Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Destra-sinistra-destra-sinistra-destra-sinistra... E basta!

Destra-sinistra-destra-sinistra-destra-sinistra... E basta!

di Miro Renzaglia - 22/12/2009

Fonte: secoloditalia


L'editoriale di giovedì scorso di Luigi La Spina sul quotidiano La Stampa, parlando del clima di scontro che sta caratterizzando la vita politica italiana, ha usato l'espressione delle «due destre e delle due sinistre»: da una parte il dialogo, dall'altra lo scontro che Pierluigi Battista del Corriere della Sera ha addirittura definito da guerra civile. Certo, forse non è una guerra e non è nemmeno tanto civile ma è però così ingarbugliata che ormai, e sempre più spesso, non si parla neanche più di centrosinistra e centrodestra ma di dinamiche conflittuali più interne che esterne agli schieramenti, dove i confini d'identificazione dell'amico-nemico, dell'alleato-avversario sono a dir poco complessi e problematici.
La verità probabile è che stiamo assistendo al disfacimento di due categorie, destra e sinistra, che in assoluto, e non da oggi, segnano limiti di capacità identificativa e interpretativa dei processi politici, e non solo politici, in corso d'opera. Lo aveva capito, per esempio, e anticipato tanti anni fa quel fenomeno della canzone d'autore che fu e rimane Giorgio Gaber con la celebre, la ricorderete: Destra-Sinistra, che chiudeva il suo ritornello finale («destra-sinistra-destra-sinistra-destra-sinistra») con un fulminante ed annoiato: «… e basta!». L'invettiva di Gaber probabilmente non arrivava per caso. Era il 1994 e quel testo sembrava la risposta polemica al pamphlet di un senile Norberto Bobbio, il quale portava quasi lo stesso titolo della canzone, Destra e sinistra, uscito nello stesso anno e che riproponeva, puntigliosamente, distinzioni categoriali comunque vecchie di oltre due secoli.
Ma c'è qualcuno che sulla stessa questione anticipava Gaber di oltre un decennio: Elvio Fachinelli, di cui oggi, 22 dicembre, ricorrono proprio i venti anni dalla morte. La domanda che si poneva era: e se la coppia simbolica destra e sinistra fosse esaurita? Fachinelli, psicoanalista di origine freudiana e scrittore (fra i suoi libri: Il bambino dalle uova d'oro del 1974, La freccia ferma del 1979, Craustrofilia del 1983 e La mente estatica del 1989), esprimeva il suo quesito su un quotidiano che certo non poteva essere avvalorato all'epoca, era il 21 ottobre del 1981, di aspirazioni pacifiche e pacificatorie: Lotta continua. Il decennio passato alla storia come "anni di piombo" (i fatidici anni '70), non era ancora del tutto passato: tanto per rinfrescare la memoria, e contestualizzare il periodo, l'ultimo "cuore nero" assassinato, Paolo Di Nella, cadeva sprangato nel febbraio del 1983. A canne di pistola ancora calde, quindi, Fachinelli che insieme alla femminista storica Lea Melandri darà poi vita alla rivista L'erba voglio, culla di un certo pensiero antiautoritario, non rivendica, non si arrocca, ma anzi comincia a esercitare una critica serrata al rigido sistema delle dicotomie contrapposte. In quell'articolo, dall'eloquente titolo «Una proposta: non usare i termini "sinistra" e "destra"» scriveva: «Per una riflessione intellettuale e non, propongo di esaminare la necessità tragica, in cui si è finora trovata gran parte della specie, di ricorrere a una serie di polarità in forte tensione, di dicotomie simboliche che, variando di sostanza e figura, hanno sempre svolto un ruolo fondamentale nella storia. Basterà pensare alla dicotomia fedele/infedele, credente/non credente nell'ambito religioso e spirituale; oppure alla dicotomia razza eletta/razza reietta nel successo della propaganda hitleriana. Ed è caratteristico di queste polarità il loro spostarsi spesso, con sempre maggior intensità e crudezza, ad ambiti via via più ristretti e selezionati». E chiosa: «Nel campo politico in senso stretto, la polarità sinistra-destra è andata perdendo via via la sua forza di tensione ed è ormai adibita in prevalenza a operazioni di localizzazione spaziale, per così dire, di ripartizione e classificazione dell'esistente. Di sinistra è perciò quel che viene fatto o avviene nell'ambito di uno spazio politico occupato da forze di sinistra. Ciò che prevale insomma è un'attività nomenclatoria essenzialmente tautologica: sinistra è sinistra è sinistra...».
Non è forse la fotografia esatta della sinistra che abbiamo sotto gli occhi con tutta evidenza ai giorni nostri e che Fachinelli, con sguardo lungimirante, già intuiva in potenza ventotto anni fa? Però, attenzione: non apparirà sventato ipotizzare che quanto, secondo lui, era ed è vero per la sinistra potrebbe tranquillamente valere anche per una destra ridotta a una mera categorizzazione autoreferenziale di se stessa. Una destra incapace di pensarsi e di pensare fuori dal senso (inteso nella doppia accezione di significato/direzione) dato, ripeterà a sua volta la formula tautologica: la destra è destra è destra è destra. Ma se la sinistra è sinistra è sinistra è sinistra e null'altro, e la destra è idem di se stessa e null'altro, come ultimo principio di differenza e dialettica non