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Marjah, la Fallujah di Obama

di Enrico Piovesana - 15/02/2010



 
Le truppe Usa continuano a impedire l'evacuazione dei feriti nell'offensiva, che prosegue con bombardamenti su aree abitate e feroci combattimenti

"Anche oggi (lunedì, ndr) c'è un gran via vai di caccia ed elicotteri e si continuano a sentire gli echi di forti esplosioni e di sparatorie provenienti dalla direzione di Nadalì, la zona dei combattimenti più vicina a noi", racconta Matteo Dall'Aira, capo infermiere dell'ospedale di Emergency a Lashkargah. "La Croce Rossa Internazionale non ha ancora ottenuto dalle truppe Usa il permesso di evacuare i civili feriti da Marjah per portarli nel nostro ospedale, dove continuano ad arrivare solo i pochi feriti che riescono ad aggirare i checkpoint o che ci vengono direttamente consegnati dai militari britannici del locale Prt. Il bambino di sette anni arrivato ieri con un proiettile in corpo lo abbiamo operato e ora è fuori pericolo".

Missili Usa sui civili. Mentre a Marjah, a causa del blocco militare Usa che impedisce di evacuare i feriti, altri civili rischiano di morire per mancanza di cure adeguate - nel finesettimana ne sono già deceduti sei - a Nadalì si contano i cadaveri dei civili rimasti uccisi sotto le macerie di una casa distrutta ieri in un bombardamento dell'artiglieria americana: almeno dodici morti, tra cui cinque bambini. I generali Usa si sono scusati, dicendo che si è trattato di un errore di mira: due missili sono caduti a 300 metri dall'obiettivo stabilito colpendo l'edificio sbagliato. Cose che capitano quando si bombarda un centro abitato con missili sparati da oltre venti chilometri di distanza - in questo caso dalla base di Camp Bastion.

"E' come a Fallujah". Nonostante le dichiarazioni di alcuni generali afgani che parlano di talebani in rotta e di vittoria ormai vicina, le truppe alleate continuano a incontrare una forte resistenza da parte dei guerriglieri talebani.
Il capitano Ryan Sparks, al comando della compagnia Bravo del 1° battaglione, 6° reggimento Marines, ha paragonato l'intensità dei combattimenti in corso a Marjah con quelli dell'attacco a Fallujah, in Iraq, nel 2004. "E' come a Fallujah, salvo che qui ci sparano addosso da tutte le parti perché non avanziamo in linea retta, ma da direzioni diverse".
Secondo i comandi alleati, finora gli insorti uccisi sono 35 e le perdite subite sono solo 5.
I talebani hanno però dichiarato di aver perso solo 6 uomini (tutti gli altri sarebbero civili) e di aver ucciso 192 soldati, tra soldati afgani e stranieri.

Messaggio dei talebani. Dai talebani è giunto ieri anche un messaggio per il presidente Obama in occasione del ventunesimo anniversario del ritiro delle truppe sovietiche dall'Afghanistan (15 febbraio 1989): "Gli americani dovrebbero capire che se hanno bisogno di 15 mila uomini per prendere il controllo di un solo distretto, per impossessarsi di tutti i 350 distretti dell'Afghanistan dovrebbero utilizzare oltre 5 milioni di soldati. I dirigenti della Casa Bianca trarrebbero maggior vantaggio a comprendere la lezione della storia invece di abbandonarsi a esibizioni di forza: Obama, come Gorbaciov, deve guardare realisticamente la realtà sul terreno in modo da mettere fine alla tirannia e alla repressione nei confronti degli afghani, invece di portare altre sventure all'America".

Cheney con Obama. Ma per ora il premio Nobel per la pace Obama sembra più in sintonia con i falchi guerrafondai dell'era Bush che con l'ex premier russo - anch'egli insignito del Nobel per la pace (forse a maggior ragione). "Appoggio completamente quello che l'amministrazione Obama sta facendo in Afghanistan", ha dichiarato l'ex vicepresidente Dick Cheney. "Penso che il presidente abbia fatto la scelta giusta quando ha deciso di inviare altri soldati".