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La truffa democratica

di Massimo Fini - 03/03/2010

Le democrazie sono, storicamente e statisticamente, i regimi più corrotti. I partiti, in competizione per il potere, hanno bisogno del consenso e non bastandogli la propaganda e il controllo, diretto o indiretto, dei media (che, non a caso, sono chiamati, spudoratamente, "gli strumenti del consenso", senza nemmeno più rendersi conto di quanto ciò li squalifichi) se lo comprano. E per comprarselo hanno bisogno di soldi, che si procurano con le tangenti, gli affari illegali e ruberie di vario genere.
L’altra via per procacciarsi il consenso è quella del clientelismo e delle affiliazioni paramafiose in cui il cittadino si vende in cambio di protezione, vantaggi, prebende. I sostenitori della democrazia sostengono che ciò è fisiologico, è il prezzo da pagare alla libertà. Di quale libertà poi si tratta ci sarebbe molto da discutere.
L’unica libertà garantita è quella economica sulla quale, poiché è il volano del sistema, si è disposti a chiudere un occhio anche quando è agita in violazione della legge (vedi il recente discorso del ministro Scajola e le antiche indignazioni quando vennero inquisiti Prada and company perché così “si danneggia l’immagine dell’Italia nel mondo” e quindi la sua economia).
Per il resto non si è mai vissuto in un clima più illiberale che in quest’epoca in cui tutti si dichiarano liberali. Praticamente, con i più vari pretesti, della sicurezza, della salute, della pubblica decenza, non si può più fare niente. Non si può più fumare, non si può bere, non si può, con vari escamotage, nemmeno andare a puttane (da strada, se si chiamano escort, che è roba da ricchi, si fanno le opportune eccezioni).
A Verona è vietato consumare alcool fuori dai bar, sbocconcellare panini per strada, dormire all’aperto, girare a torso nudo, bagnarsi nelle fontane. Il sindaco di Vicenza ha imposto una multa di 500 euro per "camper e roulotte che trasformano la sosta in un bivacco" mentre quello di Novara ha vietato le passeggiate notturne nei parchi a più di due persone (il fascismo si limitava a considerare "adunata sediziosa" un capannello con più di cinque individui) e a Eraclea, in Sicilia, i bambini non possono più costruire castelli di sabbia sulla spiaggia.
E si potrebbe continuare all’infinito, ma mi fermo perché non è l’illiberalità democratica che qui mi interessa ma la corruzione democratica. Se la corruzione è una fisiologia della democrazia, in Italia è una patologia. Anche perché non si vergogna più di se stessa, anzi se ne vanta (l’ex sindaco di Milano, Paolo Pillitteri, mentre incassava le tangenti, irrideva a "quei pirla che non hanno capito come va il mondo"), non ha più nemmeno quell’ipocrisia che, come diceva La Rochefoucauld, “è il pedaggio che il vizio paga alla virtù” e comunque trova sempre qualcuno pronto a giustificarla e a permettere ai suoi protagonisti di farla franca come abbiamo visto in questi ultimi vent’anni.
In questo senso l’Italia, da sempre paese laboratorio (qui, con i mercanti fiorentini e piacentini, è nata la Modernità, qui si affermò il fascismo, padre di tutti i totalitarismi novecenteschi) è estremamente interessante, perché con la sua corruzione proterva, esibita, impunita, impudente e imprudente smaschera la vera natura delle democrazie, anche di quelle che la occultano più abilmente.
Nella sua sostanza la democrazia rappresentativa, come ho scritto un po’ brutalmente nel mio libro Sudditi - Manifesto contro la democrazia, è un sistema, ingegnoso e sofisticato, per metterlo nel culo alla gente, e soprattutto alla povera gente, col suo consenso.
Chissà che proprio dall’Italia, in reazione agli abusi, ai soprusi, agli arbitri, alla sistematica grassazione del denaro pubblico, cioè del nostro denaro, non nasca qualcosa che spazzi via, qui e altrove, una volta per tutte questa truffa legalizzata. Meditate, suorine democratiche del “Fatto”,