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Il coraggio di dire no alla Fiat

di Marcello Foa - 10/02/2010


A quanto pare, il governo ha deciso di dire basta agli incentivi al settore auto; dunque alla Fiat. Era ora. Anzi, è un provvedimento tardivo, perchè, come ha spiegato l’imprenditore Pino Polli in questa intervista, la Fiat non è più strategica per l’Italia e le ingenti somme spese dallo Stato italiano nel 2009 per il settore auto, non sono servite ad aiutare aziende italiane in difficoltà, ma case produttrici straniere. Infatti “il mercato nazionale è dominato per il 70% da aziende straniere e solo per il 30% dal gruppo Fiat, che però ormai produce solo in parte in Italia“. E infatti nel nostro Paese dà lavoro a 30mila persone. Tante, ma il vituperato tessile impiega 500 mila addetti ovvero conta come 17 volte Fiat. E non riceve alcun tipo di assistenza, anzi.

Secondo uno studio della Cgia, solo negli ultimi tre anni il gruppo ha ricevuto sovvenzioni per 270 milioni di euro. Brunetta ha dichiarato che “se sommassimo tutti gli aiuti dati nell’arco di 50-60 anni, ce la saremmo potuta comprare 2-3 volte“. La sua è una provocazione, ma non molto distante dalla realtà. La Fiat ha costruito un potere di lobbing prolungato nel tempo, che le ha permesso di beneficiare di privilegi e protezioni senza precedenti e che si estendeva anche al mondo dei media.

Eppure secondo Montezemolo la Fiat non ha mai beneficiato di aiuti statali. Quel Montezemolo che , secondo diversi sondaggi, il popolo di sinistra vedrebbe con molto favore primo ministro, seguito a ruota da Mario Draghi, presidente della Banca d’Italia e uomo di fiducia della casta di Goldman Sachs e dei banchieri di Wall Street.

Il che dimostra quanto il Pd sia vicino al popolo

Bene ha fatto la Lega a criticare pesantemente Montezemolo e bene ha fatto il governo a chiudere i rubinetti, nonostante i subdoli tentativi di condizionamento di Marchionne, che nei giorni scorsi ha mandato in cassa integrazione tutti gli operai.

E’ ora che l’Italia si sottragga al ricatto della Fiat. O sbaglio?