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Decrescita: idee per una civiltà post-sviluppista

di Sante Rossetto - 27/01/2010

Fonte: Sismondi Editore

                   

Dopo i libri ormai noti di Serge Latouche, Maurizio Pallante, Paolo Cacciari, Mauro Bonaiuti e altri ancora, compare in Italia un altro saggio sulla Decrescita, l’ultimo in ordine di tempo. Si tratta di un testo che non si sovrappone ai precedenti, nel senso che non si limita a ribadire o a chiosare tesi ormai ben conosciute negli ambienti della Decrescita e dell’ecologismo: ben di più gli autori, oltre a confermare l’importanza di dette tesi, cercano di spingersi oltre, e di sviluppare ulteriori potenzialità racchiuse nell’idea della Decrescita.
Procediamo con ordine: innanzitutto si sottolinea che Decrescita evoca prioritariamente l’urgenza di una nuova direzione di civiltà, quale alternativa alla società della crescita illimitata: nonostante le riserve avanzate da alcuni critici, il termine, con la sua carica di sana provocazione, conserva una valenza assai positiva, anche perché evita le contaminazioni con lo “sviluppo sostenibile”, la cui ambiguità viene ormai denunciata da più parti (dato che in tale concezione la sostenibilità viene sostanzialmente neutralizzata e piegata alle esigenze dello “sviluppo”). In aggiunta, occorre considerare che la logica sviluppista, oltre a comportare innumerevoli effetti collaterali fortemente distruttivi (inquinamento, perdita di biodiversità, desertificazione…), risulta ormai inefficiente e controproduttiva, rispetto a certi sistemi produttivi tradizionali (questo a condizione di esaminare tutti i fattori relazionati ai processi produttivi, e non solo alcuni, come vorrebbero gli economisti di parte sviluppista, che ignorano volutamente le “esternalità negative”).
Molti sono i problemi sempre più inquietanti dovuti al credo nella crescita illimitata: quello dei rifiuti è sotto gli occhi di tutti, ed è solo l’ultimo anello di una catena, cioè di una mentalità socioeconomica distorta, che in nome dello spreco di molti e del business di pochi, preferisce imbonire con pseudosoluzioni tecnologiche avventurose e controproducenti (vedi inceneritori), invece di incentivare soluzioni ecologiche alla portata di tutti (riduzione dei rifiuti, riutilizzo, riciclaggio…).
Un altro problema, fino ad oggi poco trattato nell’ambito della Decrescita, riguarda il rapporto tra consumo di carne, ideologia sviluppista ed impatto ambientale: gli allevamenti e la dieta carnea vanno respinti sia per motivi etici (richiedono sconfinate sofferenze animali), sia per motivi socio-ambientali (implicano inquinamento, erosione e spreco di risorse, ingiustizie sociali, fame nel mondo…). In una prospettiva di Decrescita, il rifiuto della carne e degli allevamenti assicura una drastica riduzione dell’impronta ecologica, e fornisce un contributo indispensabile per un nuovo spazio di civiltà, incentrato sul superamento dell’antropocentrismo e su una visione post-sviluppista del mondo.
Per quanto concerne i lineamenti di una civiltà del doposviluppo, Serge Latouche ha aperto la strada, soprattutto negli ultimi scritti, là dove ha cercato di allargare l’orizzonte della Decrescita verso istanze innovative, che occorre valorizzare. Si tratta perciò di proseguirne l’opera, o di integrarla, per procurare alla Decrescita ed all’ecologismo in generale quel retroterra culturale di ampio e profondo respiro che fino ad oggi è risultato carente: solo così potrà sorgere un nuovo paradigma globale, capace di portare al tramonto quello sviluppista e con esso l’immaginario economicista che lo alimenta. In questo contesto, la Decrescita si arricchisce di nuove elaborazioni che riguardano: il veganismo, l’ecocentrismo e l’ecologia profonda (in quanto superamento dell’antropocentrismo, del personalismo e dell’ecologia superficiale); il pluralismo (in alternativa al pensiero unico e al “furore universalista”); il dialogo interculturale alla Panikkar (in alternativa al dogmatismo religioso ed all’esclusivismo); un modello scientifico attento alle interconnessioni (in grado di oltrepassare i limiti della scienza meccanicista, rivolta al dominio e al sezionamento della natura)… Inoltre, viene messo in evidenza che certe idee della Decrescita (senso della misura, sobrietà, non-linearità, rispetto dei cicli e dei ritmi della natura) lungi dall’essere idee bizzarre, hanno alle spalle un immenso patrimonio culturale, riscontrabile nelle saggezze ecologiche di molti popoli premoderni, ed anche nell’antica cosmologia occidentale, così come delineata nelle scuole platoniche ed in altre. Al cospetto di questo vasto scenario culturale, è piuttosto l’ideologia della crescita ad apparire come un’anomalia abbastanza recente, e si spera transitoria.
Nell’intervista a Fritjof Capra si trovano molti riferimenti a quanto sopra: in particolare per quanto riguarda il superamento del meccanicismo e l’affermarsi di una nuova scienza (che lui chiama “sistemica”), gli ecosistemi come modelli di sostenibilità, l’importanza della diversità biologica e culturale, ed infine l’ecoalfabetizzazione. Quest’ultima nozione risulta molto promettente, e quanto ad essa c’è un lavoro enorme da svolgere: fino ad oggi la Decrescita non si è impegnata su questo fronte così decisivo, e proprio per questo il libro si chiude con un invito ad intervenire organicamente anche nel settore educativo, considerando che questo è attualmente monopolizzato e sottomesso all’apparato sviluppista: basti riflettere sul fatto che le varie discipline scolastiche sono permeate di ideologia sviluppista in modo esplicito o surrettizio. Occorre perciò modificare l’impianto antiecologico delle varie discipline, e promuovere l’ecoalfabetizzazione su ampia scala, affinché la Decrescita non resti un messaggio di nicchia e possa ispirare un’effettiva democrazia ecologica e partecipativa.

    
      
                      di Gianni Tamino, Paolo Cacciari, Adriano Fragano, Lucia Tamai,
                      Paolo Scroccaro, Silvano Meneghel
                      Con un’intervista a Fritjof Capra
                      Prefazione di Sante Rossetto
                      Con il contributo del Fondo “Decrescita è condivisione”
                      Sismondi Editore, dicembre 2009, Euro 10,00