Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il capitalismo parassitario e gli uomini pieni di larve

Il capitalismo parassitario e gli uomini pieni di larve

di Stefano D’Andrea - 21/12/2009

Fonte: appelloalpopolo

La lettura del libro di Zygmunt Bauman, Capitalismo parassitario, Bari, 2009 e in particolare del primo capitolo, che più riflette il titolo del libro, lascia sospesi e perplessi. Si ha l’impressione di aver seguito un ragionamento ben costruito ma interrotto a metà.

Bauman muove dalla celebre tesi di Rosa Luxenburg, secondo la quale il capitalismo non può sopravvivere senza economie “non capitalistiche”. Esso potrebbe prosperare finché trova “terre vergini da sfruttare”. Il capitalismo sarebbe un sistema parassitario che può crescere e consentire l’accumulazione di capitale quando trova un organismo non ancora sfruttato del quale nutrirsi. Il sociologo svolge la teoria applicandola al moderno capitalismo, osservando che la Luxemburg non aveva ipotizzato che i territori premoderni di paesi esotici non sono gli unici potenziali “ospiti” dei quali il capitalismo può nutrirsi. Gli ospiti moderni, la nuova specie di ospiti, sono gli stessi cittadini degli Stati ad economia capitalistica. Lo sfruttamento avviene assoggettando i cittadini – e invero anche le imprese produttive, ma sul punto Bauman tace – al pagamento degli interessi sul debito contratto con banche e finanziarie.

L’introduzione delle carte di credito è stato il segnale di quello che sarebbe venuto dopo”, scrive Bauman, il quale ci informa che le carte di credito furono lanciate con lo slogan “Togliete l’attesa dal desiderio”. Le storie che Bauman narra, tratte dalla cronaca della Gran Bretagna, sono penose e probabilmente riguardano le cosiddette carte di credito “revolving” – appena lanciate in Italia, dove per fortuna il capitalismo è meno “maturo” che in Gran Bretagna. Cosa dovrebbe fare, secondo voi, il popolo ai nostri “esperti” che lodavano e, talvolta, ancora continuano a lodare il capitalismo “maturo” dei paesi anglosassoni? Il titolare della carta di credito revolving, utilizzando la carta, contrae un prestito, che deve restituire, con gli interessi, mediante rate fisse mensili. Bauman osserva che i cittadini debitori abbandonano una banca o una finanziaria, che non riescono più a pagare, a favore di un’altra, la quale paga il debito alla prima e diventa la nuova creditrice. Ciò che interessa alle banche e alle finanziarie sono ormai gli interessi, non il capitale. Il capitale, precisiamo noi, sta in bilancio come attivo e continua a figurare come tale anche quando è certo che i debitori non potranno restituirlo; in questo modo banche e finanziarie producono “utili” (e quindi la crescita del valore delle azioni: sic!), che non vi sarebbero o sarebbero molto minori se si prendesse atto che quegli attivi non valgono nulla o ammontano a molto meno del valore nominale, tanto più che questo meccanismo è necessario e per così dire strutturale, posto che il sistema capitalistico moderno (o post moderno; insomma quello attuale) si fonda su una quantità di crediti-debiti largamente superiore alla massa monetaria circolante. Osserva Bauman: “le banche e le società di carte di credito contano ormai sul “servizio” continuato del debito invece che sul pronto rimborso dello stesso”. Bauman poi accenna agli ormai famosi mutui subprime e al credito al consumo (che opportunamente denomina “debito al consumo”), osservando che in Gran Bretagna “il debito al consumo non rimborsato ha superato il totale del prodotto interno lordo”.

La situazione nella quale vengono a trovarsi i protagonisti delle brevi storie narrate da Bauman – le quali comunque riflettono la condizione di milioni di cittadini britannici e statunitensi – è definita dall’autore come “tunnel”: la parola che si suole utilizzare per descrivere la condizione di forte dipendenza da una droga pesante. E infatti, precisa Bauman: “Vivere a credito dà dipendenza come poche altre droghe, forse più di qualsiasi altra droga, e sicuramente di più di altri tranquillanti in offerta…”.

