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Nucleare: il liberale Giannino merita l'Oscar della contraddizione

di Giancarlo Terzano - 14/02/2010

Oscar Giannino risulta anche simpatico, con quel "look" di gentiluomo di altri tempi. Ne apprezziamo l'intelligenza e la preparazione, oltre che l'abito.
Ma una cosa è scegliere un cravattino, altro è scegliere il modello energetico di una nazione. Quest'ultimo non può essere quello del secolo scorso, basato sulla produzione di energia centralizzata e concentrata nelle mani di pochi.
Dunque, se c'è una retroguardia, questa è certamente rappresentata dal nucleare, pesante eredità di un novecento finito, ormai, da un decennio.

 

Grande perplessità ha destato in noi l'articolo di Oscar Giannino pubblicato oggi sulla cronaca di Roma de "Il Messaggero". L'ottimo Giannino si dichiara deluso dalle affermazioni antinucleari di entrambe le candidate alla presidenza della Regione Lazio, Emma Bonino e Renata Polverini. Accusandole di "retroguardia", Giannino esprime il suo convinto sostegno alla politica nucleare del Governo.
Le affermazioni di Giannino, oltre ad apparire, le sue sì, di retroguardia, risultano francamente contraddittorie: ci chiediamo come un sostenitore del libero mercato, contrario agli interventi dello Stato in economia, possa sostenere la validità del nucleare. Giannino dovrebbe sapere che la produzione di elettricità con le centrali nucleari si svolge inevitabilmente in regime di monopolio, al massimo di oligopolio: pochissime aziende oppure una sola, hanno in mano il mercato. In Francia è addirittura un monopolio di Stato. Senza contare il fatto che a partire dalla localizzazione delle centrali, lo Stato si propone di intervenire pesantemente. Addirittura, se richiesto, con l'esercito. In deroga a qualsiasi principio liberale e democratico.
Il nucleare, insomma, è roba più da economia centralizzata e pianificata, da Unione Sovietica, che da moderna economia di mercato. D'altra parte, quella atomica è una tecnologia datata, sviluppatasi in epoche lontane dominate dalla contrapposizione tra due blocchi ideologici e militari. Non va dimenticato che le prime applicazioni della ricerca sull'atomo sono state le bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki e che il nucleare ha avuto, prima di ogni cosa, un grande valore strategico-militare nel mondo bipolare del secolo scorso. È in quel contesto che le economie di mercato occidentali hanno rinunciato ad un pezzo della loro organizzazione liberale adottando l'energia atomica.
Diverso, invece, è lo scenario realizzabile adottando un modello di produzione energetico distribuito, realizzato, cioè, attraverso lo sviluppo di migliaia di piccoli impianti alimentati da fonti rinnovabili e pulite e connessi in una "smart grid", una rete intelligente che consente il libero scambio di energia come internet consente il libero scambio di informazioni. È questa l'avanguardia, è questo il mercato veramente libero: un sistema energetico in cui ciascun attore può essere allo stesso tempo produttore ed utilizzatore di energia e all'interno del quale il prezzo dell'energia si forma in regime di concorrenza quasi perfetta. Si tratta del mondo delle energie rinnovabili che si sta già realizzando in modo ormai ineluttabile, un settore economico che si sta affermando con tassi di crescita che i modelli industriali del secolo scorso evocati da Giannino neanche riescono a immaginare. Soprattutto in questi tempi di crisi.

