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Bancomat o carta?

di Stefano D'Andrea - 15/02/2010

La rivolgono i benzinai, i negozianti di abiti, di giocattoli e di casalinghi; la rivolgono i ristoratori, le agenzie di assicurazione e di viaggi: “bancomat o carta?” è la domanda che gli acquirenti di beni e servizi per il consumo, i consumatori, si sentono rivolgere dai venditori e dai fornitori.

E’ una domanda ingenua? Non può esserlo se essa è rivolta costantemente e universalmente.

Al contrario, è  una domanda significativa: significa qualche cosa.  Interroghiamo la proposizione: per interpretarla, da un lato; e per svelarne la ragione e il significato pratico, dall’altro.

Per svelare la ragione occorre rispondere ad alcune domande.  Perché tutti gli esercenti chiedono “bancomat o carta”? Chi ha chiesto ad essi di rivolgere quella domanda? Chi, eventualmente, lo ha imposto?  Che interesse perseguono, se essi domandano spontaneamente?

Anche per scoprire il significato pratico è necessario rispondere ad alcune domande. Quali conseguenze svolge la domanda “sistematica” sui consumatori? I consumatori potranno mai liberarsene? O siamo condannati ad ascoltare per l’eternità la domanda: “bancomat o carta”?

Tuttavia, per conoscere la ragione e il significato pratico della domanda bisogna prima averla interpretata. Che significa? Cosa ci chiedono gli esercenti (la legge li chiama “professionisti”)? Quale alternativa ci pongono?

Il significato della formula desta sgomento. Eccolo: “vuol pagare con soldi suoi o vuole  che in suo luogo paghi la sua banca o la sua finanziaria”? Chi utilizza una carta di credito, come minimo (v. infra)  sta avvalendosi dell’adempimento di un terzo, anche se, stranamente, senza dover pagare interessi (sempre che sul conto corrente, al momento dell’accreditamento delle somme pagate con la carta, vi siano somme sufficienti): qualcuno ha dato la disponibilità ad adempiere per te, se acquisti beni o servizi di consumo. Possibile che per l’eternità i consumatori si sentiranno rivolgere quotidianamente una domanda tanto idiota: “vuol pagare con soldi suoi o preferisce che per lei paghi la banca o la finanziaria, che poi si rivarrà su di lei?”.

 La ragione di una domanda tanto idiota non sta nella idiozia degli esercenti, i quali hanno tutto l’interesse al pagamento mediante bancomat e, se potessero, non indurrebbero i clienti all’uso della carta di credito – e invero, per ragioni fiscali, nemmeno del bancomat! Infatti, per ogni pagamento con carta di credito, la banca o la società che ha fornito la carta di credito preleva una percentuale della somma incassata dall’esercente.

La domanda è imposta agli esercenti dal fatto che esistono carte magnetiche che valgono e da bancomat e da carta di credito, nonché dalla macchina elettronica, la quale è predisposta senza  l’opzione predefinita per il pagamento “con mezzi propri” (mediante bancomat). Le banche e le società di carte di credito, che predispongono le convenzioni bancomat e carta di credito, tramite la macchina da esse fornita, e tramite la creazione di “bancomat che valgono anche come carta”, hanno posto la necessità per gli esercenti di rivolgere la domanda.

Dunque la domanda ha quel significato, apparentemente assurdo. E gli esercenti non sono liberi di non porcela; v’è necessita di sollevarla, almeno se noi consegnamo una carta bancomat. Sono le banche che vogliono che i cittadini non paghino con soldi propri, bensì con soldi delle banche medesime o delle società di carta di credito. Non è strano!”E “il servizio”, ormai, è gratuito – prima se lo facevano anche pagare!

E’ dunque assodato che le banche e le società di carte di credito hanno interesse a che i cittadini utilizzino le carte. Esse hanno inventato il servizio, che nessuno aveva richiesto. Lo hanno offerto dietro corrispettivo. Poi la concorrenza ha rivelato che i guadagni sono altrove – non consistono nel corrispettivo – ; infatti “il servizio” ora è offerto gratis. E l’utilizzo della possibilità (del servizio) è  sollecitato al momento di effettuare ogni pagamento: “bancomat o carta”?

