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Afghanistan, le verità di Stan

di Carlo Musilli - 01/07/2010



Un rapporto estremamente critico sulla situazione dell’Afghanistan presentato ai ministri della difesa della Nato e all’Isaf (International Security Assistance Force) è cosa ben diversa da una delirante intervista rilasciata a un periodico musicale. E ci aiuta a capire meglio come abbia fatto il generale Stanley McChrystal a trasformarsi da soldato di ferro in semplice civile nel giro di una settimana. Dopo essersi dimesso dal comando delle forze Nato in Afghanistan, il generale ha infatti deciso di lasciare anche l’esercito americano, svestendo la divisa indossata per 34 anni.

Ufficialmente, la caduta di McChrystal è stata attribuita alle dichiarazioni riportate dal magazine Rolling Stone, in cui il generale sparava a zero su governo e amministrazione Obama. Risultava però difficile capire come un uomo del genere, tutt’altro che sprovveduto, avesse potuto farsi raggirare con tanta leggerezza da un pur bravo reporter. Fortunatamente l’Indipendent online ci è venuto in socorso, rivelandoci del rapporto alla Nato e all’Isaf.

Stando alle fonti militari del quotidiano inglese, McChrystal presenta un quadro “devastante” dello scenario afgano. Il generale parla di “una ribellione in forte crescita” e avverte che “non ci saranno progressi per i prossimi sei mesi”. La sicurezza è il punto più critico: a causa della grave mancanza di addestramento, meno di un terzo dell’esercito afgano e solo il 12% della polizia può essere considerato davvero efficiente. Sono pochissime le aree del paese classificate come “sicure” (5 su 116) e ancor meno quelle “sotto il pieno controllo del governo” (5 su 122).

Un governo definito da McChrystal “inefficace e screditato”, incapace di far fronte alle esigenze dei cittadini perché schiacciato sotto il peso di una “corruzione cronica”, un virus che infetta ad ogni livello anche il sistema giudiziario. L’Afghanistan è poi diventato “sempre più dipendente dagli aiuti della comunità internazionale” e quindi non sembra in grado di “creare le condizioni per lo sviluppo”, soprattutto al sud, la zona più povera.

Un resoconto disperante quello del generale, ma più che verosimile. Forse un po’ troppo per non diventare un ostacolo alla politica di Barack Obama, che vorrebbe iniziare il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan nel 2011, in modo da far salire le sue quotazioni per le elezioni presidenziali del 2012. La guerra comincia infatti a costare troppo: in termini economici (siamo arrivati a 7 miliardi di dollari al mese), ma soprattutto in termini umani. Giugno 2010 è stato il mese più nero in 8 anni e mezzo di conflitto, con 88 morti fino ad oggi. Dall’inizio dell’anno le vittime fra i militari (non soltanto americani) sono 62, quasi il doppio rispetto ai 32 nei primi sei mesi del 2009.

È evidente come al Presidente americano convenga tagliare i costi di una guerra che sta dando scarsi risultati e riportare negli Stati Uniti quanti più ragazzi possibile. Ma dovrà essere un ritiro, non una ritirata. O quantomeno non dovrà sembrarlo. E per salvare la faccia domani, quando arriverà il momento di tornare a casa, oggi non conviene essere troppo schietti e dettagliati sulla reale situazione in Afghanistan.

Non conviene che un generale ragioni della permanenza militare americana in termini di anni, quando la Casa Bianca preferisce parlare di mesi. E sicuramente non convengono le dichiarazioni disfattiste, come quella del portavoce della Nato che, commentando il rapporto di McChrystal, ha detto: “Non credo che nessuno possa dire che stiamo vincendo”.

L’intervista del generale a Rolling Stone non è stata quindi un incidente, ma un’opportunità per Obama, perché gli ha consentito di “eliminare l’opposizione ai suoi piani senza dover affrontare alcun dibattito”, come spiega ancora una fonte militare citata dall’Indipendent. Scartando l’ipotesi dell’errore, resta da spiegare perché McChrystal abbia deciso di gridare al mondo quelle frasi al vetriolo contro Obama e i suoi uomini. È vero, ha soffocato da solo la propria voce d’opposizione. Ma chissà che nel 2012 non ritorni, in forma nuova.