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L’Iran nel mirino dell’aviazione di Tel Aviv

di Federico Dal Cortivo - 16/06/2010

Fonte: italiasociale



“L’Arabia saudita pronta a concedere il sorvolo del proprio territorio in caso di attacco ai siti nucleari iraniani ,un’operazione militare complessa senza l’apporto del potenziale militare di Washington”

La notizia riportata dal Times di Londra è di quelle che lasciano poco spazio all’immaginazione . Il governo di Riyad parrebbe aver concesso il sorvolo del proprio territorio nel caso in cui gli israeliani decidessero di attaccare i siti nucleari iraniani, facendo così probabilmente ancora una volta il lavoro sporco per conto di Washington, che ha già da tempo quest’ opzione nella sua agenda, ma che necessita per intervenire direttamente di un “casus belli” che lo giustifichi davanti alla comunità internazionale. Il governo sionista invece ha sempre fornito prova di non tenere in alcun conto leggi e trattati e per esso è l’ennesima possibilità di portare morte e distruzione a popoli della regione, che vogliono semplicemente progredire in pace e avere voce in capitolo nel consesso mondiale.
L’Iran ha manifestato da tempo le sue intenzioni pacifiche sull’uso dell’atomo,il recente accordo con la mediazione di Brasile e Turchia ne è stato la manifestazione, ma non basta per chi vuole ad ogni costo trovare il pretesto per scatenare una nuova guerra,perché è implicito che un attacco, questo sì terroristico d’Israele all’Iran, provocherebbe un’immediata risposta militare con conseguenze imprevedibili per l’intero Vicino Oriente e i suoi delicati equilibri geopolitici.
E l’opzione in mano alla Heyl Ha’Avir è nota negli ambienti “neocon” statunitensi come “Osirak”, dal nome del reattore francese in costruzione in Iraq e distrutto con un attacco aereo terroristico nel 1981. Allora si trattò di colpire un singolo obiettivo a una distanza relativamente vicina alle basi dei caccia bombardieri, ora gli obiettivi sono multipli e vanno dal reattore di Bushehr, a quello di Arak, al centro di tecnologia nucleare di Isfahan ,all’impianto di arricchimento dell’uranio di Nataz.
E’ il Saban Center for Middle East Policy della Brookings Institution che ci illumina su
un possibile attacco israeliano, ricordandoci come da anni i vari politici e analisti dell’entità sionista preparano il mondo a una possibile guerra e proclamano che l’Iran starebbe per dotarsi di armi nucleari per poi cancellare Israele. Il solito vittimismo di questo popolo, che mentre si lamenta di possibili o presunti torti, scatena azioni militari contro i vicini e commette continui crimini di guerra che puntualmente restano impuniti.
Secondo l’importante" think thank" statunitense le operazioni sarebbero sia aeree e sia terrestri con impiego di reparti speciali per colpire i siti nucleari .Ci sono fondate ragioni di ritenere che i piani siano pronti per essere messi in pratica con un lasso di tempo breve di attivazione delle forze militari. Il raid su Dayr az-Zawr in Siria nel 2007 va letto come un monito all’Iran.
L’obiettivo che apparentemente sembrerebbe semplice per l’agguerrita aviazione sionista, in realtà presenta una buona dose di complessità, se l’attaccante userà solo le forze di cui dispone. Pur potendo accorciare la distanza dagli obiettivi con il sorvolo del territorio saudita, i fattori da tenere in conto sono molteplici. L’effetto sorpresa indispensabile per tali operazioni, è già diminuito perché è preclusa la possibilità di passare dalla Turchia, la Giordania e l’Iraq,dove lo spazio aereo è controllato dall’Us Air Force che come potenza occupante dovrebbe garantirne l’impenetrabilità, quindi è aperto il solo canale saudita e non possedendo Israele portaerei per effettuare attacchi multipli, sarà più facile per la difesa iraniana controllare il proprio spazio aereo. Le forze impiegate pur essendo qualitativamente di buon livello , sono numericamente insufficienti per provocare danni ingenti. Gli F15-I strike eagle con un raggio di 2500 km si aggirano sui 25 -30 velivoli e gli f16-I, che rappresentano il grosso dell’aviazione israeliana, hanno un raggio d’azioni di appena 1600-1800 km, quindi l’intera missione necessita di rifornimento in volo, e pur essendo questo possibile tra aereo e aereo, richiederebbe l’uso di parte della forza d’attacco solo per il trasporto del carburante. Migliore l’uso di aereo cisterne, però molto vulnerabili e che forse Israele non possiede in numero adeguato per la vastità dell’operazione.
L’Iran è dotato di una buona rete di sorveglianza radar e postazioni missilistiche terra aria, e c’è poi la caccia iraniana da eliminare dallo scenario, il tutto su un territorio vasto e dall’orografia complessa, indispensabile quindi anche aerei Awacs per dirigere gli attacchi e dare l’allarme aereo, ma anche così la lontananza dalle basi non consentirebbe di impegnare efficacemente più obiettivi che si presentassero agli attaccanti una volta penetrati nello spazio aereo iraniano.
Un attacco a bassa intensità compiuto da Israele si presenta quindi non privo d’incognite, anche se non va mai messa in discussione la bellicosità del governo di Tel Aviv che da anni non aspetta altro che l’occasione propizia per poter infliggere una lezione a Teheran.
Pur non sottovalutando il potenziale della IDF, appare difficile vedere gli Stati Uniti assistere passivamente agli eventi, che li vedono politicamente coinvolti e nei quali dovrebbero far pesare la loro influenza per tacitare le innumerevoli critiche che si leverebbero a livello internazionale, inoltre il loro potenziale militare fa la differenza quando si tratta di campagne aeree anche brevi, dove possono dispiegare l’Us Air Force e Us Air Navy su vari obiettivi. Un esempio è stata l’operazione Desert Fox durata tre giorni nel 1998 e tesa a neutralizzare cento edifici iracheni , tra cui centri di difesa aerea. Ci vollero oltre 600 missioni aeree e 415 attacchi di missili da crociera cruise per raggiungere i risultati preventivati. E' difficile pensare che il blitz israeliano possa risolversi in una notte per avere effetti devastanti, e la replica nei giorni successivi appare impossibile, salvo che non vi sia il ricorso immediato a bombe nucleari tattiche presenti nell’arsenale sionista come le B61-11 “bunker buster” o Nuclear Earth Penetrator, arma termonucleare evoluzione della B-61. Questo ordigno è stato concepito espressamente per il Vicino Oriente fin dai tempi dell’Amministrazione Clinton e poi specificato il loro uso nel Nuclear Posture Rewiew( 2001) e Doctrine for Joint Nuclear Operations contro i cosiddetti “ Stati canaglia”.
Altre armi nucleari sono presenti a bordi dei tre sottomarini fabbricati in Germania, che secondo lo studio pubblicato nel 2002 dal Carnegie Endowment for International Peace sono dotati di missili cruise a testata nucleare e sicuramente alcuni di loro sostano permanentemente nelle acque antistanti all’Iran.
La dottrina militare di Tel Aviv non ha mai escluso l’uso di armi atomiche, così come quella statunitense del “premio Nobel per la Pace” Barak Obama.