Infine Bauman pone in evidenza il ruolo dello Stato, che nella fase liquida della modernità – così, notoriamente, Bauman designa la fase attuale della modernità – “è “capitalista” nella misura in cui garantisce la disponibilità continua di credito e la capacità continua dei consumatori di ottenerlo”. Assumendo posizioni di ispirazione marxista, il sociologo precisa che “La cooperazione tra stato e mercato nel capitalismo è la regola; il conflitto tra di essi, se mai viene alla luce, è l’eccezione. Di regola, le politiche dello Stato capitalista “dittatoriale” o “democratico”, vengono costruite e condotte nell’interesse, non contro l’interesse dei mercati”. Oggi, secondo Bauman, lo Stato promuove e protegge l’accumulazione di capitale, non tanto attraverso lo sfruttamento della manodopera operaia, bensì attraverso lo “sfruttamento dei consumatori”. Perciò, conclude Bauman – si tratta di una conclusione, anche se l’asserzione si trova nel mezzo del primo capitolo – , “Le notizie sulla morte del capitalismo, come avrebbe detto Mark Twain, sono alquanto esagerate… Anche i necrologi sulla fase “creditizia” nella storia dell’accumulazione capitalistica sono prematuri!”. Una parte forse minoritaria ma significativa della popolazione mondiale è potenzialmente soggetta al rischio di divenire dipendente dalla droga del credito, ossia cronicamente e perennemente indebitata a causa di crediti contratti per consumare di più in una fase, magari breve, della vita.

Salvo un passaggio, quello relativo al preteso succedersi dello sfruttamento dei consumatori allo sfruttamento dei lavoratori – la moderazione salariale e le delocalizzazioni dell’ultimo ventennio mostrano che una forma di sfruttamento si è affiancata all’altra, non l’ha sostituita -, condividiamo riga per riga le pagine di Bauman e siamo piuttosto orgogliosi di averle completamente anticipate. Avevamo scritto, infatti, nel tratteggiare un programma ideale di quello che dovrebbe essere un auspicabile partito alternativo alle due coalizioni che da quindici anni governano l’Italia: “11. I nuovi strumenti di indebitamento – leveraged buy-out, contratti autonomi di garanzia, leaseback, credito al consumo, carta di credito – o sono già invalidi o devono essere qualificati invalidi […] 18. Il termine consumatore deve essere bandito. Esistono soltanto il consumismo e la spesa equilibrata. Il consumismo è l’atteggiamento e l’ideologia dei drogati del consumo; il consumerismo magari fosse metadone: è la dose a basso prezzo” (http://www.appelloalpopolo.it/?p=22). E avevamo anche scritto, nel sostenere la natura assolutamente omogenea delle due coalizioni: “Nessuna delle due coalizioni ha contrastato la politica di indebitamento dei cittadini, che invece è stata perseguita da entrambe, contro il dettato costituzionale, secondo il quale “la Repubblica incoraggia … il risparmio” e non il debito. Le due coalizione intendevano e intendono conservare il potere andando contro un dettato costituzionale, perché se si fa credito al cittadino, la droga del credito attenua il conflitto sociale, con la conseguenza che non si è costretti a cercare una equilibrata politica dei redditi e le coalizioni al potere vi restano” (http://www.appelloalpopolo.it/?p=106).

Qual è allora il limite del saggio di Bauman? Consiste in ciò: pur volendo restare sul piano scientifico e descrittivo – ed evitare di saltare sul piano politico per interrogarsi sul che cosa si dovrebbe fare per evitare lo “sfruttamento dei consumatori” – Bauman poteva dire altro o almeno poteva sollevare interrogativi.

Quegli interrogativi li solleviamo noi.

Hanno titolo i cittadini che ricorrono al credito per acquistare beni e servizi di consumo di contestare il sistema capitalista o almeno la fase “liquida” del capitalismo, fondata sul loro asservimento e sulla loro condizione di consumatori, cronicamente e strutturalmente indebitati?

Può il consumatore indebitato essere parte consapevole dell’ipotetico soggetto della storia che dovrebbe sostituire, nella fase moderna, il proletariato cosciente e la sua avanguardia? O sarà irrimediabilmente parte del moderno lumpenproletariat?

