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Bolivia: Morales in crisi?

di Stefano Pistore - 27/04/2010


 
Bolivia: Morales in crisi?

Da poche ore si è conclusa a Cochabamba (Bolivia) la “Prima Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambio Climatico e i Diritti della Madre Terra”, promossa dal presidente boliviano Evo Morales.
Punto principale: la difesa della natura e dei suoi diritti.

La gente” ha affermato Morales durante il suo discorso inaugurale, “deve scegliere se continuare a percorrere la strada del capitalismo e quindi proseguire con la morte della natura, oppure intraprendere un nuovo cammino di armonia con essa, coltivando il rispetto alla vita per poter salvare l’umanità.”

In poche parole, ha continuato il leader del Mas (Movimento Al Socialismo) “O muore il capitalismo o muore la Madre Terra”, la “Pacha Mama” (termine indigeno boliviano usato per esprimere proprio il concetto di Madre Terra).

Parole importanti e anche dal sapore romantico, oggetto fra l’altro della immancabile disinformazione occidentale, intenzionata ad attribuire al Presidente Morales frasi offensive verso i gay (1).

Pochi giorni fa, sempre in Bolivia, sono invece terminate le elezioni regionali e municipali: primo test elettorale per Morales dopo le elezioni presidenziali dello scorso 2009.

Le elezioni avvenute, come in Italia, durante il periodo pasquale, ancora non hanno dati certi, il che sarà possibile solamente dopo il 24 Aprile; tuttavia, è possibile tracciare a grandi linee i risultati che di giorno in giorno sono emersi in seguito al termine delle votazioni.

Per la cronaca, secondo gli osservatori esterni presenti in Bolivia, le votazioni si sono svolte in maniera del tutto regolare, la “Corte Departamental Electoral” (Cde) di Santa Cruz ha però annullato Lunedì 12 Aprile le votazioni in 117 seggi elettorali del dipartimento, in base al fatto che il numero delle schede depositate alle urne superava quello degli elettori (+2,7%).
Allo stesso modo sono state annullate le elezioni in 5 seggi di Pando e in 27 nel dipartimento di La Paz, questa volta a causa di errori di distribuzione e di procedure.
Per questo motivo si è deciso di rimediare agli errori, ripetendo le votazioni il 18 Aprile passato.

Dei nove dipartimenti che costituiscono lo Stato boliviano, il Mas, secondo le proiezioni, avrebbe conquistato con certezza, i dipartimenti di La Paz, Oruro, Pando, Cochabamba, Chuquisaca e Potosì.

Nonostante non si abbia ancora una certezza matematica quello che dunque emerge dall’ultima tornata elettorale è un sostanziale equilibrio, rispetto alle precedenti elezioni, fra la maggioranza di Morales e tutto il resto dell’opposizione, con un leggero aumento di consensi da parte di quest’ultima, in tutta la zona orientale, già storicamente più conservatrice ed invece un consolidamento del movimento di maggioranza nelle proprie roccaforti.

La vera novità, sembra invece essere il consolidamento del Msm (Movimento Sin Miedo), partito di centro-sinistra, un tempo fedele alleato del presidente aymara con cui ultimamente alterna periodi di convivenza a periodi di rottura.

Salvo imprevisti dell’ultima ora l’Msm avrebbe dovuto aggiudicarsi la vittoria sia nel municipio della capitale La Paz sia nella città di Oruro.

La vittoria del partito di Juan Del Granado conferma, in sostanza, la difficoltà da parte di Morales e del suo Mas di ottenere consensi da parte della borghesia e della classe media concentrata in tutte quelle aree più urbanizzate, rispetto alle zone rurali in cui invece ha sempre stravinto.

Questo, forse, il calo più significativo, un calo che si allontana dal classico confronto fra progressisti e conservatori ma è causato proprio da quelli che erano gli alleati maggiori, una scissione all’interno del partito che potrebbe essere transitoria ma che per ora è la causa principale delle preoccupazioni di Evo Morales e del suo Movimento Al Socialismo.

Situazione analoga anche ad altri paesi latini in cui al governo è presente una maggioranza di sinistra (ma la questione è più ampia e va oltre una semplificazione destra-sinistra: riguarda il tipo di politica messa in atto dagli attori regionali).

Tra questi, chi più di altri sta osservando cambiamenti negli equilibri della politica interna, è il Venezuela di Chavez.

Le ragioni sono dovute anche in questo caso ad un allontanamento, sempre maggiore, da parte dell’ala moderata del governo chavista che a suon di dimissioni sta prendendo il largo dall’attuale Presidente in carica.

A contribuire alle preoccupazioni anche problemi economici, legati al settore petrolifero ma soprattutto alla sopravvalutazione della moneta.

Altro paese in in movimento è l’Ecuador di Correa: in questo caso l’apprezzamento al presidente non sembra essere in calo, ma il periodo di forte crisi energetica ed economica, quale quello che l’Ecuador sta attraversando, rende la stabilità interna decisamente vulnerabile.

Inoltre, visto il continuo astio che corre fra l’Alba (di cui l’Ecuador fa parte) e gli Usa – accentuati ulteriormente da quelle che sono le tre assi economico-militari Alba-Russia, Alba-Iran ed Alba-Pechino – un’eventuale restrizione sugli export ecuadoriani da parte degli Stati Uniti, mirata all’indebolimento dei paesi dell’Alba, costituirebbe una stangata per il popolo ecuadoriano e per il suo presidente, ma d’altra parte rafforzerebbe la cooperazione regionale.

Per quanto riguarda i restanti paesi governati da una maggioranza di sinistra o centro-sinistra, checché se ne dica, la situazione risulta abbastanza stabile, ciò a confermare la solidità dei progetti di integrazione regionale, come la citata Alba ed il confermato Sucre, meccanismo di unione monetaria, che prende il nome dalla moneta ecuadoriana sostituita negli anni novanta dal dollaro (con grandi danni alla popolazione ed allo Stato) dai governi filo-americani di allora.

Escludendo il Cile, in cui la recente vittoria di Piñera ha portato ad un ribaltamento politico (anche se la Bachalet in altri paesi avrebbe, molto probabilmente, occupato una posizione nei ranghi del centro-destra); in Brasile difficilmente la delfina di Lula, Dilma Roussef, perderà le prossime elezioni; in Uruguay, Mujica ha trionfato proseguendo il tragitto incominciato dal socialista Vazquez; in Paraguay Lugo, salvo eventuali colpi di stato che aleggiano nell’aria, è saldamente al potere; infine, in Argentina, è ancora troppo presto per dare per spacciata la coppia Kirchner.

Il tanto decantato crollo della sinistra sudamericana, sembra dunque lontano dalla realtà dei fatti. La stessa Bolivia di Morales che oggi sembra aver ottenuto un lieve calo di preferenze, gode ancora di ottima salute, soprattutto economica, essendo l’economia più vitale dell’area.

Sebbene siano ancora ben evidenti problemi come la corruzione o il lavoro nero (riguardante almeno il 70% dei lavoratori), da un punto di vista economico, la partita è ancora tutta da giocare, grazie in particolar modo alle recenti scoperte sulle risorse di litio, le quali secondo gli ultimi studi sarebbero in grado di soddisfare per oltre un secolo la richiesta di questo metallo del marcato mondiale.

Traduzione: fine dei problemi economici e maggiore stabilità interna.

* Stefano Pistore è laureando in Mediazione linguistica e culturale

1) http://www.giannimina-latinoamerica.it/archivio-notizie/562-evo-morales-i-polli-transgenici-lomosessualita-e-i-giornalisti-calunniatori-di-professione