la questione – retrospettivamente, ora che è risaputo che la Gustloff era una nave per profughi, che trasportava principalmente donne e bambini, ha dei rimpianti per quello che fece allora? Egli disse di non averne, perché i tedeschi avrebbero fatto lo stesso a loro se ne avessero avuto la possibilità.

Questo fu un crimine di guerra? Ebbene, guardate il film e giudicate voi.

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Karin, dopo l’evento, ha commentato: all’evento ha partecipato molta gente, visibilmente commossa. Alla fine, c’è stata una discussione. La gente si chiedeva soprattutto il perché del fatto che tale segreto sia stato mantenuto così a lungo. Le persone si sono anche indignate che il capitano Marinesko sia stato premiato per aver ucciso deliberatamente dei civili. In realtà, qualcuno ha suggerito di fare una processione a lume di candela di fronte all’ambasciata russa il 30 Gennaio del 2010 per commemorare questo crimine di guerra e onorare le donne e i bambini vittime di questo disastro.
[1] http://www.alessandracolla.net/?p=247
[2] http://en.wikipedia.org/wiki/Strength_Through_Joy