Che senso ha impegnarsi politicamente e sindacalmente per ottenere (senza peraltro riuscirci), al tempo dei rinnovi contrattuali, un aumento salariale di 50 euro al mese, se poi non si ostacola la pubblicizzazione e la diffusione di carte di credito revolving, che conducono inesorabilmente a sottrarre al cittadino dai 500 ai 3000 euro l’anno per interessi?  Ovvero, se non si ostacola, anziché promuovere e tutelare, il credito finalizzato, che conduce i cittadini ad acquistare sei autovetture anziché tre in trenta anni e a pagare, per un trentennio, dai 500 ai 1000 euro di interessi l’anno soltanto per l’acquisto dell’automobile (oltre allo sperpero di capitale)? O, ancora, se non si propone di reintrodurre l’equo canone, per evitare che i cittadini siano costretti o indotti a stipulare assurdi mutui trentennali, magari follemente a tasso variabile, in forza dei quali si obbligano a pagare interessi per 3000 o 4000 euro l’anno per trenta anni?

Una politica volta a limitare l’indebitamento dei cittadini sarebbe “eticamente orientata”, e perciò da scartare in linea di principio – ma viene il dubbio che lo Stato, in qualche misura, almeno minima, debba essere etico, se vuole evitare di essere lo Stato nichilista (o liberista: è la stessa cosa) -? Oppure sarebbe una pura attuazione del principio costituzionale secondo il quale la Repubblica, non soltanto tutela, ma “incoraggia… il risparmio”? E sono costituzionali in Italia le leggi che promuovono l’indebitamento dei cittadini se la Costituzione dice che la Repubblica “incoraggia… il risparmio”? Può il legislatore ordinario, anziché incoraggiare il risparmio, come i costituenti gli hanno imposto, promuovere l’indebitamento?

Muovendo dal presupposto che la “teoria” della decrescita presenta ancora molti aspetti deboli o comunque da sottoporre a rigorosa analisi, si deve comunque prendere atto che devono essere promossi e presi provvedimenti che, limitando l’indebitamento dei cittadini, ostacolano la crescita (almeno come effetto immediato)?

Soprattutto, che cosa è diventato l’uomo, se persegue – deve perseguire secondo l’ideologia; ed è spinto a perseguire dall’ordinamento giuridico – il sostegno al sistema promuovendo la propria condizione di perenne debitore? Ponendosi il vincolo dell’indebitamento, i cittadini occidentali si sono, forse, dati una regola che li pone in funzione del sistema? Non era questa la più feroce e in fondo, per certi versi, giusta e nobile critica che i liberali muovevano alle teorie socialiste?

Non ci avevano insegnato che nella vita si deve essere umili? Che si deve essere pazienti, perché la pazienza è la virtù dei forti? Che bisogna dare tempo al tempo? E la teoria economica non ci insegna che se gli acquirenti – perché consumatori e non acquirenti? – sanno attendere, i venditori non riusciranno a stipulare le agognate vendite ai prezzi da essi sperati e saranno costretti ad abbassare i prezzi? E’ paziente il consumatore? E’ umile? Si comporta intelligentemente, come la teoria economica suggerisce? O è frettoloso, presuntuoso e incapace di provvedere a sé stesso?  E’ un uomo o è una larva di uomo?

Noi che non intendiamo fermarci al piano scientifico-descrittivo oltre a sollevare domande che Bauman elude, possiamo andare oltre gli interrogativi e fissare qualche punto, a mo’ di conclusione provvisoria.

C’è chi ha interesse a trasformare i cittadini degli Stati europei in uomini pieni di larve, così come sono pieni di larve quei cittadini statunitensi e britannici, che sono titolari di debiti addirittura superiori al reddito annuo che percepiscono: debiti contratti per consumare, intendo – per andare in vacanza in un posto costoso e magari all’estero; per acquistare un’autovettura più “importante” di quella che altrimenti potrebbero permettersi; per poter bere tutti i fine settimana birra al pub con gli amici, anziché un fine settimana si e uno no; per poter assistere in diretta alle partite della squadra del cuore; per avere lo schermo piatto; per non dire ai propri figli “le finanze della famiglia non mi consentono di regalarti il motorino o comunque il motorino che desideri”; e così via. Coloro che contraggono debiti per queste ragioni sono uomini pieni di larve. Sono drogati dipendenti dal consumo e, accettando il credito, dal debito. Naturalmente si deve avere pietà per questi debitori cronici, come si deve avere pietà per chiunque abbia contratto una dipendenza grave che lo corroda dall’interno. E tuttavia ciò non toglie che si debba muovere dalla constatazione che si tratta di uomini pieni di larve.

