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Decrescita ed ecologia profonda: verso un nuovo paradigma di civiltà

di Paolo Scroccaro - 16/06/2010

 

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“L’illimitata crescita economica convenzionale (cioè la crescita del prodotto
interno lordo, pil) non solo è impossibile ma è anche indesiderabile. Il pil
misura il reddito economico e non il benessere. Ciò che veramente occorre è
riuscire a creare benessere con meno attività economica”
(R. Costanza – J. Farley – I. Kubiszewski, in State of the world 2010, Ed.
Ambiente, pag. 174)


“Un altro mondo non solo è possibile, ma sta già arrivando.
Nelle giornate tranquille, lo sento respirare”
(Arundhati Roy, Forum sociale mondiale, 2003)

 

1) Dallo sviluppo sostenibile alla Decrescita
Il termine Decrescita, nel senso che gli viene attribuito oggi a partire soprattutto dagli studi di S.
Latouche, compare all’inizio degli anni ’70, ma è rimasto a lungo emarginato…in questi decenni gli
si è preferito il termine “sviluppo sostenibile”, che invece ha avuto un’accoglienza pressoché
universale. Nell’immaginario sviluppista dei più, la Decrescita è percepita come una terribile
minaccia, che incombe sulla società della Crescita, magari a causa di piccole minoranze di esaltati,
nemici del progresso e della tecnologia, che come tali vorrebbero riportare indietro la Storia……
2) La rivincita della Decrescita, oggi, in un mondo “troppo pieno”
Negli ultimi anni, sono aumentate di molto le riserve nei confronti della Crescita: il fatto è
testimoniato dal proliferare di ottimi studi scientifici in proposito, i quali fanno notare che la
Crescita sembra aver esaurito le sue chances, generando una crisi che non è solo economica, ma ben
di più “sistemica”….Negli ultimissimi secoli, siamo passati da un “mondo vuoto” ad un “mondo
pieno”, come suggeriscono alcuni scienziati (Robert Costanza, Herman Daly…): con questa
indovinata espressione si vuole rappresentare da una parte il mondo preindustriale (scarsi gli
insediamenti umani e la pressione demografica, modesto lo spazio occupato dalla tecnologia,
istituzioni meno complesse…); dall’altra il mondo dopo la rivoluzione industriale: un mutamento
vertiginoso, ben riscontrabile ai nostri giorni (6 miliardi e ½ di umani, insediamenti diffusi,
megalopoli, cementificazione, la natura calpestata dal mondo artificiale della tecnica, istituzioni di
una complessità ingestibile…). In questo nuovo contesto, sono ancora appetibili le ideologie
sviluppiste della crescita, sorte nel “mondo vuoto”?
3) Il “pensiero unico” sviluppista è ormai un modo di pensare antiquato e pericoloso
In un mondo che sta per scoppiare perché “troppo pieno”, continuiamo ad utilizzare una vecchia
“bussola culturale”, che è stata elaborata secoli addietro, quando il mondo non era così pieno
(supponendo che andasse bene all’epoca: Hölderlin, Schopenhauer e Nietzsche non erano
d’accordo). Questa “bussola” è costituita di parole d’ordine interconnesse che hanno fatto la
modernità ed il nostro presente, come: sviluppo delle forze produttive, crescita economica illimitata,
consumismo ad oltranza, scienza analitica e meccanicistica adatta alla manipolazione degli enti
(vedi F. Bacone, Cartesio ecc.), etica antropocentriuca e razionalistica capace di legittimare il nostro
dominio sulla natura (vedi l’etica razionale di Kant, che riduce tutti gli enti a mezzi per l’uomo),
metafisica attivistica (in principio non c’è più l’essere, ma l’agire, insegnano Kant, Fichte, Hegel,
Marx ed altri padri dello sviluppismo, declinato in forme spiritualistiche o materialistiche che
convergono sull’essenziale). Ma già nel XIX secolo un difensore del capitalismo come J. Stuart
