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Italia a rischio Grecia?

di Alessandro L. Salvaneschi - 05/05/2010

Fonte: Liberaopinione.net

L'Italia rischia davvero di finire come la Grecia? Il pericolo di fallimento della Grecia e le sue conseguenze sulla stabilità della moneta unica europea e il conseguente piano di soccorso europeo per 110 miliardi di euro hanno subito scatenato le Cassandre italiane. Queste hanno lanciato i propri vaticini esaltate dalla solita speculazione borsistica che ha visto i mercati azionari di tutta Europa in ribasso per alcune sedute. La Grecia ha accumulato uno dei debiti pubblici più alti d'Europa, pari al 115,1 per cento del suo prodotto interno lordo. Il problema del debito pubblico è che genera costi - gli interessi che si pagano ai sottoscrittori dei buoni statali - che gravano sul bilancio statale di ogni anno. Il mercato degli investitori si aspetta che un paese indebitato metta in atto una politica rigorosa sui propri conti pubblici, innanzitutto tagliando le spese e in primis gli sprechi. La speculazione è partita perché, in assenza di fiducia da parte degli investitori sulle proprie politiche economiche, la Grecia ha dovuto emettere obbligazioni a 3 anni con tassi pari al 14,54 per cento (quelle tedesche, le più basse, sono all'1,18). La cosa grave del debito pubblico greco è che risulta accumulato sopratutto negli ultimi anni, cioè in barba alle regole di Maastricht che imponevano dei parametri molto rigorosi. 60 mila pensioni pagate ai defunti e riscosse a vario titolo dai superstiti, 160 mila pensioni ai falsi invalidi, decine di differenti indennità e bonus ingiustificatamente elargiti ai dipendenti pubblici, commissioni che vigilano su enti fantasma, queste sono le voci che l'Europa ha imposto di tagliare dal bilancio della Grecia, ai quali si aggiungono aumenti di imposte e tasse su carburanti, alcolici, sigarette, lusso e lotterie. L'Italia che pure ha un debito pubblico pari al 115,8 per cento del PIL è su un'altra posizione. Perché unisce, ad un forte debito pubblico, un basso livello di indebitamento delle imprese (circa il 70 per cento) e un bassissimo livello di indebitamento delle famiglie (circa il 30 per cento). Rispetto a quanto produce in un anno il livello di indebitamento complessivo dell'Italia viene dopo quello di Irlanda, Portogallo, Gran Bretagna, Spagna e Olanda. E' sopratutto la saggezza delle famiglie italiane a tenere fuori pericolo l'Italia. Gli italiani risparmiano molto e si indebitano poco. La richiesta di Buoni del tesoro è altissima, viene in larga parte dall'estero (sopratutto banche e investitori europei) e consente al ministero del Tesoro di emettere obbligazioni statali a tassi molto bassi e vicini a quelli tedeschi, francesi o americani (vedi l'emissione a cinque anni remunerata con il 2,29 per cento contro rispettivamente il 2,13, 2,07 e 2,57). Anche le obbligazioni di medio e lungo periodo vedono spread - differenze sugli interessi pagati - molto bassi rispetto alle omologhe obbligazioni di Germania, Francia o Stati Uniti. Purtroppo camminiamo con la palla al piede di un debito pubblico che è stato tenuto a livelli relativamente bassi (attorno al 30 per cento del PIL) sino agli anni sessanta, si è alzato al 60 per cento tra gli anni sessanta e ottanta e si è impennato a partire dagli anni ottanta sino al suo massimo il 121,8 per cento nel '94. Da allora tutti i governi hanno cercato, con maggiore o minore successo, di tenerlo a bada con una politica di contenimento della spesa pubblica, nonostante la crisi economica internazionale abbia portato negli ultimi due anni a una maggiore spesa per ammortizzatori e coesione sociali. Il deficit pubblico - cioè la differenza tra entrate e costi dello stato durante un anno - è a livelli di gran lunga inferiore a quello greco (5,2 contro il 13,6). Le ultime aste di titoli pubblici italiani hanno avuto, nonostante i rendimenti molto bassi, richieste di gran lunga superiori alle offerte. Fin qui i mercati premiano quindi la politica di rigore dei conti pubblici italiani.