resterà che moltiplicare per metameri i fattori del binomio: così, oggi, abbiamo due destre e due sinistre; domani, forse, tre destre e tre sinistre e dopodomani, con ogni probabilità, n-destre e n-sinistre. Come, di nuovo e con più noia, direbbe ancora Gaber (che, per inciso, nel 1976 frequentò un laboratorio psico-socio-politico di Fachinelli): «… e basta!». Per trovare una via d'uscita da questo scontato giochetto di specchi opposti che rimandano l'un l'altro all'infinito l'identica immagine che si sono dati una volta per tutte, ci può essere ancora d'aiuto Elvio Fachinelli: «In via del tutto provvisoria, propongo l'uso implicito e il privilegio, in ogni valutazione intellettuale, di qualcosa che si potrebbe chiamare creatività-generatività, contrapposta a non creatività e non generatività. Sarà facile notare come il valore simbolico della creatività-generatività sia fondamentalmente estraneo alla coppia sinistra-destra».
«Creatività-generatività», quindi, come principio di superamento della sclerosi multipla destra-sinistra che imbarbarisce i percorsi della politica, della dialettica, del riconoscimento reciproco, di un bene comune da privilegiare rispetto al bene fazioso della parte. Ma una politica del genere, una politica, cioè, fondata su questo nuovo binomio ha bisogno di un altro presupposto: la libertà. All'invadenza di un'autorità pubblica che già ai suoi tempi prevedeva sarebbe arrivata al cuore del privato, con la pretesa di normare i rapporti anche più intimi fra individuo e individuo, Fachinelli non solo teorizza ma pratica una seria cultura libertaria e anti-autoritaria. E si riserva perfino la libertà di criticare quel marxismo ideologico allora ancora imperante che non sapeva uscire da una lettura ideologica ed esclusivamente economicistica della realtà: «Quando Marx circolava ancora sotto le bandiere rosse delle grandi sfilate, probabilmente pochi tra le centinaia di migliaia sapevano che oltre al Marx del Capitale c'era il Marx che aveva parlato del "comunismo dell'invidia"». Ed è sempre in questa sua ricerca di libertà antiautoritaria che arriverà anche a esercitare una critica forte alla scuola classica di psicoanalisi, devota in maniera dogmatica a Sigmund Freud: «Dopo lo squarcio iniziale - si legge nelle prime pagine del suo bel libro La mente estatica - la psicanalisi ha finito per basarsi sul presupposto di una necessità: quella di difendersi, controllare, stare attenti, allontanare… Ma certo, questo è il suo limite: l'idea di un uomo che sempre deve difendersi, sin dalla nascita, e forse anche prima, da un pericolo interno. Bardato, corazzato. E l'essenziale, ovviamente, è che le armi siano ben fatte, adeguate. Se non sono tali in partenza, bisogna renderle adeguate: con la psicanalisi, appunto. Altrimenti disarcionamento, se non disastro». Fachinelli era nato a Luserna nel 1928, era entrato a far parte della Società Psicoanalitica italiana nel 1966, collaborò con riviste politico-culturali come Quindici e Quaderni Piacentini, il suo più importante contributo alla psicologia è stata la promozione di un modello di pedagogia "non autoritaria", estrinsecatasi anche con la creazione di progetti pratici, come un asilo a Milano. Autore anche di una raccolta di testi sul significato della "contestazione", Intorno al '68 (edizioni Roberto Massari), è stato il traduttore ufficiale di opere di Freud come L'interpretazione dei sogni e Sogni e interpretazioni.
La chiave delle sue critiche - lui che era di formazione marxiana - al marxismo (almeno a quello di vulgata e politichese) e quelle che fa - lui freudiano - alla psicoanalisi (almeno a quello di stretta osservanza) è la stessa: tenere prigioniero l'uomo dentro una scuola di pensiero, fissata autoritariamente (di là, a dettar la linea, il "compagno segretario", di qua "l'analista terapeuta"), che impedisce la via libertaria al «desiderio dissidente».
Pensiamo, a questo punto in cui è saltato lo schema di considerare gli autori e le opere appannaggio di una parte o dell'altra, che anche il messaggio di Fachinelli possa oggi essere letto senza vincoli di schiera, a mente aperta, con sguardo limpido anche da quanti (noi) un tempo potevamo forse essere considerati suoi avversari politici. Il suo pensiero, infatti, contiene il seme del non pregiudizio e dell'anti pregiudizio: vizi intellettuali da cui non solo era immune ma che lavorava ad eliminare anche nell'altro. Disse di sé: «Io non sono né uno scienziato né un osservatore né uno sperimentatore né un pensatore. Non sono altro che un "conquistador" per temperamento - un avventuriero, se volete tradurre il termine - con la curiosità, la baldanza e la tenacia propria di quel genere di individui». Non sentite in queste parole echi che non dovrebbero risultare estranei alla nostra cultura?
Intanto, però, due prestigiosi istituti culturali come le case editrici Adelphi e Bollati Boringhieri continuano a farsi una guerra per i diritti di edizione che ha però l'unico esito di tenere in frigorifero una raccolta trentennale dei suoi scritti: evidente metafora di un pensiero libertario soffocato dai soliti esercizi di censura autoritaria.