Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Kiev, la rivoluzione inesistente

Kiev, la rivoluzione inesistente

di Stefano Grazioli - 19/01/2010

Per favore non si venga adesso a parlare di restaurazione. E non solo per il fatto che comunque bisogna aspettare il secondo turno. Perché ci possa essere una restaurazione ci deve essere stata una rivoluzione. E non sembra proprio che nel 2004 in Ucraina ce ne sia stata una.

Certo, le proteste di piazza andate in diretta televisiva in tutto il mondo, lo sventolio di bandiere arancioni, le cronache di dozzine di giornalisti occidentali incantati come babbei dalle trecce della bella Yulia Timoshenko, gli urlati assensi e gli assordanti silenzi delle cancellerie europee hanno fatto passare un regime change per una rivoluzione popolare, la vittoria della moderna democrazia filoeuropea contro la vecchia dittatura filorussa. Ma poi?

Poche voci in Occidente avevano avvertito che si trattava di un bluff. Peter Scholl Latour, decano degli inviati tedeschi, ha scritto che a Kiev mancava solamente l’arrivo dal cielo di paracadusti americani per far capire anche ai più stolti di che cosa di trattava. Altro che rivoluzione.

Ora, cinque anni dopo, con il povero Victor Yuschenko costretto a leccarsi le ferite dopo un primo turno disastroso che lo ha spedito a casa con la coda tra le gambe, anche i più ingenui possono trarre le loro conclusioni.

Per favore non si venga a dire che l’Ucraina ha fatto passi avanti. E non lo si faccia nemmeno presentando la solita classifica di Freedom House. Perché avvenga una rivoluzione non si deve tagliare solo qualche testa: si deve cambiare, rivoluzionare tutto il sistema di potere. Cosa che ovviamente non é avvenuta a Kiev e non bisognava essere dei profeti giá cinque anni fa per capire che ciò sarebbe stato impossibile. Conoscendo gli attori in gioco. Che oggi sono rimasti quelli di allora.

L’avvelenatore Victor Yanukovich é stato votato in massa. L’alfiere della democrazia Yuschenko spedito a casa con un calcio nel sedere. La pasionaria di bianco vestita ha pensato bene di convertirsi al putinismo pur di non far la fine del suo vecchio alleato.

L’Ucraina di oggi é bloccata come ieri dalla devastante commistione tra potere politico ed economico e da un sistema costituzionale che paralizza ogni tentativo di riforme. E non si confonda la libertá di stampa con un pluralismo su base oligarchica.

Per favore, infine, si aiuti sí l’Ucraina a non precipitare nel baratro, ma senza pensare a interessi terzi. Il Paese deve trovare la sua via tra Occidente e Oriente, ma proprio per la sua funzione di ponte non puó affidarsi a una classe politica che non consideri gli interessi nazionali e non sia capace di trovare un compromesso. Il principale errore di Yushchenko in politica estera (con inevitabili e disastrosi influssi su quella interna) é stato proprio questo: c’é solo da sperare che il suo successore non lo ripeta.