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Julius Evola e la tradizione del Sanatana-dharma (note)

di Giuseppe Gorlani - 27/05/2010

Note

1) José Pereira, “Manuale delle Teologie Induiste”, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1979, p. 30.
2) “Periodico Vidya”, Ediz. Asram Vidya, Roma, Novembre 1996.
3) Cfr. Alain Daniélou, “Siva e Dioniso”, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1980, p. 28.
4) Alain Daniélou, “Storia dell’India”, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1984, p. 33.
5) Ibidem, p. 35.
6) Ibidem, pp. 63, 66, 67.
7) Ibidem, p. 57.
8) Ibidem, p. 57.
9) Julius Evola, “La Dottrina del Risveglio”, Mediterranee, Roma 1995, p. 30.
10) Stella Kramrisch, “La Presenza di Siva”, Adelphi, Mi 1999, p. 344.
11) Alain Daniélou, “Miti e Dèi dell’India”, red ediz., Co 1996, p. 220.
12) «Ai nostri giorni la filosofia shivaita rappresenta l’aspetto più astratto del pensiero religioso indiano. Essa ci porta gli strani e profondi insegnamenti della più antica cosmologia, come pure i metodi dello yoga che sono la base di ogni concezione di progresso interiore e di realizzazione spirituale, nell’induismo attuale come lo era nell’India pre-ariana», in ibidem, p. 221.
13) Julius Evola, “Lo Yoga della Potenza”, Mediterranee, Roma 1968, p. 16.
14) M. Stutley e J. Stutley, “Dizionario dell’Induismo”, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1980, p. 369.
15) «L’induismo, così come noi lo conosciamo, e la filosofia dell’India sono per gran parte adattamenti e continuazioni dello Shivaismo pre-ariano, che fu la principale religione dei popoli che crearono la civiltà dell’Indo», “Storia dell’India”, op. cit., p. 40. Riguardo a Krishna (letteralmente “attraente”, “scuro”) e a Rama (le cui gesta sono narrate nel “Mahabharata”, nel “Ramayana” e in alcuni “Purana”), sebbene i loro culti siano relativamente recenti, le loro radici affondano nell’antichità più remota. Daniélou, a proposito di testi quali l’“Atharva Veda” e i “Purana”, scrive: «Ritroviamo qui un fenomeno caratteristico della storia dell’India. I testi la cui versione attuale sembrerebbe la più recente, sono spesso in realtà, per il loro contenuto, i più antichi», ibidem, p. 59. Inoltre: «[...] non è in alcun modo certo , come si ritiene solitamente, che Krishna, i Pandava, i Kaurava e Jarasandha fossero ariani, poiché va delineandosi sempre più chiaramente l’esistenza in quella parte dell’India di una cultura altamente sviluppata e di potenti regni non ariani ben prima della comparsa degli ariani stessi», Margareth e James Stutley, “Dizionario dell’Induismo”, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1980, p. 220.
16) Giuseppe Tucci, “Asia Religiosa”, vol. II, Partenia, Roma 1946, p. 27.
17) Colin Renfrew, “Archeologia e linguaggio”, Laterza, Ba 1989, p. 212.
18) Ibidem, pp. 214, 215.
19) “Periodico Vidya”, op. cit.
20) Jan Gonda, “Veda e Antico Induismo”, Jaca Book, Mi 1980, pp. 31, 32.
21) Georg Feuerstein, Subash Kak e David Frawley, “Antica India. La culla della civiltà”, Sperling & Kupfer Edit., Mi 1999, cap. 9.
22) Nuccio D’Anna, “Julius Evola e l’Oriente”, Ediz. Settimo Sigillo, Roma 2006, p. 95.
23) Cfr. Giuseppe Gorlani, “Prospettive sulla reincarnazione”, Atrium, Anno II, n. 4, Tn.
24) D. T. Suzuki, “Misticismo Cristiano e Buddhista”, Astrolabio-Ubaldini Edit., Roma 1971, pp. 40, 41.
25) Giangiorgio Pasqualotto, “Illuminismo e illuminazione”, Donzelli Edit., Roma 1998, p. 23.
26) Ibidem, p. 34.
27) Julius Evola, “Rivolta contro il mondo moderno”, Ediz. Mediterranee, Roma 1993, p. 172.
28) “Bhagavad-Gita”, II.19, a c. di Raphael, Ediz. Asram Vidya, Roma 1981.
