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Cicli e spirali

di Luciano Fuschini - 05/04/2010


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La sapienza antica dell’Oriente asiatico conosce la ciclicità dell’eterno ritorno nelle grandi Ere cosmiche. Ritroviamo la figura del ciclo, calata nella dimensione storica, nella concezione greco- latina, in particolare in Polibio, e in quel filone della storiografia moderna che giunge fino a Spengler passando da Machiavelli (solo la concezione ciclica può rendere conto delle contraddizioni fra “Il Principe” e “I Discorsi”) e Vico. La visione semitica, biblica e coranica, invece vede un fine ultimo della storia, sia pure attraverso un percorso accidentato di deviazioni e ricadute. Il fine ultimo, la prospettiva escatologica, spezza la figura circolare del ciclo per fare balenare l’immagine della méta finale, l’avvento o il ritorno del Messia: avvento per gli ebrei, ritorno per cristiani e musulmani. E, dopo il Messia, l’Apocalisse, che non è pura e semplice distruzione ma Disvelamento. Nel moderno storicismo infine, quello hegeliano e quello marxista, e in generale nei progressismi di ispirazione illuminista, la storia assume la figura di una linea retta ascendente, un continuo progresso, tappa dopo tappa, verso l’obiettivo finale, il Regno della libertà, quello dello Spirito realizzato, o quello del comunismo.
Chi come noi non crede al progressismo e contesta le basi culturali della modernità, deve aderire a una visione ciclica della storia, però con una precisazione. Il ciclo non è veramente tale, perché se così fosse non avremmo altro che l’eterno ritorno dell’identico, il che non è. Quello che chiamiamo ciclo in realtà assume la figura della spirale. Ciò che ritorna è soltanto una struttura formale, non i contenuti storicamente determinati. Cerchiamo di spiegarci in modo più circostanziato.
Nella fase di crescita, la comunità è vitale e animata da una fede forte, i costumi sono semplici e severi, ogni ceto e classe sociale ha la precisa consapevolezza delle proprie responsabilità, la concezione della vita è eroica, codificata dai poemi epici, dalle saghe, dalle leggende; il potere è monarchico assolutista o esprime una volontà collettiva di tipo assembleare, in ogni caso subordina l’interesse individuale  a quello collettivo. L’insieme di questi fattori è la struttura formale di questa fase storica, che possiamo ritrovare identica in tutti i tracciati dell’evoluzione delle società umane e delle culture. Possiamo ritrovarla nella Grecia che va dall’epoca omerica alle guerre persiane, possiamo ritrovarla nella Roma che va dalle origini fino alle guerre puniche; possiamo identificarla, dopo più di mille anni, nel basso medioevo europeo, l’epoca del cristianesimo vissuto nel modo più intenso, l’epoca della cavalleria, dei Comuni, delle grandi saghe e delle leggende fascinose, degli eroi. La struttura formale è identica ma i contenuti in cui si realizza la vita quotidiana sono evidentemente molto diversi rispetto alla classicità pagana della Grecia e di Roma. C’è uno scarto e in quello scarto si manifesta la figura della spirale.
Dopo un periodo di stabilizzazione, in cui i fattori della prima fase si istituzionalizzano e al tempo stesso si indeboliscono, subentra la terza fase, quella della decadenza. L’individuo prevale sulla comunità, si ricerca la felicità personale che viene identificata nel provare piacere, si cura il proprio corpo in modo quasi narcisistico, la progressiva indisciplina provoca una pletora di regolamenti sempre più inutili perché sempre meno osservati, lo scetticismo e la superstizione prendono il posto di una fede ormai pallido simulacro di se stessa, i legami sociali e familiari si allentano, le donne si mascolinizzano e gli uomini diventano effeminati, si impone un relativismo che fa smarrire il confine fra ciò che è bene e ciò che è male, in un clima di benevola tolleranza si può dire tutto perché nulla abbia più valore. Questa struttura formale, lo schema della decadenza, si ritrova identico in tutte le fasi di declino di una società. La troviamo nella Roma tardo imperiale come nella nostra attuale putrefazione. Però le modalità concrete in cui questo schema si manifesta, sono diversissime. Ritroviamo quello scarto che ci suggerisce l’immagine della spirale.
Proprio perché la storia, nello schema generale, si ripete, è facile prevedere che alla fine della nostra estenuante decadenza, ritorni una fase di vitalità, di ripresa dei miti fondanti, di più forti valori, magari anche indotti dall’influenza di altri popoli. Essendo la storia spirale e non ciclo che si richiude circolarmente su se stesso, la nuova fase, che chi sente con lacerante dolore l’attuale putridume attende con ansia, non sarà la pura e semplice ripetizione di fasi precedenti di crescita e di vitalità. Nessuno può prevedere quello scarto dalla norma che farà dell’Europa che si prepara una realtà diversa da quelle che ci hanno preceduto.
Il ciclo, corretto in spirale, è una realtà verificabile, ma anche l’eterogenesi dei fini è una legge che raramente viene smentita. Le lotte degli uomini e delle donne, i loro ideali, le loro aspirazioni, sono il motore del cambiamento, ma ciò che risulta da quegli ideali e da quei programmi è sempre molto diverso da quanto era stato ideato e progettato. Il nostro dovere è fare la nostra parte per aprire la strada a una nuova fase del vivere civile, fosse pure soltanto educando qualche coscienza a valori più autentici, ma essendo consapevoli che ciò che ne risulterà sarà molto lontano dalle nostre attese.
Vedere nella storia la figura della spirale e non del cerchio significa prendere coscienza che l’antimodernità non può essere la pura e semplice premodernità.