Mill avvertiva che era impossibile la crescita lineare e teorizzava lo stato stazionario…….
4) La Crescita, nel “mondo pieno”, fa male…
Le idee-forza della modernità, sopra citate, hanno comunque fatto il loro tempo: continuare a
seguirle oggi, anche solo per inerzia, ha il sapore dell’irresponsabilità. Chi lo dice? Non occorre
citare Latouche o altri sostenitori della Decrescita, è sufficiente citare in modo cursorio alcuni studi
particolarmente attenti alle tendenze di fondo del nostro tempo.
- Joseph Tainter, Il collasso delle società complesse (1988): oltre una certa soglia, la complessità
non aiuta a risolvere i problemi e diventa inutilmente dispendiosa; aumentano estraneità e
sfiducia, che segnalano la fragilità del sistema e il possibile collasso.
- Robert Costanza (e collaboratori): i fanatici del PIL, ragionando in modo antropocentrico,
suppongono che solo o principalmente l’attivismo umano produca valori economici. Le ricerche
di Costanza dimostrano che in un anno gli ecosistemi forniscono servizi il cui valore è quasi il
doppio del PIL mondiale (vedi Nature, 15 maggio 1997). Ciò significa che anche dal punto di
vista strettamente economico la natura è molto più importante dell’attivismo umano, sia pur
potenziato dalla tecnoscienza; inoltre la Crescita erode progressivamente il capitale naturale
costituito dagli ecosistemi, minacciando quindi la rete della vita….
- Herman Daly, Quando la crescita fa male (in Le Scienze, novembre 2005): volendo, noi
possiamo incrementare ulteriormente la produzione, ma questi incrementi costano, in termini di
risorse e benessere, più del valore dei beni prodotti. L’ulteriore crescita del PIL non fa
aumentare il benessere, ma lo blocca o lo riduce. Nei paesi più sviluppati, ormai la crescita è
diventata complessivamente antieconomica (vedi USA) o ha comunque raggiunto la soglia di
criticità.
5) La Commissione Europea ed il superamento del PIL
L’economia degli ecosistemi e della biodiversità” (2008): è uno studio voluto dalla Commissione
Europea (Stavros Dimas, Commissario per l’Ambiente) ed affidato ad un nutrito gruppo di esperti
di levatura internazionale. Lo studio recepisce molte idee simili a quelle sopra richiamate, e ne
ricava testualmente che la bussola del PIL (cioè della Crescita) è “vecchia e difettosa”, quanto meno
perché non considera in modo adeguato gli effetti collaterali della crescita, per esempio la perdità di
biodiversità, il degrado degli ecosistemi, le catastrofi climatiche ed ambientali, il peggioramento
delle condizioni di vita delle popolazioni legate ad economie di sussistenza e quindi direttamente a
contatto con gli ecosistemi…Registrato in modo definitivo lo scollamento tra PIL e benessere, lo
studio si propone di individuare strategie alternative “che possono sostituire la vecchia e difettosa
bussola economica della società con una nuova” (pag. 55)……..
6) Oltre il “pensiero unico” sviluppista, verso un nuovo paradigma
A seguito delle considerazioni critiche che abbiamo sopra richiamato, e di molte altre ancora, negli
ambienti più attenti è maturata la consapevolezza che la Crescita è ormai antiecologica ed
antieconomica ad un tempo, improponibile nel “mondo pieno”. Di qui anche la ricerca di nuovi stili
di vita, incentrati sulla sostenibilità, sui comportamenti virtuosi, sul risparmio energetico, sul
riciclaggio, sull’agricoltura biologica, sulle energie alternative….Tutto questo va benissimo, ma per
non essere riassorbito nel sistema sviluppista deve rientrare in una nuova cornice culturale adatta al
“mondo pieno”, cioè in un nuovo paradigma capace di ri-orientare le istituzioni e di portare nel
dopo-sviluppo….