29) Cfr. Alain Daniélou, “Miti e Dèi dell’India”, red ediz., Co 1996, pp. 76-80. L’Autore parla dei tre volti della Persona suprema: Persona immutabile, Shiva, Persona indistruttibile, Vishnu, Persona distruttibile, Brahma.
30) D. T. Suzuki, op. cit., p. 41.
31) Fung Yu-lan, “Storia della filosofia cinese”, Mondadori, Mi 1990, p. 194.
32) Sulla comparazione tra Buddhismo e Vedanta, cfr. Alberto Pelissero, “Strumenti per lo studio dell’Agamasastravivarana”, Leo S. Olschki, Fi 2002; nel cap. I, Rapporto tra vedanta e buddhismo, si riassumono le prospettive di diversi studiosi e pandit sul tema in oggetto. Si veda pure il saggio di René Guénon “La costituzione dell’essere umano secondo i Buddhisti” in “La Tradizione e le Tradizioni”, Mediterranee, Roma 2003.
33) Julius Evola, “Per una difesa romana dell'Occidente”, in "Vita Nova", ottobre 1931, ora in “Vita Nova (1925-1933)”, Roma 1999, cit. in www.fondazionejuliusevola.it.
34) Il termine risale probabilmente al greco prósōpon, “maschera”, attraverso l’etrusco phersu; rimanda all’idea di rappresentare, di rendere visibile l’invisibile, udibile l’inudibile. In italiano per-sona conserva foneticamente il significato di “maschera”, “veicolo”, “involucro” (kosha o sharira, per dirla in sanscrito) attraverso il quale passa o si manifesta il suono, il soffio, il Brahman. A ragione, dunque, Guénon gli attribuisce un valore principiale.
35) “Glossario Sanscrito”, Ediz. Asram Vidya, Roma 1988, p. 160.
36) Gaudapada, “Mandukyakarika”, a c. di Raphael, p. 112, Ediz. Asram Vidya, Roma 1981.
37) Dr. N. Veezhinathan, “I karman quale strumento preordinato al sorgere della Conoscenza dell’Atma”, “Periodico Vidya”, Roma, febbraio 2010.
38) “Bhagavad-Gita”, V.7-8, op. cit.
39) René Guénon, “Il Demiurgo e altri saggi”, Adelphi, Mi 2007, p. 39.
40) “La Dottrina del Risveglio”, op. cit., p. 21.
41) J. Evola, “L’esoterismo di René Guénon”, fonte: Centro Studi La Runa.
42) Ibidem.
43) Gino Zaccaria, “L’inizio greco del pensiero. Heidegger e l’essenza futura della filosofia”, Christian Marinotti Ediz., Mi 1999, p. 74.
44) Giorgio Colli, “Filosofi sovrumani”, Adelphi, Mi 2009, p. 47.
45) “Rivolta contro il mondo moderno”, op. cit., p. 302.
46) «Da intima natura del sacrificio il Brahman, che già in Rig Veda I.152.5 è detto a-citta, “inconcepibile”, si farà nozione sempre più astratta (Brihad-aranyaka Upanishad 2.I.I; Chandogya Upanishad 1.7.5) sino a essere interpretato quale Essenza metafisica, Principio cosmico, Assoluto trascendente», Antonio Rigopoulos, “Guru”, Carocci, Roma 2009, p. 45.
47) «Nella teologia di Ramanuja si dà un non-dualismo “qualificato” (vishista-advaita): un’unione nella quale permangono delle differenze ontologiche. […] La liberazione coincide  con l’esperienza di una circolarità d’amore tra il devoto e il suo Signore. In questo mistero d’amore il bhakta attinge l’unione con Lui non smarrendo però mai la propria individualità», Antonio Rigopoulos, “Hinduismo”, Edit. Queriniana, Bs 2005, p. 208.
48) René Guénon, “L’uomo e il suo divenire secondo il Vedanta”, Adelphi, Mi 1992, p. 31.
49) Cit. in “L’ultimo Khan” di Pietrangelo Buttafuoco, fonte: Rassegna Stampa dell’8.02.2010 di www.ariannaeditrice.it.
50) Cit. in Nuccio D’Anna, op. cit., p. 140.
