Cent’anni di letteratura e cinquanta di silenzio, in mezzo a tanta America. Un grande scrittore desaparecido e un grande scrittore a caccia di scrittura, in mezzo a tutti i suoi fantasmi. Herman Melville aveva 32 anni quando licenziò la ciurma terribile del Pequod con a bordo il delirio di Ahab. Cent’anni di inutile caccia lungo le rotte di tutti gli oceani, cent’anni di inutile attesa: il vecchio Santiago che rientra in porto coi resti dell’ultima possibile incarnazione di Moby Dick, proprio mentre il giovane Holden, anche lui creato da un paroliere di 32 anni, vagabonda per New York interrogandosi sulla sorte delle anatre di Central Park durante i lividi mesi invernali, quando il lago è gelato e il mondo deve ammettere di non avere più risposte.

Ora che anche Salinger se n’è andato, scomparendo dal non-luogo nel quale era scomparso più di cinquant’anni fa, lontano dal vecchio Santiago che a sera sognava i leoni africani dalla sua capanna di riso giallo e ritagli di stampa balbettanti vecchie imprese firmate Joe Di Maggio, il grande silenzio del mare potrà dire l’ultima parola, la parola mai pronunciata, sul vero destino di Moby Dick e di tutti i cacciatori di orizzonti, sul senso profondo di tanta letteratura universale e di tutta quell’America di oceani e siderali solitudini, venuta al mondo per annunciare la mala novella, la condanna di essere assurdamente prigionieri del mondo, stranieri da sempre e per sempre, malgrado l’eroica redenzione di ogni catcher in the rye, dell’uomo che salva bambini – per esserne salvato – un attimo prima che precipitino nel burrone.

Il titanico, immenso silenzio di Salinger – interrotto soltanto dal colpo di fucile con cui Hemingway salutò a modo suo, per l’ultima volta, il pubblico pagante – è forse il blog più eloquente di tutti i tempi, la mappa invisibile che può svelare la lingua segreta del deserto, le prime sillabe dell’uomo sulla faccia della luna, la più grande resistenza:
l’indicibile dell’inappartenenza, leggenda che solo il mare oceano ricapitola nell’orizzonte grigio dove s’inabissa, irto di ramponi, il dorso inafferrabile e invicibile. A quella balena, Hemingway ha dato la caccia per tutta la vita, tra guerre e savane, bruciandosi il cuore.
Salinger, dallo stesso deserto, s’è seduto ad aspettarla, da qualche parte, in riva al mare.