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L'Afghanistan nasconde un tesoro sotterraneo. Enormi giacimenti di litio e di altri metalli pregiati

di Maurizio Molinari - 15/06/2010

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I più grandi giacimenti esistenti di ferro e rame, nonché litio in abbondanza tale da essere equiparato al petrolio dell`Arabia Saudita: il sottosuolo dell`Afghanistan nasconde un tesoro minerario capace di trasformare Kabul nella Dubai dell`Asia centrale. Sono questi i sorprendenti risultati cui è giunto un team di geologi civili e militari americani che negli ultimi quattro anni ha esaminato il territorio afghano con i più avanzati strumenti di rilevamento, adoperando come mappe di riferimento quelle che erano state redatte dall`Armata Rossa negli Anni 80, poi abbandonate in fretta e furia al momento del ritiro nell`archivio di un Ministero della capitale afghana.

Ad aver coordinato la ricerca è stato Paul Brinkley, capo del team del Pentagono oggi con la qualifica di vice sottosegretario alla Difesa per gli Affari Economici. Il ritrovamento delle carte minerarie redatte dai sovietici risale al 2006 e gli uomini del team di Brinkley le adoperarono pochi mesi dopo per sorvolare il 70 per cento del territorio con un aereo di intelligente di vecchia generazione in servizio nell`Us Navy, l`Orion P-3. I rilevamenti fatti su gravità e magnetismo furono a tal punto promettenti che il team scientifico-militare nel 2007 decise di ripetere i sorvoli, ma questa volta con un vecchio bombardiere britannico a bordo del quale erano stati posizionati strumenti in grado di disegnare con accuratezza il profilo tridimensionale dei depositi minerari nel sottosuolo.

Si è trattato del più accurato studio delle risorse minerarie afghane mai realizzato e nel 2009 i risultati sono stati consegnati a un team del Pentagono per lo sviluppo delle attività economiche trasferito in Afghanistan dall`Iraq, che ha condotto ulteriori accertamenti nelle singole località che si trovano in gran parte nelle regioni sud e nell`est infestate dai taleban.

A un anno da allora Brinkley è stato in grado di presentarsi prima al ministro della Difesa, Robert Gates, poi al presidente afghano, Hamid Karzai, illustrando con dovizia di dettagli, supporto di carte e illustrazioni scientifiche una realtà che sembra andare oltre l`immaginazione:

nel sottosuolo dell`Afghanistan c`è ferro e rame in abbondanza tale da farne il primo produttore del Pianeta, oltre a giacimenti di oro e cobalto.

Senza contare che la provincia di Ghazni, nell`est, contiene immensi depositi di litio, il minerale che serve per fabbricare le pile dei computer portatili come di numerosi tipi di telefonini.

A conti fatti si tratta di risorse stimate in circa mille miliardi di dol- lari, capaci di trasformare l`Afghanistan nell`«Arabia Saudita dei litio» e una nazione in guerra nella nuova mecca dello sviluppo minerario.

Tanto Gates che Karzai hanno reagito all`esposizione delle conclusioni con una sorpresa finita ieri sulla prima pagina del «New York Times» assieme a un misto di speranze e preoccupazioni conseguenti alla scoperta. Le speranza hanno a che vedere con la possibilità che l`Afghanistan, il cui pii annuale al momento è di circa 12 miliardi di dollari, possa disporre di una fonte di ricchezza in grado di sostenerne l`emancipazione dall`attuale stato di povertà, offrendo grazie alle miniere opportunità di lavoro e prosperità capaci di costituire un`attraente alternative alle armi per generazioni di giovani.

Ma vi sono anche forti timori, dovuti al rischio che l`inattesa torta miliardaria possa diventare oggetto di conflitti armati fra i signori della guerra, che al momento devono le loro entrate soprattutto al traffico dell`oppio. Senza contare la possibilità che litio, ferro e rame finiscano per moltiplicare la corruzione che ha portato lo scorso anno proprio alla sostituzione del ministro delle Miniere, perché aveva intascato una tangente di 30 milioni di dollari da una ditta cinese in cambio di un`importante concessione. Proprio la crescente domanda di materie prime da parte del gigante di Pechino, che confina con l`Afghanistan, profila una rivalità strategica con gli Stati Uniti per il controllo del tesoro sotterraneo dalle imprevedibili conseguenze.

Ce n`è abbastanza per far dire a David Petraeus, comandante delle truppe Usa nel Grande Medio Oriente, che «ci troviamo di fronte a un enorme potenziale anche se è corredato da molti "se"».