Quali vantaggi traggono le banche e le società di carte di credito dall’uso della carta piuttosto che dal bancomat?

Si tende a porre attenzione  sui vantaggi che le banche conseguono nei confronti degli esercenti, i quali pagano una commissione per ogni acquisto. Peraltro è certo che in tutto o in parte questo costo ricade su tutti clienti, per effetto dell’aumento dei prezzi.

Ma oltre a questo svantaggio indiretto, ma certo e generale, i clienti hanno almeno un altro svantaggio, che tuttavia non è generale, perché colpisce soltanto alcuni: il pagamento degli interessi.

Tutti coloro che per una ragione o per un'altra, con basso o alto reddito, vivono secondo un tenore di vita che implica mensilmente la spesa dell’intero ammontare delle entrate – anche a causa di mutui, rate per l’automobile e eventualmente per altro – dinanzi alla prima necessità o semplice occasione saranno tentati di utilizzare ugualmente il “servizio”; che in questo caso, tuttavia, diventa un “prestito”. Ossia un altro servizio. In sostanza sempre si ha il pagamento del terzo. (questa qualifica costituisce una semplificazione e potrebbe non essere precisa sotto il profilo tecnico-giuridico; ma rende comunque l’idea). Spesso si ha anche un prestito ad interessi, molto elevati.

Tra coloro che, spendendo mediamente, ogni mese, tutte le entrate, saranno stati indotti ad avvalersi del servizio di prestito, una parte si avvarrà del prestito per lunghi periodi. Costoro non si imporranno di rientrare immediatamente e così accadrà, per esempio, che pur avendo entrate per quattromila euro, per dodici, più o meno lunghi periodi mensili, ogni anno si trovino a pagare esosi interessi.

La carta di credito sostiene, al tempo stesso, il consumo – che certamente diminuirebbe se domani le carte fossero vietate -; correlativamente la produzione, perché se le carte fossero vietate si venderebbero e quindi produrrebbero meno beni e servizi; e l’ occupazione, perché le minori vendite imporrebbero riduzioni, più o meno ampie, di personale. Questi risultati, tuttavia, sono ottenuti al costo dell’aumento del debito dei cittadini, nonché dell’aumento dei prezzi. (a causa delle commissioni imposte agli esercenti).

Se non esistesse alcun vincolo costituzionale, il legislatore e quindi la politica sarebbero liberi di stabilire che le convenzioni di carta di credito sono valide o, al contrario, che sono invalide. C’è tuttavia una norma costituzionale, la quale prevede che “La Repubblica tutela e incoraggia il risparmio”. Non solo tutela – essenzialmente deve salvaguardarlo dall’inflazione – ma “incoraggia” il risparmio. E se si può controvertere su che cosa significhi “incoraggiare il risparmio”, non si può dubitare che il legislatore ordinario non possa emanare norme che incoraggino l’indebitamento dei cittadini. Quelle norme sarebbero invalide. Se poi norme che espressamente attribuiscano validità alla convenzione di carta di credito non esistono, comunque il contratto atipico (atipico: non direttamente previsto da una norma) di carta di credito deve essere considerato invalido, perché ha la funzione e comunque  l’effetto di suscitare, promuovere e agevolare l’indebitamento dei cittadini per l’acquisto di beni e servizi di consumo. A maggior ragione vanno considerate invalide le convenzioni relative a carte di credito revolving, sulle quali abbiamo già avuto modo di argomentare (v. qui).

Voglio aggiungere, prima di concludere, che il generale servizio bancomat-carta di credito ha fatto si che i soldi dei cittadini siano in gran parte depositati presso le banche, con la conseguenza che detto "sistema" è una delle cause dell'aumento del complesso dei crediti che le banche possono fare (e quindi dei debiti di cittadini e imprese), i quali, per legge, sono una percentuale - che negli anni novanta del secolo scorso e nel primo decennio del nuovo è stata molto alta - del denaro depositato presso le banche. La coerenza vorrebbe che tutti coloro che contestano il meccanismo o comunque la percentuale della riserva frazionaria si rechino mensilmente a ritirare lo stipendio e trattengano il denaro che prevedono di dover spendere. Quanti contestatori del potere bancario sono coerenti con sé stessi?