51) Alberto Pelissero, op. cit., GK 4,7. Commenta Shankara: «[...] se persino nel caso delle cose mondane che sono falsamente immaginate il principio primo non diviene altrimenti, quanto più non diverrà altrimenti il principio primo che ha come sua caratteristica l’immortalità con riguardo alle cose che pertengono alla realtà assoluta e che sono non soggette a nascita secondo il loro modo proprio di essere?», p. 216.
52) Op. cit., II.71.
53) Bhartrihari, “Sulla saggezza mondana, sull’amore e sulla rinuncia”, a c. di A. Passi, Adelphi, Mi 1989, p. 205.  
54) Op. cit., pp. 31, 32.
55) Jnanenralal Majumdar, cit. in J. Evola, “Lo Yoga della Potenza”, op. cit., p. 31.
56) Mario Piantelli, “Sankara e il Kevaladvaitavada”, Ediz. Asram Vidya, Roma 1998, p. 252.
57) Gaudapada, “Mandukyakarika”, op. cit., p. 83.
58) In proposito sembra calzare a pennello il seguente sutra del buddhista Nagarjuna: «Tu che fai ricadere su di noi i controsensi della tua stessa tesi, somigli a chi dimentica lo stesso cavallo che monta», “Madhyamaka karika”, XXIV.15, Boringhieri, To 1968.
59) «I maestri dell’est e dell’ovest sono d’accordo sull’esigenza che “Dio scompaia”. Ma sono anche d’accordo nell’essere fedeli teisti nel loro ambiente: la loro mistica si innalza su un fondamento teistico, e la loro speculazione mistica, per quanta altezza raggiunga, non lo rinnega mai», Rudolf Otto, “Mistica Orientale, Mistica Occidentale”, Marietti, Casale Monferrato 1985, p. 130.
60) Cfr. José Pereira, op. cit., p. 354.
61) Abhinavagupta, “Essenza dei Tantra” (“Tantrasara”), vol. 1, a c. di R. Gnoli, Boringhieri, To 1979, pp. 39-41.
62) Jean Klein, “Essere”, Edit. Psiche, To 1983, p. 5.
63) Op. cit., p. 84.
64) Ibidem, pp. 77, 78.
65) Ibidem, p. 11.
66) Svatmarama, “Hatha-Yoga-Pradipika”, a c. di G. Spera, Promolibri, To 1990, p. 62.
67) “Aforismi di Ananda Kentish Coomarawamy”, a c. di G. Marchianò, Stile Regina Edit., Roma 1988, p. 85.
68) Alain Daniélou, “Storia dell’India”, op. cit., p. 77.
69) “La Dottrina del Risveglio”, op. cit., cap. II.
70) “Brahmasutra con il Commento di Sankara”, 2.2.32, Ediz. Asram Vidya, Roma 2000.
71) “Brahma-sutra-bhasya of Sri Shankaracarya”, Commento a II.ii.32, translated by Swami Gambhirananda, Advaita Ashrama, Calcutta 1972.
72) “Brahmasutra con il Commento di Sankara”, Commento a 2.2.32, op. cit.
73) Ibidem, Commento a 2.2.32.
74) Ananda K. Coomarswamy, “Induismo e Buddismo”, Rusconi, Mi 1973, p. 108.
75) Alberto Pelissero, op. cit., Commento di Shankara a GK 4,59, p. 248.
76) Op. cit., p. 136.
77) Ibidem, p. 144.
78) “Bhagavad-Gita”, VI.41, 42, op. cit .
79) Op. cit., p. 15.
80) Credo sia opportuno precisare come non si debba confondere il sannyasa tradizionale con la parodia che ne diede Rajneesh-Osho.
81) «Il guru è colui che ha sommo peso nella vita, che la fonda, che impartisce la sacra iniziazione (diksha) attraverso un mantra o un insegnamento salvifico (upadesha). L’insegnamento può ricapitolarsi tanto in una istruzione verbale quanto nel silenzio ovvero in un semplice sguardo, in un gesto, anche in un tocco della mano o del piede», A. Rigopoulos, op. cit., p. 213.  
82) “Lo Yoga della Potenza”, op. cit., p. 254.
83) “Brahma-sutra-bhashya of Sri Shankaracarya”, Advaita Ashrama, Calcutta, ‘93, Foreword by T.M.P. Mahadevan, p. ix.
84) Stefano Arcella, “Il contributo di J. Evola alla conoscenza del Buddhismo Vajrayana”, in FilosofiaPolitica.net.
85) Ibidem.