Più che contraddittorio, Giannino appare poi fazioso quando parla di convenienza economica del nucleare. Non possiamo credere che Giannino sia veramente convinto che il nucleare costi meno di altre fonti energetiche. Non sono partigiani ambientalisti, ma è la Banca Mondiale ad affermare che il costo del nucleare è sottostimato dai suoi sostenitori poichè essi non mettono nei conti i costi per la messa in sicurezza delle scorie e per lo smantellamento delle centrali. Per questa ragione, la Banca Mondiale non finanzia progetti nucleari. Questo Giannino, da ottimo giornalista economico, dovrebbe saperlo.
Giannino dovrebbe sapere anche che la Francia atomica vende l'energia elettrica sottocosto per varie ragioni, tutte legate al sistema centralizzato e sovvenzionato dallo Stato in cui produce l'elettricità: un sistema che un liberale dovrebbe aborrire.
Un efficace ragionamento economico sull'energia dovrebbe partire dall'uso che ne facciamo, indegno per un paese tecnologicamente avanzato. In Italia, con un adeguato piano nazionale per l'eliminazione degli sprechi, in 10 anni è possibile ridurre del 20% i consumi elettrici risparmiando più di 65 miliardi di euro al netto degli investimenti: una montagna di soldi, pari al costo di 10 centrali nucleari, che resterebbe nelle tasche di cittadini, pubbliche amministrazioni e imprese invece di andare a foraggiare una industria in crisi come l'industria nucleare di stato francese dalla quale dovremmo dipendere per la tecnologia necessaria per costruire le centrali, per la fornitura di uranio arricchito e per lo smaltimento delle scorie.
Puntare su un uso più razionale dell'energia permetterebbe, inoltre, di avviare economie nuove capaci di dare lavoro a migliaia di piccole e medie imprese. Darebbe occupazione a ingegneri giovani e creativi, ad installatori, artigiani e darebbe un impulso vitale a imprese italiane attive in settori ad alto contenuto tecnologico. Anche dal punto di vista della convenienza economica, quindi, la retroguardia è il nucleare.

Quindi, fanno benissimo sia la Polverini che la Bonino a dire che nel Lazio le centrali atomiche non servono. Perchè è all'Italia intera che non serve ripiombare nel tunnel nucleare.
Tuttavia, se per Oscar Giannino il no al nucleare della Bonino è scontato, non lo è per noi. Il dubbio non riguarda, ovviamente, la candidata del centrosinistra, quanto il maggiore partito che la sostiene. Non sappiamo quanto Bersani sia convintamente antinucleare. E se persone come Chicco Testa affermano che gran parte di dirigenti del PD sono nucleariste quasi quanto lui, vuol dire che anche da quelle parti ci sono dichiarazioni basate più sui sondaggi elettorali che sulla elaborazione di una politica energetica capace di futuro.
Se, come afferma Giannino, "nel Lazio c'è un popolo emergente che non la pensa come loro" (Polverini e Bonino - n.d.r.), sarebbe, invece, francamente apprezzabile il coraggio di Renata Polverini che rinuncerebbe ad una parte di prezioso consenso per affermare un principio di difesa del territorio che si candida ad amministrare.
Noi, invece, crediamo che la gente si stia rendendo conto che vivere accanto ad una centrale nucleare non è come vivere accanto ad campo di lavanda. Nel Lazio, dalle parti di Latina, molti lo sanno bene. E lo sanno anche le due candidate alla presidenza della Regione. Certo alla Polverini, come a Formigoni e a Zaia occorre ricordare che i partiti che li sostengono sono anche quelli che hanno fatto una legge che permette allo Stato di passare sulle loro teste. Tuttavia accogliamo con piacere le loro dichiarazioni antinucleari perchè mettono ulteriormente in discussione i piani nuclearisti del Governo.
Intanto, il tempo è dalla nostra parte: negli ultimi due anni in Italia sono stati installati 800 MW di fotovoltaico e nel corso del 2010 si supereranno i 1.200 MW installati. Si tratta di una potenza pari a quella di una centrale nucleare, realizzata in meno di tre anni su tetti di case, uffici e officine. Se si riesce a far decollare anche il mercato dell'efficienza energetica, il gioco è fatto: l'atomo non servirà a nessuna regione italiana.
Caro Giannino, questa è l'avanguardia. La retroguardia, invece, è il nucleare.