La difesa individuale dall’azione malvagia del capitale è possibile e anzi facile e conveniente. Ma l’uomo che saprà salvarsi sarà comunque circondato da uomini pieni di larve; da indebitati cronici. Perciò il discorso andrebbe elevato al piano politico e non può arrestarsi al piano della resistenza individuale: la promozione del risparmio e la lotta contro l’indebitamento dei cittadini devono diventare il perno di una proposta politica alternativa. E’ questa la proposta politica alternativa, perché la proposta dei dominanti, negli anni passati, ha sostenuto esattamente il contrario: fare credito; diminuire la riserva frazionaria (in modo che le banche possano prestare ancora più volte il medesimo denaro); aiutare i cittadini che si trovano in difficoltà nel pagamento delle rate, agevolando la rinegoziazione dei mutui (ossia l’allungamento dei tempi di restituzione e quindi di indebitamento); tutelare il debito contratto per acquistare beni e servizi di consumo più del debito contratto per ragioni professionali o di impresa (la cosiddetta disciplina di tutela del credito al consumo); promuovere, per quanto possibile, una politica di bassi tassi di interessi, così i cittadini si indebiteranno in maggior misura; “ finanziare e pubblicizzare la rottamazione di automobili”, ossia ulteriore indebitamento per acquistare auto nuove; “consumare, consumare” –  senza pensare al futuro,  senza sentirsi parte di una famiglia, senza voler lasciare ai figli, in proporzione, almeno quanto ci ha lasciato il padre – altrimenti il sistema non funziona più e si arresta. E che cosa si deve volere, se non che questo sistema parassitario si arresti?

Chiunque non sia contrario alle politiche di indebitamento dei cittadini e, in generale, alle leggi e alle prassi che li riducono a consumatori, non può essere considerato, in nessun caso, e qualsiasi sia l’ideologia della quale si fa portatore,  “contro il sistema” e non può nemmeno essere qualificato come “riformista” che persegue riforme strutturali. Fa parte a pieno titolo del partito capitalista. E’ iscritto, anche se non lo sa o non lo ammette, con la qualifica di moderno lumpenproletariat, al partito che vuole trasformare i cittadini degli Stati europei in uomini pieni di larve. Questo sono i più accaniti consumatori: uomini pieni di larve. L’insoddisfazione che li induce a spendere somme superiori al reddito, al fine di consumare beni e servizi; la mancanza di umiltà, di pazienza e di progetti di vita che li spinge a voler uguagliare i consumi di altri cittadini, magari provvisti di redditi e rendite molto maggiori; il giogo degli interessi accettato per futili motivi; il senso di fallimento esistenziale – ed è ancora peggio la mancanza del senso di fallimento esistenziale – per non essere in grado di restituire il capitale e sottrarsi al pagamento degli interessi; le scadenze inesorabili delle rate; la ricerca di ulteriori finanziatori o di finanziatori disposti ad acquistare il credito da altri ormai stanchi dei ritardi e dei parziali inadempimenti; tutte queste ragioni, come le larve con il corpo, corrodono l’animo di questi uomini e li conducono alla grave depressione o, comunque, allo squilibrio psichico. Ecco il consumatore ideale: un uomo pieno di larve! Questo è l’“uomo” che i detentori e i gestori di grandi capitali, per mezzo dell’ideologia liberista, di quella pseudoscienza che è la moderna teoria economica – ormai semplice capitolo della ideologia liberista – e dell’ordinamento giuridico capitalista, perseguono all’unisono, mentre i cittadini si distraggono e si limitano a godere – godono perché sono strafatti – o, al più,  discutono di questioni del tutto secondarie.