86) Si noti incidentalmente come un filosofo sia tale proprio in quanto si lascia guidare dalla ragione e non dal sentimento. «Infine, nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche (par. 447), Hegel – in modo metafisicamente più deciso – scrive: “La forma del sentimento (Gefühl) consiste nel fatto che esso è una determinata intonazione affettiva (Affektion), ma questa determinatezza è semplice. Pertanto un sentimento, anche se il suo contenuto è il più integro e il più vero, presenta sempre la forma di una particolarità accidentale, al di là del fatto che il contenuto possa poi essere il più povero e il più privo di verità [...] Quando un uomo, in merito ad alcunché, si appella non alla natura o al concetto della cosa in causa (Sache), o, quanto meno, ai motivi, alle ragioni, alla comunità dell’intelletto, bensì al sentimento (Gefühl) della cosa stessa, allora non bisogna fare altro che lasciarlo stare, perché egli si rifiuta in tal modo di appartenere alla comunanza della razionalità (Gemeinschaft der Vernünftigkeit) e si rinchiude nella propria soggettività isolata, la particolarità». Gino Zaccaria, op. cit., p. 346.
87) “Lo Yoga della Potenza”, op. cit. p. 38.
88) “Prasna-upanisad”, a c. del Gruppo Kevala, Ediz. Asram Vidya, Roma 2004, Introduzione, p. 22.
89) La sua distinzione tra ciò che è propriamente “iniziatico” e ciò che è “mistico” è senz’altro valida, purché si accetti il significato di via umida, passiva, prevalentemente emotiva e proiettata a ricevere quel che sta fuori di sé che egli attribuisce al secondo lemma. In realtà, però, se si indaga a fondo emerge un significato diverso. Scrive Marco Vannini in “Filosofia e mistica”. Un problema terminologico (fonte: In Quiete): « La parola ha una chiara origine greca, nella radice del verbo myein, che indica l’atto di chiudere, anzi di socchiudere, gli organi dei sensi [...], ed in connessione con il concetto religioso arcaico di “mistero”, che indicava una dimensione non tanto misteriosa quanto iniziatica, riservata a coloro che erano stati adeguatamente istruiti, anche attraverso un processo di purificazione. In questo senso myste era l’iniziato al mysterion, mystagogo colui che introduceva al mistero stesso, e così via. [...] Bisogna dunque notare che la prima fortuna del termine “mistica” non è affatto legata all’emotivo o al cosiddetto irrazionale, ma il contrario. Lo sconosciuto autore che ha scritto la Teologia mistica è sicuramente un seguace della filosofia neoplatonica, di Plotino e di Proclo, filosofi, appunto, nei quali giunge per così dire a compimento la migliore eredità del razionalismo greco, ovvero della grande filosofia classica».
90) Rudolf Otto, in op. cit., p. 152, nota come vi sia una forma di bhakti, che sta a fondamento del “Vishnu-purana” o del “Bhakti-sutra”, che sfocia nell’advaita. Essa è caratterizzata dal passaggio dall’upasana (la preghiera, l’adorazione) all’identità. A mo’ di esempio, cita l’episodio del giovane Prahlada, il quale recita: «Sottomissione, adorazione, onore a lui sempre e sempre, a Vishnu il Signore [upasana]. Il suo essere abbraccia tempi e luoghi. Anche io sono lui, e tutto è mio [transizione]. Io sono tutto, il tutto è in me. Eterno, senza fine io sono [identità]».
91) A proposito della distizione tra “individuo” e “persona”: «Quando cadde l’uso della maschera, indicò il personaggio stesso, e così passò nell’uso per indicare l’uomo, in quanto non è soltanto individuo, cioè unità organica di parti solidali, ma è un essere cosciente e intelligente, un’unità fondamentale di pensiero, di sentimento e di azione. Perciò persona si oppone a cosa», C. Ranzoli, “Dizionario di scienze filosofiche”, Hoepli, Mi 1943.
92) Op. cit., p. 159.
93) “Lo Yoga rivelato da Siva” (“Siva-samhita”), III.11, a c. di M.P. Repetto, Promolibri, To 1990.
94) Alberto Pelissero, op. cit., pp. 127, 128.
95) Sri Samkaracarya, “Opere Minori”, vol. II, “Sivo’Ham”, 5, Ediz. Asram Vidya, Roma 1991.
96) J. Evola, “L’esoterismo di René Guénon”, fonte: Centro Studi La Runa.