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Gaza, l’alleggerimento del blocco non suscita ottimismo tra i palestinesi

di Jon Donnison - 22/06/2010




Gaza City – “Non ho bisogno del ketchup o della maionese israeliana. Voglio riavere il mio lavoro”, dice Nasser al-Helo, mentre si trova in una affollata strada di Gaza City.

Helo aveva un’attività di fabbricazione di porte d’acciaio nella striscia di Gaza. Prima del blocco, poteva importare il metallo da Israele ed era in grado di produrre oltre trecento porte al mese.

“Adesso, assolutamente niente”, dice. “Ho perso 300mila dollari negli ultimi tre anni”.

L’industria privata è stata devastata dal blocco israeliano, che è stato rafforzato nel 2007 dopo che il gruppo islamico Hamas ha preso il controllo del territorio costiero.

Industrie di tutti i tipi, dai mobili al tessile, dalle tegole ai biscotti, sono andate in fallimento.

Il blocco israeliano le ha private delle materie prime di cui avevano bisogno per realizzare i propri prodotti.

Centinaia di migliaia di persone hanno perso il lavoro. Le Nazioni Unite stimano che la disoccupazione a Gaza è arrivata al 40 per cento. Helo aveva alle sue dipendenza 32 persone. Adesso ce ne sono solo quattro.

“Non abbastanza”
 
Il sentimento prevalente tra gli abitanti di Gaza è che l’annuncio fatto giovedì da Israele, secondo cui starebbe “alleggerendo il blocco”, semplicemente non è abbastanza.

I dettagli riguardo a come sarà “addolcito” il blocco non sono ancora chiari, ma secondo le ultime indiscrezioni le autorità israeliane consentiranno l’ingresso di un numero maggiore di prodotti per uso civile, compresi tutti i tipi di cibo, giocattoli, articoli di cancelleria, utensili da cucina, materassi e lenzuola. L’ingresso di materiali da costruzione per progetti civili sarà ammesso solo sotto supervisione internazionale.

“Naturalmente non è abbastanza”, dice Omar Shabban, economista di PalThink, centro studi con sede a Gaza.

“Che ne sarà del blocco per le persone che vogliono andare via?” si chiede. “Un milione e mezzo di persone sono intrappolate in una prigione che non è possibile lasciare”.

Israele mantiene uno stretto controllo sui confini di Gaza, consentendo l’uscita solo di un numero limitato di persone bisognose di cure mediche. Israele afferma di dovere proteggere sé stessa dagli attacchi “terroristici”.

Anche il valico di Rafah verso l’Egitto è stato chiuso dal 2007, sebbene ad alcuni casi medici particolari sia stato concesso sporadicamente di passare.

Venditori disperati

Shabban sostiene che quello che è davvero necessario a Gaza non è qualche alimento in più (molti dei quali sono già disponibili attraverso i tunnel del contrabbando che passano sotto al confine egiziano) ma una rimozione totale del blocco che consenta alle persone di lavorare in Israele, cosi come erano solite fare oltre 100mila persone.

Gaza esportava abitualmente anche numerosi beni in Israele e altrove. Le fragole e i fiori sono tuttora due dei prodotti più famosi di Gaza, ma la maggior parte di essi non supera mai il confine per entrare in Israele.

Invece, nella stagione delle fragole – a gennaio – vengono svendute a pochi soldi in grosse carriole agli angoli della strada, con i venditori disperati che tentano di darle via a qualunque prezzo prima che marciscano.

Israele sostiene che il blocco è necessario per fare pressione su Hamas.

Il gruppo si affermò nelle elezioni parlamentari palestinesi del 2006, ma l’Unione europea, gli Stati Uniti e Israele si rifiutarono di riconoscere il suo governo finché non avesse rinunciato alla violenza e all’impegno a distruggere lo Stato ebraico.

Poi nel giugno 2007, Hamas ha estromesso da Gaza il suo rivale laico, Fatah, e le forze di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), controllata dalla stessa Fatah.

Razzi
 
Negli ultimi dieci anni, Hamas ha sparato migliaia di razzi in territorio israeliano, uccidendo più di venti israeliani.

Ma dopo la massiccia offensiva israeliana su Gaza del 2009, che ha devastato il territorio e ha causato la morte di oltre 1.400 palestinesi e di 13 israeliani, il numero (dei razzi) è calato in maniera drastica. Negli ultimi 12 mesi è stata uccisa una persona (un bracciante tailandese) nel sud di Israele da un razzo sparato da Gaza.

Hamas ha tentato di porre un freno al lancio di razzi, ma non controlla tutti i gruppi militanti di Gaza, e degli sporadici e solitamente inefficaci lanci di razzi continuano.

Israele afferma che è responsabilità delle autorità di Hamas fermare tutti gli attacchi con razzi, e che il blocco è necessario per impedire che delle armi vengano portate dall’interno di Gaza.

Ma, almeno finora, la lista dei beni di cui è stato proibito l’ingresso a Gaza è andata molto al di là delle armi. Famosa è l’esclusione di coriandolo, cioccolata e giocattoli.

Basse aspettative

Allo stato attuale, queste cose sono disponibili nei supermarket di Gaza.

Beni per un valore di milioni di dollari vengono contrabbandati attraverso i tunnel provenienti dall’Egitto.

C’è cibo negli scaffali e nei mercati, ma il blocco fa sì che esso sia troppo costoso perché la maggior parte delle persone possa permetterselo. Un chilo di carne contrabbandata dall’Egitto costa circa 15 dollari, più di quanto gli abitanti di Gaza guadagnano in un giorno.

“Ci troviamo a vivere in un’economia basata sul mercato nero”, dice Shabban.

Gli abitanti di Gaza hanno poca fiducia negli annunci di Israele. Nella migliore delle ipotesi, aspetteranno per vedere se nelle prossime settimane e nei prossimi mesi qualcosa cambierà.

Tuttavia, come in molti posti del mondo, qui la gente è più preoccupata per la Coppa del Mondo di calcio. Venerdì i caffè di Gaza City erano pieni di persone che facevano il tifo per l’Algeria che stava conquistando un sofferto pareggio con l’Inghilterra.

Questo fine settimana le spiagge di Gaza sono state riempite da migliaia di bambini intenti a godersi i campi estivi e il Mar Mediterraneo.

Ma mentre giocavano nell’acqua, è arrivato un promemoria del fatto che il blocco di Gaza è ancora in piedi a tutti gli effetti: il suono di una raffica di mitragliatrice a pochi chilometri dalla costa.

Le navi israeliane, che continuano a occupare e controllare le acque territoriali di Gaza, regolarmente aprono il fuoco sulle barche dei pescatori palestinesi che superano i limiti nei quali Israele consente loro di pescare.

Eppure la maggior parte dei bambini non ha battuto ciglio al rumore della mitragliatrice.

Il blocco è entrato a far parte della vita di tutti i giorni. Poche persone sono ottimiste sul fatto che le cose cambieranno.


Bbc News
(Traduzione di Carlo M. Miele per Osservatorio Iraq)