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Educazione siberiana

di Manuel Zanarini - 25/02/2010

 


Uno dei casi editoriali del 2009, forse IL caso editoriale del 2009, è stato il libro Educazione siberiana di Nicolai Lilin. Si tratta del racconto autobiografico della gioventù dell’autore, trascorsa in Transnistria, una piccola repubblica balcanica ex-sovietica, fulcro della criminalità siberiana, costretta a rifugiarsi in quella zona, per sfuggire all’internamento in campi di concentramento, da parte della polizia stalinista.
L’autore è nato e cresciuto in un quartiere della città di Bender, chiamato Fiume Basso, controllato da quella che definisce la “famiglia siberiana”, la comunità criminale composta dagli immigrati Urca, una popolazione della Siberia. Tale comunità ha un concetto di vita comunitario-anarchico-criminale, a causa (o per merito!) del quale ha sempre combattuto contro ogni potere costituito che volesse soggiogarla. Fin dai tempi dell’Unione Sovietica, si è specializzata in assalti ai treni che trasportavano le ricchezze siberiane a Mosca. A causa delle continue perdite economiche, Stalin deportò tutti i criminali; mentre, chi riuscì a salvarsi emigrò in Transinistria, trasformandola in una sorta di zona franca criminale. Tale istinto ribelle la porterà a impugnare le armi e a respingere le truppe rumene che, in seguito al crollo sovietico, cercheranno di impossessarsi della regione, salvo poi ritornare sotto il giogo russo e della repressione di Mosca.
Il libro si legge in un fiato; infatti, è scritto come un romanzo d’avventura, con la trama che si dipana tra arresti, scontri con poliziotti e altri criminali, illustrazioni di gerarchie e codici criminali ecc. Certamente, non si tratta di un libro che cambierà le sorti dell’umanità, né di quelli che trasmettono chissà quale messaggio; ma, per certi versi è un libro, a mio avviso, da leggere.
Per prima cosa, per quel sapore tanto anni’80, che ai cultori del genere ricorderà sicuramente il mitico film I Guerrieri della Notte, fatto di giovani criminali ribelli che sfidano la vita a “pugni chiusi e denti stretti”, che non saranno dei gran esempi di virtù; ma, rispetto al piattume giovanile di oggi, almeno sono “qualcosa”…
Come secondo aspetto, e probabilmente più interessante, ho trovato molte attinenze col contesto della criminalità organizzata italiana; in particolar modo, con la mafia.
Troppo spesso, a riguardo, si sentono parlare sociologi o politologi che mai hanno vissuto in una realtà come quella siciliana, o se lo hanno fatto, si sono limitati a quella dei salotti buoni palermitani o catanesi. Chi ha vissuto i quartieri popolari delle città della Trinacria – nel mio caso, Cruillas a Palermo – sa benissimo che la mafia vive e prospera, perché gode dell’appoggio del popolo siciliano, il quale si riconosce molto di più nella “sottocultura” mafiosa, che non in quella ufficiale di uno stato italiano, che in questi oltre 60 anni non ha creato altro che sottosviluppo e disoccupazione – e che è ben ricordare ha invaso la Sicilia militarmente, contro il volere del popolo, che, unico caso nazionale, nel secondo dopoguerra diede vita a un esercito popolare per ottenere la secessione da Roma.
In un contesto culturale nel quale l’offesa più grave che si possa rivolgere a una persona è “muffutu”, cioè spione, non si può seriamente credere che l’omertà sia dovuta principalmente alla paura di ritorsioni. Sicuramente sarà vero per qualcuno; ma, tra i ceti popolari, proprio come nel libro di Lilin, è considerato un “disonore”, parlare con la polizia, peggio che mai fare l’“infame spione”. Altra similitudine è la presenza nel popolo del connubio, strano solo agli occhi di chi giudica da fuori, tra religiosità, quasi al limite del fanatismo, e la normalità/legittimità con cui si picchia o si uccide un altro uomo, soprattutto se questi ha violato le “leggi dell’onore”; oppure, il rispetto che i criminali anziani godono all’interno della comunità – davvero, qualcuno crede che i “padrini” siano dei despoti che nessuno tocca per paura di finire male?
Inoltre, per chi non avesse vissuto in Sicilia ai tempi della “guerra di mafia”, come invece ha fatto il sottoscritto, e volesse sapere di cosa si sia trattato, legga questo libro, sostituendo alla “Famiglia Siberiana” la mafia palermitana tradizionale, e alla gang del “Seme Nero”, la nuova mafia dei corleonesi.
In definitiva, e senza svelare troppo della trama del libro, consiglio questo libro – un romanzo, che è un misto tra I ragazzi della Via Pal, I Guerrieri della Notte e Hooligans – a tutti coloro che siano interessati a capire come si forma, e su quali valori si basa, una sottocoltura criminale - che sia quella della criminalità siberiana, o quella della mafia siciliana, poco importa.