Breve nota sul risparmio energetico e sull’ecoefficienza: queste misure sono importanti ma non
risolutive, ed anzi compatibili con il sistema, per via dell’effetto-rimbalzo (vedi paradosso di
Jevons). L’economista Jevons già nel XIX secolo aveva scoperto che il miglioramento
dell’efficienza nei processi industriali non comporta complessivamente una riduzione dei
consumi (di energia, di materia), ma un aumento… Semplificando con esempi attuali: se
l’automobile è ecoefficiente, si tenderà ad utilizzarla molto più di prima, a percorrere più
chilometri di prima (effetto rebond, effetto rimbalzo). Una ricerca recente (2009) documenta
l’attualità del paradosso di Jevons (The Myth of Resource Efficiency, di J. Polimeni, Kozo
Mayumi, Mario Giampietro, Blake Alcott).

Un nuovo paradigma: perché è necessario, da dove scaturisce, come si elabora
Il paradosso di Jevons insegna dunque che non si danno soluzioni meramente tecniche, e che
occorre pertanto uscire dalla mentalità sviluppista-consumista predominante, per ottenere risultati
decisivi in termini di sostenibilità.; occorre cioè un nuovo paradigma di civiltà, in grado di
esercitare un’egemonia culturale e di promuovere un nuovo orizzonte di senso in cui i cittadini
responsabili possano identificarsi.
Alcune esemplificazioni: abbiamo visto che il punto di vista sviluppista-consumista è
necessariamente connesso ad un’etica antropocentrica, quindi limitata, che ne guida e giustifica i
comportamenti; noi invece abbiamo bisogno di un’etica diversa, rispettosa degli ecosistemi e di tutti
gli esseri (anche non-umani, anche non-viventi, vedi ecologia profonda): un’etica ecocentrica
rivolta alla compassione cosmica….
Abbiamo visto che la vecchia mentalità è connessa ad una scienza prepotente funzionale al
sezionamento e alla manipolazione degli enti, che non si prende cura degli effetti collaterali, di ciò
che succede tutto intorno; noi invece abbiamo bisogno di una scienza prudente, attenta alle
interconnessioni ad ampio raggio, recettiva nei confronti della natura (una scienza olistica,
ecosistemica, vedi l’intervista a F. Capra)…
La vecchia mentalità aggressiva conduce all’espansione, alla prepotenza, all’eccesso in ogni campo
(in campo economico, tecnologico, politico, religioso ecc.); noi invece abbiamo bisogno di passare
dall’età dell’eccesso a quella della moderazione (vedi W. Sachs), della sobrietà, del senso della
misura, dell’armonia, del pluralismo libertario…
Tutti questi elementi interconnessi, tipici della Decrescita e dell’Ecologia Profonda, concorrono a
formare il nuovo paradigma; in esso convergono almeno due straordinari filoni culturali: 1) le
ricerche più avanzate delle scienze ecosistemiche attuali, incentrate sulla sostenibilità; 2) gli aspetti
ecosofici di varie saggezze premoderne, anche occidentali (Eraclito, Platone, Neoplatonismo…vedi
Mario Alcaro, Filosofie della Natura, Manifestolibri, 2006). Come hanno messo in evidenza vari
autori, tali saggezze, opportunamente riadattate, hanno molto da insegnare per quanto riguarda il
rapporto uomo-natura, la sostenibilità, i saperi di autosufficienza e tutti i punti di cui sopra….
Ecoalfabetizzare la società e le istituzioni, nel segno della Decrescita e dell’Ecologia Profonda
Il “pensiero unico” sviluppista è un pensiero arretrato, privo di elasticità, di resilienza: appena sorge
un problema, risponde in modo rigido e rituale. C’è aria di crisi? C’è povertà, disoccupazione, fame
nel mondo? Ci sono troppi rifiuti?……La risposta è sempre la stessa: più Crescita, più PIL, più
grandi opere ! I politici, gli amministratori, i media ripetono queste monotone litanie, in parte
perché succubi del sistema sviluppista, in parte per inerzia e per ignoranza….i cittadini, alienati dal
consumismo e dalla sociatà dello spettacolo (Debord), culturalmente disarmati e incapaci di
praticare la democrazia partecipativa, li seguono stancamente….altrettanto stancamente i nostri
docenti continuano a trasmettere contenuti noiosi ed obsolescenti, che forse avevano senso in un
diverso contesto di civiltà, ma che non corrispondono alle emergenze ed ai compiti del nostro
tempo…
In questo quadro di analfabetismo culturale, ecologico, spirituale, etico…il compito più urgente è
quello segnalato da F. Capra: ecoalfabetizzare la società e le istituzioni, per superare il “pensiero
unico” e promuovere un paradigma diverso, che mette in relazione, come si è visto, le tendenze più
avanzate della scienza e della cultura, con un grande patrimonio di saggezza che affonda le sue
radici nel passato.
I sostenitori della Decrescita, dell’Ecofilosofia, dell’Ecologia Profonda, sono i pionieri di una vera e
propria rivoluzione culturale, di cui si avverte l’urgenza.

*Questo incontro è inserito in un progetto intitolato “Obiettivo Futuro: Ambiente Intercultura
Sostenibilità”. Evidentemente, anche questo progetto vuol essere un piccolo contributo a quel vasto
programma di ecoalfabetizzazione che occorre sviluppare e diffondere. Ogni altro contributo non
può che essere il benvenuto.


[ Sintesi schematica della relazione per la presentazione del libro Decrescita. Idee per una civiltà
postsviluppista, di G. Tamino, P. Cacciari, A. Fragano, L. Tamai, P. Scroccaro, S. Meneghel.
Sismondi Editore, dicembre 2009 ]